Editoriale

Nessuna pistola, nessun manganello, nessun taser: l’Italia che disarma chi ci difende


La guerra contro chi ci difende

C’è un’Italia che si indigna se un agente usa la forza, ma resta in silenzio quando un carabiniere finisce in ospedale.
Un Paese dove ogni strumento delle forze dell’ordine è sotto processo: le pistole “uccidono”, i manganelli “sono fascisti”, le manette “disumanizzano”, i posti di blocco “violano la libertà”.
E ora, sotto accusa, c’è pure il taser, l’arma non letale che dovrebbe impedire tragedie senza farne nascere altre.

Risultato? Poliziotti e carabinieri lasciati soli, criminali sempre più spavaldi e cittadini meno sicuri.


Giordano affonda il coltello nella piaga

Lo ha spiegato con sarcasmo chirurgico Mario Giordano su La Verità:

“Non vogliamo le pistole perché i carabinieri con le pistole possono uccidere, il manganello se viene usato nelle manifestazioni è fascista, le manette a chi commette un reato sono odiose, il posto di blocco – vedi il caso Ramy – va fatto in maniera opzionale, se non ti fermi chi se ne frega… tra poco metteranno un bando anche al fischietto dei vigili urbani”.

E ha ragione. Perché dietro questa ossessione c’è un obiettivo preciso: smantellare la forza pubblica pezzo dopo pezzo, fino a renderla inutile.
È un disegno culturale: trasformare chi difende la legge in un potenziale “abuso di potere” e chi la infrange in una “vittima del sistema”.


La realtà che non vogliono vedere

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi lo ha detto senza giri di parole:

“Il taser è imprescindibile. Serve in situazioni in cui non puoi sparare, quando l’individuo è completamente fuori di testa. Come lo immobilizzi senza rischiare la vita degli agenti o dei cittadini?”.

Domanda semplice, risposta assente. Perché chi grida contro il taser non vive il caos delle strade, non affronta il tossico armato di coltello, non rischia di finire in ospedale per un pugno in faccia.
Loro, dalle loro scrivanie, vogliono una polizia “gentile”: che dica grazie quando viene presa a sprangate.


Il cortocircuito culturale

Siamo al paradosso: un Paese che processa gli agenti per eccesso di difesa ma assolve chi sfascia tutto in piazza.
Un Paese dove il ladro ha più diritti della sua vittima e l’agente che lo arresta rischia più dell’arrestato stesso.
E ora si vorrebbe togliere anche l’ultima arma intermedia, il taser, così quando un folle minaccia di ammazzare qualcuno l’unica alternativa sarà o sparare per uccidere o subire. Complimenti.


La domanda che brucia

Allora diciamolo chiaro: volete davvero sicurezza o preferite la sceneggiata del politicamente corretto?
Perché non esiste via di mezzo: o difendiamo chi ci difende, o ci arrendiamo.
Se l’idea è questa, allora aboliamo pure le divise, chiudiamo le caserme e lasciamo la strada ai banditi.
Poi, quando toccherà a voi chiamare aiuto, provate con una carezza. Vediamo se funziona.


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