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NON AMMESSA IN POLIZIA PER UN TATUAGGIO, IL TAR CANCELLA LA DECISIONE CON 7 ANNI DI STIPENDI ARRETRATI

Il Tar del Lazio ha deciso che non è possibile escludere una persona
dalla polizia per un piccolo tatuaggio. Una ragazza spezzina si è vista
riconoscere fondato il suo ricorso e il tribunale amministrativo ha cancellato
la decisione della commissione medica che le aveva detto “no alla
divisa” per una farfalla di 5 centimetri tatuata su una caviglia.
“Inidonea per motivi di decoro”, le dissero.

Protagonista è Ramona Angiolini, oggi 30enne. Il Tar del Lazio l’ha
ammessa in polizia otto anni dopo il concorso, riconoscendole anche tutti gli
stipendi dal 2007. 
In questi anni Ramona ha svolto lavori saltuari. Ora può coronare il
sogno di vestire la divisa, una passione autentica: prima del concorso in
polizia, terminata la scuola superiore aveva prestato servizio nell’esercito,
pur avendo lo stesso tatuaggio.
La
attende un bel tesoretto, sull’ordine dei 100mila euro, stima il legale in
relazione alla circostanza degli stipendi comunque ottenuti per sei anni fino
al 2013, e da defalcare, in qualità di militare dell’Esercito Italiano. Sì,
perchè l’amore per le stellette viene da lontano. 

Ora ha quasi 30 anni, ma già
nel 2006 era stata arruolata nell’Esercito, inanellando sempre note di
«eccellenza» dei superiori il servizio reso. Carta straccia per
l’amministrazione del Ministero dell’Interno che aveva alzato disco-rosso
all’ingresso in Polizia per il «tatuaggio in zona non coperta dall’uniforme».
Vane le sue assicurazioni: «Vabbè, se proprio è necessario, indosserò sempre i
pantaloni in luogo della gonna, occultando la farfallina». A sette anni di
distanza dal muro innalzato dalla commissione medica, si è aperta la breccia,
che fa scuola e registra, a guardar bene, l’evoluzione del costume. Un piccolo
tatuaggio, assolutamente non evidente e comunque oscurabile con pantaloni o
calze, non può tarpare le ali all’accesso nella Polizia di una giovane
motivata.

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