Non accettava la relazione con la figlia: arrestato per l’omicidio del maresciallo dei carabinieri Silvano Nestola
Svolta nelle indagini sull’omicidio di Silvano Nestola, l’ex maresciallo dei carabinieri in pensione, avvenuto a Copertino, nel Leccese, la sera del 3 maggio 2021: i carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Lecce e del raggruppamento operativo speciale hanno arrestato Michele Aportone, 70enne di San Donaci, padre di Elisabetta Aportone, la donna con la quale la vittima, aveva avuto una relazione. Aportone, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, ha colpito a morte Nestola con quattro colpi di fucile, davanti gli occhi del figlio undicenne.
Una relazione osteggiata dalla famiglia
Sin dai primi momenti, le indagini dei militari del Reparto Operativo del comando provinciale di Lecce coadiuvati dagli uomini del Raggruppamento Operativo Speciale, si sono concentrate sulla vita privata di Nestola, uomo molto riservato, escludevano la pista della criminalità organizzata e quella del contesto professionale della vittima. Ed è stata proprio la vita privata la chiave di lettura del crimine. Nestola infatti separato dalla moglie aveva intrapreso dall’estate scorsa una relazione con Elisabetta Aportone, figlia di Michele, separata dal marito. Questa relazione sarebbe stata, fortemente, osteggiata da Michele Aportone e dalla moglie Rossella Manieri che vedeva in Silvano Nestola il responsabile della separazione della figlia dal marito tanto che, in più occasioni, anche pubbliche, Rossella Manieri ha attaccato verbalmente l’ex maresciallo.
Elisabetta Aportone controllata in maniera ossessiva dai genitori
I coniugi Aportone, ossessionati dalla figlia con la quale non avevano più contatti da tempo, avevano fatto installare un gps sull’auto di Elisabetta per controllarne gli spostamenti. I rapporti erano ormai compromessi dopo la decisione della figlia di separarsi di fatto dal marito e intraprendere una relazione con Silvano Nestola.
L’omicidio di Nestola
Silvano Nestola è stato ucciso intorno alle 22 del 3 maggio 2021 mentre usciva dall’abitazione della sorella in località Tarantini in agro di Copertino (Lecce). Era in compagnia del figlio 11enne Leonardo. Nel momento in cui stava per salire a bordo della propria auto, una persona, che il figlio, unico testimone diretto, descriveva come “una persona nera che stava accovacciato sotto al muretto sulla destra”, lo ha colpito con almeno quattro colpi di fucile calibro 12, ferendolo a morte.
Gli indizi che hanno portato all’arresto di Michele Aportone
Numerosi sono stati i gravi indizi di colpevolezza raccolti dagli investigatori dei carabinieri che hanno portato i pubblici ministeri della procura di Lecce, Alberto Santacatterina e Paola Guglielmi, che hanno coordinato le indagini, a chiedere ed ottenere dal gip, Sergio Mario Tosi, l’arresto di Michele Aportone.
Tra questi, le immagini di un sistema di videosorveglianza installato in una zona non distante dall’area sosta camper “Santa Chiara” (di cui Michele Aportone ne è titolare) che lo riprendono a bordo del suo Fiat Ducato alle ore 19.30 circa del 3 maggio mentre esce per raggiungere l’abitazione di Copertino. Immagini che lo riprenderanno anche al rientro in quella stessa area camper alle ore 22.30 circa, evidentemente dopo aver consumato l’omicidio.
Tragitto che Michele Aportone non avrebbe compiuto interamente a bordo del furgone, infatti le risultanze investigative avrebbero evidenziato come ad un certo punto, dopo aver lasciato il furgone nei pressi di una carrozzeria di Leverano, Aportone abbia continuato il percorso a bordo di un ciclomotore che evidentemente aveva dapprima caricato sullo stesso furgone. Il ciclomotore, nel corso delle indagini, è stato rinvenuto bruciato, proprio nei pressi dell’area camper gestita da Michele Aportone, molto probabilmente per distruggere eventuali tracce della sua colpevolezza.
Ulteriori sviluppi dalle indagini sono arrivati dagli esami scientifici eseguiti dal Ris di Roma che hanno accertato la presenza di minuscole particelle di polvere da sparo sugli indumenti dell’assassino riconducibili ai colpi esplosi da un fucile da caccia, arma ancora oggetto di assidua ricerca da parte degli investigatori.
Dopo l’arresto eseguito dai carabinieri del comando provinciale di Lecce, il presunto omicida è stato trasferito, prima, presso la caserma del comando provinciale dei carabinieri di Lecce e, dopo le notifiche di rito e le operazioni di fotosegnalamento, è stato, su disposizione del gip di Lecce, condotto presso la locale casa circondariale in attesa dell’interrogatorio di garanzia previsto nei prossimi giorni.