MILITARI E FORZE DI POLIZIA: BASTA CON LA LOGICA DEI “DIRITTI ACQUISITI E CHI SE NE FREGA DI CHI VIENE DOPO”
possesso dell’Ente Previdenziale saranno pubblici e tutti conosceranno e
saranno in grado di apprezzare gli effetti di anni di compromessi,
consociativismo ed irresponsabile gestione della previdenza.
dirigente (politici, burocrazia, sindacati) ha cristallizzato a suo favore una
situazione che già si sapeva insostenibile, salvando le loro rendite e
scaricando i sacrifici (e debiti) sulle future generazioni. Il conflitto
generazionale sulla previdenza esiste e la questione verrà inevitabilmente
affrontata, non fosse altro perché tutti quei soggetti che fino a ieri
erano troppo giovani per sapere, per conoscere e per contare, oggi stanno
aprendo gli occhi e stanno arrivando ai vertici della politica, dei
sindacati e della burocrazia.
pensionistici del personale del comparto sicurezza e difesa (così come di altri
settori) è impietosa. Oltre il 90% dei pensionati del settore beneficia di un
trattamento economico ben superiore rispetto ai contributi versati.
fa scalpore ma non può e non deve sorprendere. E’ infatti ovvio che il combinato disposto tra il vecchio metodo
retributivo, i limiti ordinamentali, le vecchie modalità di accesso anticipato
e la struttura delle carriere e delle retribuzioni del comparto sicurezza e
difesa producesse questo tipo di risultato.
ultimi stipendi, a prescindere dai contributi effettivamente versati, nei
confronti di lavoratori che:
- avevano una vita
lavorativa sensibilmente inferiore rispetto a tutti gli altri lavoratori
per effetto dei c.d. “limiti ordinamentali” e delle finestre di accesso
anticipato alla pensione; - avevano una
struttura di carriera e di retribuzione legata principalmente alla mera
anzianità di servizio con scatti e promozioni negli ultimi anni/mesi/giorni
di carriera; - godevano di
importanti meccanismi di incremento dell’assegni pensionistici
(ausiliaria, privilegiata, sei scatti, 18%, ecc.),
superiore ai contributi realmente versati.
dall’INPS, quindi, rappresentano un quadro
del tutto normale e perfettamente legittimo ma fotografano una
situazione figlia di un sistema che già da anni non esiste più. Le
riforme pensionistiche degli anni novanta, la riforma Fornero,
l’ultima legge di stabilità e l’atteggiamento più prudente delle commissioni
mediche per l’attribuzione delle cause di servizio, infatti, hanno già
di fatto corretto il sistema e determineranno la drastica riduzione
dello squilibrio tra assegni di pensione e contributi versati.
“correzione” che però sarà
pagata solo dal personale che andrà in pensione con il metodo misto
o interamente contributivo, perché dal 1992 ad oggi si è sempre ragionato secondo
la logica dei “diritti acquisiti e chi se ne frega di quelli che vengono dopo”.
crescita, aumentare la flessibilità in uscita e creare nuovi posti di lavoro?
Dove volete, malasciate stare le pensioni e gli stipendi di chi oggi è in
servizio. Noi abbiamo già dato e già non godiamo più di pensioni
squilibrate rispetto ai contributi versati.
pagato in termini di pensione, per
effetto:
- dell’introduzione
del metodo contributivo: con gli stessi contributi percepiremo un assegno
di pensione molto inferiore; - dell’”annacquamento”
dei meccanismi di compensazione dei limiti ordinamentali: il “X5” ed il
ricalcolo del trattamento pensionistico a margine dell’ausiliaria valgono
molto di meno rispetto alle “supervalutazioni” del retributivo; - del congelamento
stipendiale e del blocco contrattuale: i contributi persi non ce li
restituirà nessuno; - del cambio di
atteggiamento delle Commissioni Mediche per l’attribuzione delle “cause di
servizio”: oggi accolta solo in caso di gravi e dimostrate patologie e
fino a qualche anno fa riconosciuta anche per un “brufolo”; - del mancato
adeguamento della struttura delle carriere e della retribuzione rimaste
ancorate a concetti come l’anzianità di servizio e la retribuzione fissa
premianti con il sistema retributivo e penalizzanti con il sistema
contributivo; - del mancato
allungamento dei limiti ordinamentali per adeguarli ai nuovi limiti
pensionistici: con il contributivo, infatti, bisogna lavorare più a lungo
per incrementare l’assegno di pensione ed essere sbattuti fuori prima
equivale ad un danno.
pagato in termini di lunghezza della vita lavorativa, per effetto del metodo contributivo e della
modifica dei requisiti di accesso anticipato alla pensione: una volta si poteva
andare in pensione (con un assegno dignitoso) con meno di 26 anni di servizio
ed oggi per avere un assegno decoroso bisogna lavorare sino a 60 anni ed oltre.
pagato in termini di stipendio per
effetto del congelamento contrattuale e del blocco stipendiale.
intendiamo più pagare per tutti i danni prodotti dagli errori,
dall’irresponsabilità e dalle “furbate” fatte dalle precedenti
generazioni! Se i “diritti
acquisiti” esistono, allora devono esistere per tutti e non si può continuare a
pretendere che esistano solo per chi è già andato in pensione o chi si è
assicurato (non curandosi di chi veniva dopo) un trattamento pensionistico
ingiustificato e finanziariamente insostenibile (a partire da politici,
maxi-dirigenti, sindacalisti, ecc.).
caso che anche la Corte Costituzionale ne prenda finalmente atto!
decidere sul blocco dei contratti, continuerà a ritenere legittimo qualsiasi
taglio alle retribuzioni del personale in servizio o userà la stessa
“sensibilità” mostrata (in maniera sistematica e consolidata) rispetto a
qualsiasi tipo di taglio delle pensioni retributive.

