Esteri

Netanyahu punta a prendersi Gaza City: via libera del gabinetto. Germania blocca le armi ad Israele


Il piano per “sconfiggere Hamas”

Giovedì sera, Benjamin Netanyahu ha incassato l’approvazione del gabinetto di sicurezza per un piano che promette di “prendere il controllo di Gaza City” e “distribuire aiuti umanitari fuori dalle zone di combattimento”.
Il documento adottato prevede cinque punti chiave:

  • Disarmo di Hamas
  • Ritorno di tutti gli ostaggi, vivi o morti
  • Smilitarizzazione della Striscia
  • Controllo di sicurezza israeliano
  • Creazione di un’amministrazione civile alternativa, diversa da Hamas e dall’Autorità Nazionale Palestinese (ANP)

Secondo la dichiarazione ufficiale, un piano alternativo discusso in sede ministeriale non avrebbe raggiunto questi obiettivi.


Opposizione all’attacco: “Un disastro annunciato”

Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha definito la decisione “un disastro che porterà a molti altri disastri”, accusando Netanyahu di aver ceduto alla linea dura dei ministri Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich.
Per Lapid, l’operazione comporterà mesi di scontri, perdite tra ostaggi e soldati, costi miliardari e un collasso diplomatico.
Dello stesso avviso Yair Golan (Partito Democratico), che parla di “condanna a morte per gli ostaggi” e di un fardello militare ed economico per le generazioni future.
Avigdor Lieberman (Yisrael Beytenu) rincara la dose: la decisione sarebbe contraria alle valutazioni del capo di stato maggiore Eyal Zamir, a dimostrazione che “decisioni di vita o di morte” vengono prese contro il parere militare.


Due anni di guerra, Gaza al collasso

L’esercito israeliano controlla già circa il 75% della Striscia di Gaza e, secondo Axios, mira a evacuare i civili palestinesi da Gaza City per circondare i combattenti di Hamas.
Netanyahu, intervistato da Fox News, ha ribadito di voler prendere l’intera Striscia, ma di non volerla governare, puntando invece a un controllo della sicurezza e a un’amministrazione araba.
Da parte sua, Hamas accusa il premier di voler “sacrificare gli ostaggi” per interessi personali e avverte: “Qualsiasi escalation avrà un costo elevato e doloroso”.


La condizione araba: senza ANP, niente ricostruzione

I Paesi arabi, pur disposti a contribuire alla ricostruzione postbellica, hanno legato ogni impegno alla presenza dell’ANP come guida politica, rifiutando di sostenere un piano che la escluda.
Il rifiuto di Netanyahu ha di fatto bloccato ogni disponibilità araba, alimentando le accuse di prolungare il conflitto senza prospettiva politica.

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Germania: stop alle armi, via agli aiuti

La decisione israeliana ha provocato un’onda d’urto in Europa. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha annunciato la sospensione di tutte le esportazioni militari utilizzabili a Gaza, dichiarando “sempre più difficile capire” come l’operazione serva ancora alla difesa e alla liberazione degli ostaggi.
La Germania, secondo fornitore di armi a Israele dopo gli USA, ha inviato tra il 2023 e il 2025 equipaggiamenti per 485,1 milioni di euro, principalmente fregate e siluri. Il blocco, pur simbolico, rompe un tabù storico legato alla responsabilità tedesca nell’Olocausto.


Ponte aereo per gli aiuti

Berlino lancerà un ponte aereo umanitario verso Gaza. Merz non ha escluso ulteriori sanzioni e ha invitato Israele a migliorare in modo “globale e sostenibile” la situazione umanitaria.
Il vicecancelliere Lars Klingbeil (SPD) ha sostenuto la mossa: “Solidali con Israele, ma serve denunciare le irregolarità”. All’interno del partito socialdemocratico cresce la pressione per accelerare il riconoscimento dello Stato palestinese.


Un rischio politico senza precedenti

Netanyahu appare determinato a completare la sua strategia militare, ma si trova stretto tra la crescente opposizione interna, le riserve militari e una frattura diplomatica sempre più visibile.
Con la Germania che spezza un tabù e i Paesi arabi che restano alla finestra, il rischio è che Gaza City diventi un pantano politico-militare dal quale sarà difficile uscire.


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