Forze di Polizia

MILLE UOMINI, PARÀ E CECCHINI. SENTINELLE IN OGNI CASOLARE. REPARTI SPECIALI A CACCIA DI IGOR

Alle sette del mattino il capitano del primo reggimento paracadutisti del Tuscania detta la linea. Il comando delle operazioni è suo e tocca a lui organizzare le squadre di ricerca in modo che si eviti il rischio più alto, cioè eventuali vittime del fuoco amico. In una situazione come questa, con così tanti uomini e reparti diversi in campo, potrebbe succedere. E’ quanto riporta Giusi Fasano, inviata per il Corriere.it. Quindi, si raccomanda il capitano, nessuno prenda iniziative autonome. Tutto, ma proprio tutto quel che succede nella «zona rossa» deve passare da lui. Si parte dalle mappe militari di un’area che è lunga una ventina di chilometri ed è larga almeno cinque. Un’enormità. Igor il russo, sono tutti convinti, è ancora qui fra gli acquitrini e la boscaglia dell’oasi naturalistica di Campotto e i campi dell’altra oasi poco distante, quella di Marmorta. Siamo fra i Comuni di Argenta e Molinella, nell’area di confine fra le province di Ferrara e Bologna. «Quelli sono i posti della sua latitanza, li conosce meglio di chiunque altro e da lì non se ne andrà» sono pronti a scommettere i complici delle sue vecchie rapine, un ungherese e uno slavo sentiti in carcere in queste ultime ore dagli inquirenti. «Cercherà di rimanere nascosto finché non si saranno calmate le acque e comunque si farà ammazzare piuttosto che tornare in carcere».
I reparti speciali

Per scovarlo battono la zona rossa palmo a palmo almeno ottocento uomini per turno, il che significa che ruotano in più di mille, tutti di reparti specializzati in operazioni di emergenza. Dai carabinieri del Tuscania a quelli dello squadrone cacciatori Calabria, dal Gruppo intervento speciale alle Squadre operative di supporto. Ma anche agenti delle squadre mobili dell’Unità operativa di pronto intervento della polizia. E poi tiratori scelti, unità cinofile, decine di uomini equipaggiati con visori notturni, perfino negoziatori pronti a intervenire se si verificasse uno degli scenari più temuti: l’eventuale presa di ostaggi. Per avanzare da un luogo all’altro nella caccia all’uomo si controlla ogni casa, cascina, rudere o anfratto del perimetro di ricerca. E finito ogni singolo controllo una sentinella sorveglia il posto e verifica che il ricercato non arrivi dopo il passaggio dei carabinieri. I cani da ricerca in situazioni come queste sono fondamentali. Uno di loro ieri ha segnalato la presenza del fuggiasco lungo un percorso all’interno della zona rossa del Comune di Molinella. Grazie al suo fiuto è stato individuato un giaciglio fra i rovi dove si pensa che l’uomo abbia passato qualche ora a riposare, ma la traccia si è poi perduta arrivando a una strada asfaltata.

Ormai tutti conoscono il fuggitivo come Igor il russo, identità che lui stesso ha coltivato negli anni passati in Italia e che risulta dai molti atti giudiziari firmati contro di lui nel nostro Paese. Ma in queste ultime ore l’Interpol ha svelato agli inquirenti italiani un nome e un cognome diversi. Le impronte digitali dell’uomo che si fa chiamare Igor Vaclavic corrispondono a un serbo schedato dalla polizia di Belgrado. Quindi Igor, o comunque si chiami, non è russo e non ha nessun passato da militare, come ha raccontato ai suoi complici delle tante rapine in villa messe a segno fra il 2007 e l’estate scorsa. Una cosa è certa: chiunque lo abbia conosciuto giura che sia capace di sopravvivere in condizioni estreme, di dormire in mezzo al fango e di nascondersi in covi introvabili. È in fuga dalla sera del primo aprile, quando ha ammazzato Davide Fabbri, il barista di Budrio (Bologna). Ma, come dicono i vecchi complici dal carcere, è sempre rimasto nella sua «zona di latitanza» — fra il Ferrarese e il Bolognese, appunto — ed è fra quei campi che ha rubato la frutta e la verdura per sopravvivere trovata sul Fiorino che sabato sera ha abbandonato dopo aver ucciso (a Portomaggiore, Ferrara) la guardia venatoria Valerio Verri e aver ferito gravemente il suo collega, Marco Ravaglia. I due l’hanno avvicinato credendolo un pescatore di frodo, lui ha sparato senza dire nemmeno una parola. Li ha creduti morti entrambi, ha sfilato dalla tasca del ferito la pistola e il caricatore di riserva e se n’è andato con il furgone, rubato poche ore prima.
Gli avvistamenti

A bordo del Fiorino è stata trovata la bicicletta elettrica con la quale era stato notato fra le campagne del Ferrarese prima dell’omicidio di Budrio. Fra gli oggetti abbandonati anche una maglietta e il giaccone da cacciatore descritto da testimoni che lo hanno visto vagare in zona e dal metronotte rapinato il 29 marzo: quella sera il sedicente Igor si impossessò della pistola con cui ha poi ucciso Davide Fabbri a Budrio. Adesso gira con quell’arma, una calibro 9, e l’altra sfilata alla guardia venatoria ferita, una calibro 12. Ha con sé almeno quaranta colpi e niente fa pensare che potrebbe arrendersi. Quindi, per riassumerla con il pubblico ministero bolognese Marco Forte: «Si apre la strada sparando ed è molto pericoloso». Il procuratore capo Giuseppe Amato chiede di «fare attenzione perché è un momento delicato, bisogna avere prudenza nel muoversi e stare attenti alle persone che si incontrano». Sabato sera, poco dopo l’agguato alle guardie venatorie, due carabinieri l’hanno incrociato in una viuzza di campagna di Molinella. Era sul Fiorino, quando ha visto in lontananza i due uomini in divisa si è fermato ed è sceso. Loro hanno pensato fosse un cacciatore (non era ancora chiaro che si dovesse cercare quel tipo di mezzo) e proprio quand’erano a pochi passi lui, quell’uomo ha preso al volo un borsone ed è scappato via, nel buio. Fra boscaglia, campi, ruderi ed acquitrini: casa sua.

 Giusi Fasano, inviata per il Corriere.it

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