Omicidio di Asso: la tragedia si poteva evitare? La strada da seguire è la prevenzione e un cambio di rotta culturale
USMIA Carabinieri (APCSM), proporrà l’istituzione di commissioni di esperti per strutturare la prevenzione degli stati di disagio e la decompressione delle condizioni di stress da lavoro correlato tra il personale dell’Arma.
Una domanda la cui risposta spetta alla Magistratura verso la quale riponiamo la massima fiducia che sentenzierà la verità giudiziaria, non sempre coincidente con quella fattuale. A prescindere da cosa emergerà dall’inchiesta, questi sono giorni tristi di grande lutto per l’Arma e l’intera collettività. Se da un lato troviamo un Comandante di Stazione padre di tre figli a cui nessuno potrà restituire la vita, dall’altro un collega che in un momento di pura follia ha distrutto due famiglie.
Una tragedia che, ahimè, potrebbe avere verosimilmente una correlazione con i suicidi che oramai si ripetono troppo spesso tra le fila delle Forze dell’Ordine – dichiara il Segretario Generale Carmine Caforio; eventi, quest’ultimi, che pur considerati una triste tragedia, appaiono quasi come un “periodico” da analizzare, di anno in anno, attraverso una mera statistica. Fenomeni allarmanti che celano disagi spesso nascosti e incontrollati, favoriti da evidenti vuoti procedurali che si riducono in protocolli inefficaci per la salute mentale degli operatori di polizia. Uomini e donne costantemente esposti a rischio e forte stress da lavoro correlato che necessitano, indispensabilmente, di incontri e colloqui periodici sia di Reparto che individuali – di natura preventiva e non esclusivamente terapeutica come avviene adesso – con esperti psicologi e sociologi.
Aspettare il manifestarsi del disagio, in molti casi latente, significa mettere in grave pericolo la vita di colui che ne è colpito e di chi gli sta vicino; senza considerare gli effetti dannosi che si ripercuotono sull’efficienza operativa e di conseguenza sulla sicurezza dei cittadini. Contestualmente – sottolinea Caforio – riteniamo sia giunto il momento che le Autorità politiche e militari di riferimento adottino i necessari provvedimenti tesi a riformare le regole della disciplina e con esse il concetto di gerarchia militare. Un sistema prettamente formale e autoritario che agisce attraverso provvedimenti amministrativi che non consentono adeguate garanzie di difesa inducendo il destinatario persino alla rinuncia del diritto che spesso, forse troppe volte, da un lato genera frustrazione, timore di parlare, sfiducia nei riguardi dei superiori, dall’altro allontana la responsabilità di ascoltare e di decidere da parte di chi ha il dovere di farlo.
Un progetto ambizioso, impegnativo ma estremamente urgente che dovrà tener conto dei temi accennati (aspetto psicologico/ sociologico e normativo/ regolamentare) allo scopo di ottenere uno strumento militare che si adatti armonicamente alle mutate condizioni sociali e culturali dell’epoca in cui viviamo. Sempre più frequentemente – in particolare ai più bassi livelli di comando – viene demandata una gravosa pluralità di compiti peraltro quasi mai valorizzati, anzi, al contrario, spesso poco apprezzati. Carichi di lavoro eccessivi che, in tempi frenetici quali quelli dell’epoca moderna, non possono essere compiuti a fondo e soprattutto “a vista”, come spesso richiesto.
Appare evidente come ogni militare, nel corso della sua vita professionale e militare, ma anche semplicemente sociale e familiare, subisca, nel tempo, una serie di condizionamenti, più o meno forti, che ne possano mutare la serenità e la vitalità. Impossibile demandare un’approfondita conoscenza dei militari da parte di chi esercita l’azione di comando e governo del personale, senza averne tempo da dedicare a sufficienza, nonché cognizioni e capacità a tutto tondo.
Un comandante, dovrebbe indirizzare, coordinare, stimolare, stare vicino al proprio personale ma anche spronarlo. Sapere di polizia giudiziaria, di leggi, regolamenti, disposizioni e circolari; studiare le pratiche ed evaderle esaustivamente, spesso all’istante. Dirigere, partecipando di persona alle principali attività, siano esse di controllo del territorio, sia di indagine. Inoltre, mantenere rapporti costanti con Autorità giudiziarie, amministrative, locali, nonché coltivare rapporti istituzionali. In questo complesso scenario dovrebbe altresì intercettare per tempo malumori, disagi, tensioni e cercare – senza alcun mezzo di supporto autonomo – di risolvere i problemi dei militari. Molto spesso questa enorme mole di attività comporta una compressione proprio di queste ultime peculiarità: ossia conoscere a fondo il proprio personale che non passa 24 ore su 24 in servizio e che può subire molteplici pressioni e fattori di stress anche esterni alla vita di caserma.
USMIA Carabinieri – conclude Caforio – il cui unico obiettivo sociale è quello di garantire il benessere e la tutela dei diritti di tutti gli uomini e le donne in uniforme, nel rinnovare il proprio incondizionato impegno nel delicato settore, esprime profondo cordoglio e vicinanza ai colleghi e alle famiglie dei militari coinvolti nel tragico evento ed augura una pronta e completa guarigione all’operatore ferito durante l’irruzione.
Il Segretario Generale
Carmine Caforio