Omicidio Cerciello Rega, l’americano intercettato: “I carabinieri mostrarono il tesserino”
«I saw two cops». Tradotto, “ho visto due sbirri”. E poi, «ci hanno fatto vedere velocemente i distintivi». È un colloquio in carcere a mettere nero su bianco che l’uccisione del carabiniere Mario Cerciello Rega non sia stata la reazione a un’aggressione compiuta da due sconosciuti in piena notta, né tanto meno una risposta dettata da legittima difesa. Erano ben consapevoli Finnegan Lee Elder, 18 anni, e Gabriel Natale Hjorth, 19 anni, i due americani in carcere per l’omicidio di Mario Cerciello Rega, che i due uomini aggrediti brutalmente, la notte dello scorso 26 luglio nel quartiere Prati di Roma, fossero carabinieri.
A dirlo è lo stesso Finnegan in una conversazione in carcere intercettata dagli investigatori, e contenuta nell’informativa finale redatta dal nucleo investigativo dei carabinieri di Roma. Quanto riportato, nella sua semplicità, è il grimaldello che ha permesso agli inquirenti di ipotizzare in capo ai due statunitensi una volontarietà piena. E che ha convinto i magistrati, il procuratore Michele Prestipino, l’aggiunto Nunzia D’Elia e il sostituto Maria Sabina Calabretta, a chiedere nei loro confronti il giudizio immediato, saltando dunque l’udienza preliminare. Concorso in omicidio volontario il reato contestato.
La conversazione carpita dai carabinieri risale al 2 agosto scorso, a pochi giorni dal fermo. Un colloquio avvenuto tra Elder, il padre e Craig Michael Peters, avvocato penalista americano. Quest’ultimo, entrato a Regina Coeli in qualità di amico di famiglia, non è stato nominato legale di fiducia, motivo per cui l’intercettazione è stata inserita tra quelle utilizzabili. È proprio il legale a chiedere informazioni su quanto avvenuto. «Ho visto due sbirri (I saw two cops) di cui uno più basso — esordisce Elder — erano rivolti nella direzione opposta. Sono venuti dietro a noi, alle nostre spalle. E la macchina militare (tank) era qui. Mi sono girato e li ho visti ad una distanza di tre piedi (un metro circa). La persona che mi ha attaccato era basso, più massiccio. Mi picchiava, mi trascinava e così ho estratto il mio coltello e l’ho colpito due volte alla gamba. Poi mi ha stretto il collo e io ho cercato di scansarlo».
Quello che è successo poi è cosa nota. Con le undici coltellate che trafiggono Cerciello Rega, fino ad ucciderlo. Il suo collega, Andrea Varriale, nel corpo a corpo con l’altro ragazzo, Natale Hjorth, non riesce a intervenire in suo soccorso. Interrogato dirà di aver mostrato prima dell’intervento il distintivo. Cosa che conferma anche Elder in carcere: «Ci hanno fatto vedere velocemente i distintivi», spiega a Peters, il quale gli ricorda di attenersi alla sua dichiarazione e di ripassarla punto per punto. La linea che il difensore vorrebbe seguire è semplice: «Due ragazzi che vengono attaccati e assaliti da due uomini, questi agenti di polizia, ragazzetti che si devono difendere contro gli adulti», gli spiega.
Quanto all’innesco di tutta la vicenda, la tentata estorsione nei confronti di Sergio Brugiatelli, l’uomo che li aveva portati dal pusher a Trastevere e al quale avevano rubato lo zainetto, dopo che l’acquisto di cocaina era fallito per l’arrivo dei militari, Elder è netto: «Il motivo per cui ho preso lo zaino è perché mi aveva mentito. Si è preso i soldi pensando di farla franca».
Approfondimento a cura di Francesco Salvatore per Repubblica.it.