No a Trasferimento e Turni Notturni se si ha in carico una persona con Disabilità anche non grave. La sentenza della Cassazione
La Cassazione ha emesso un’ordinanza (n. 12649 del 10.05.2023) riguardante l’esenzione dai turni notturni per i dipendenti che si prendono cura di un familiare disabile. In particolare, è stato stabilito che non è necessario che il disabile sia stato riconosciuto come in situazione di gravità per poter ottenere l’esonero.
Il caso affrontato riguarda un dipendente che ha fatto ricorso giudiziale per ottenere il diritto di non svolgere turni notturni, avendo a carico la madre disabile. La Corte d’Appello ha accolto la richiesta del dipendente, ritenendo che la gravità dello stato di handicap del familiare non sia un requisito necessario per l’esonero.
Secondo il datore di lavoro, l’articolo 11, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 66/2003 (nonché l’articolo 53, comma 3, del Dlgs 151/2001) stabilisce che il lavoratore che ha a carico una persona considerata disabile ai sensi della legge 104/1992 non è obbligato a svolgere il lavoro notturno. Tuttavia, secondo il datore di lavoro, questa disposizione si applicherebbe solo se la disabilità è grave e richiede un’assistenza sistematica, adeguata ed effettiva.
La Pronuncia della Corte di Cassazione
Esonero dal Lavoro Notturno
La Corte di Cassazione non è d’accordo con questa interpretazione e ha chiarito che l’articolo 3 della legge 104/1992 definisce sia la condizione di handicap che quella di handicap grave e che chiunque presenti le menomazioni descritte nel comma 1 è già considerato in condizione di disabilità. Quindi il requisito “a carico” non influisce in alcun modo sulla gravità della disabilità.
Inoltre, secondo la Corte di Cassazione, non è escluso che il lavoratore possa avere cura di una persona che presenta una minorazione che causa difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa, anche quando tale situazione non richieda un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella vita individuale o in quella di relazione. La sentenza della Cassazione sottolinea inoltre che il legislatore ha richiesto esplicitamente la situazione di handicap con connotato di gravità solo per alcune agevolazioni, come i permessi giornalieri e mensili o i limiti al trasferimento. Non è il caso dell’esonero dai turni notturni per i dipendenti che si prendono cura di un familiare disabile.
In aggiunta, la Suprema Corte ha precisato che quando il legislatore ha voluto subordinare un beneficio alla presenza di un handicap grave, egli lo ha previsto espressamente. Ciò significa che se la legge non specifica l’obbligo di una gravità particolare della disabilità, allora tale obbligo non sussiste.
la Cassazione ha ritenuto che introdurre il requisito aggiuntivo della gravità dell’handicap per l’esonero dal lavoro notturno “si tradurrebbe in una indebita interpolazione ermeneutica del testo, tanto più ingiustificata in un ambito, quale quello del diritto dei disabili, insuscettibile di limitazioni di tutela al di fuori di una chiara presa di posizione del legislatore“.
Alla luce di questa importante statuizione, il caregiver lavoratore può chiedere l’esonero dal turno notturno indipendentemente del tipo di gravità, ovvero che sia L. 104/92 articolo 3 comma 1 o comma 3.
Diritto a rifiutare trasferimento
In base all’interpretazione della Legge 104 da parte dei giudici, è stato stabilito che anche i lavoratori che assistono un familiare con disabilità hanno il diritto di rifiutare un trasferimento, come previsto dal comma 1 della legge. Questo vale anche nel caso in cui la disabilità del familiare non sia grave.
L’ordinanza stabilisce inoltre che il datore di lavoro può opporsi alla decisione del dipendente solo se riesce a dimostrare che ci sono delle esigenze aziendali effettive e urgenti. In sostanza, il rifiuto del trasferimento per assistere un familiare con disabilità non può essere contestato senza una valida ragione economica.
La Corte ha stabilito che, in conformità con la tutela dei diritti dei disabili prevista dalla Costituzione, dalla Carta di Nizza e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei disabili del 2006, il trasferimento del lavoratore che assiste un familiare disabile convivente senza il suo consenso è vietato, anche se la disabilità del familiare non è grave. Questa interpretazione si basa sull’articolo 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, che consente ai lavoratori di assistere con continuità i familiari disabili senza subire pregiudizi lavorativi. La giurisprudenza ritiene che il datore di lavoro possa procedere al trasferimento del lavoratore che assiste un familiare disabile solo se ci sono esigenze urgenti e effettive dell’azienda che non possono essere soddisfatte diversamente. Questa eccezione è giustificata dalla ricerca del giusto equilibrio tra la tutela dei diritti dei disabili e la necessità delle imprese di operare in modo efficiente.
I giudici hanno sottolineato che lo spirito della Legge 104 è quello di favorire la socializzazione delle persone con disabilità, aiutandole a integrarsi pienamente nella società, nella famiglia, nella scuola e nel lavoro. Questo significa che la tutela dei diritti delle persone con disabilità non può essere ridotta rispetto a quanto previsto dalla legge stessa.
Il requisito della “situazione di gravità”, che sembrava potesse limitare il diritto di rifiuto del trasferimento, non è quindi più ritenuto giustificato. In pratica, ogni lavoratore che assiste un familiare disabile convivente può opporsi al trasferimento imposto dal datore di lavoro, senza dover dimostrare alcuna gravità della disabilità, ma dovrà essere il datore di lavoro a dimostrare l’esigenza lavorativa imprescindibile. Si tratta di un importante riconoscimento dei diritti dei lavoratori che assistono familiari con disabilità, che possono così accedere ad una maggiore tutela.
Questi chiarimenti sono importanti perché offrono una maggiore protezione ai lavoratori che hanno a carico una persona disabile e non implica la necessità che la disabilità sia grave. Questa rappresenta una nuova interpretazione della legge che protegge maggiormente i lavoratori e i loro familiari disabili dalle discriminazioni sul posto di lavoro.