Militare in servizio ottiene il riconoscimento della futura pensione con la previdenza complementare. Sentenza storica della Corte dei Conti
Avv. Giuseppe Di Benedetto – Questa volta voglio parlarvi di previdenza ed in particolare della L. 335/1995 ( L. Dini) e del fatto che a oltre 15 anni dalla sua entrata in vigore, il personale militare è ancora in attesa della istituzione della previdenza complementare. In particolare, ad essere penalizzato è il personale che ha maturato alla data del 31.12.1995 una anzianità contributiva non superiore a 18 anni, in quanto la pensione viene calcolata con il sistema contributivo. Per effetto della mancata o ritardata previsione di meccanismi di previdenza complementare si determina, dunque, un danno rilevante per il personale militare.
Questa questione, molto delicata, è stata recentemente affrontata dalla Corte dei Conti a seguito di ricorso presentato da un dipendente dell’Aeronatuca Militare dal 21.5.1989, contro contro I.N.P.S.- Gestione Dipendenti Pubblici; e Ministero della Difesa;
Il ricorrente ha presentato ricorso per chiedere l’accertamento del diritto a vedersi calcolare il trattamento pensionistico “ che sarà”- essendo tuttora in servizio – secondo il sistema c.d. retributivo ovvero, in subordine, sino alla effettiva attuazione della previdenza complementare. Ha chiesto, inoltre, il risarcimento dei danni derivanti dal mancato avvio delle procedure di negoziazione e concertazione del trattamento di fine rapporto e della conseguente istituzione della previdenza complementare.
Si deve ricordare che il Tar Lazio – Sede di Roma, ha in passato dichiarato l’obbligo per le amministrazioni di concludere, mediante l’emanazione di un provvedimento espresso, il procedimento amministrativo volto alla istituzione della previdenza complementare, nominando un commissario ad acta al quale è stato attribuito il compito “ di attivare i procedimenti negoziali interessando allo scopo le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ed i Consigli Centrali di rappresentanza, senza tralasciare di diffidare il Ministro della Pubblica Amministrazione e la Semplificazione ad avviare le procedure di concertazione/contrattazione per l’intero Comparto Difesa e Sicurezza”.
La sezione nel merito ha ritenuto infondata la pretesa al sistema previdenziale retributivo. In quanto non esiste un “ diritto al regime previdenziale “ previgente, in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore modificare anche in pejus il sistema previdenziale in vigore.
È invece stata ritenuta fondata la domanda risarcitoria relativa alla mancata istituzione della previdenza complementare.
L’avvio della previdenza complementare, come secondo pilastro del sistema di previdenza pubblica, è da porre in relazione alla liquidazione delle prime pensioni calcolate con il sistema contributivo. Secondo la Corte dei Conti la permanenza di tassi di sostituzione piuttosto bassi per tali tipologie di pensioni – nonostante l’elevazione dell’età pensionabile – è circostanza che dovrebbe far riflettere sulla necessità di dare pratica attuazione alla riforma della previdenza complementare, avviata con la L. n. 335/1995.
Gli sviluppi di tali riforme hanno portato all’istituzione di diversi fondi pensione per i dipendenti del settore privato e del pubblico impiego privatizzato.
Un capitolo a sé è quello, non ancora attuato, della previdenza complementare per il personale disciplinato dalla legge, tra cui il personale militare e quello delle Forze di Polizia.
Il problema in argomento quindi, a distanza di oltre vent’anni, non è stato ancora risolto.
L’attivazione della previdenza complementare è, si ricorda, materia riservata alla concertazione/contrattazione e, pertanto, si pone il problema della tutela delle aspettative di coloro che sono ancora in servizio.
Lo strumento per compensare le negative ripercussioni economiche che il ricorrente denuncia di subire dall’inerzia nell’attuazione della previdenza complementare è rappresentato dal risarcimento del danno, in quanto la legittima aspettativa della estensione del regime di previdenza complementare per il comparto pubblico assurge a situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela anche innanzi al Giudice monocratico delle pensioni della Corte dei conti.
Sotto il profilo sostanziale, poi, il danno derivante dalla mancata attivazione della previdenza complementare si configura, nella specie, come “ danno futuro”, le cui conseguenze si manifestano non nell’immediato, essendo il ricorrente tuttora in servizio, bensì all’atto del pensionamento, in quanto il tempestivo avvio dei fondi pensione avrebbe generato un montante più elevato rispetto al mancato esercizio dell’opzione, oltre che consentire un risparmio in termini di tassazione IRPEF in virtù di un maggiore ammontare deducibile.
Quindi il personale militare che ha maturato alla data del 31.12.1995 una anzianità contributiva non superiore a 18 anni può agire per via giudiziaria al fine di vedersi risarcito il danno provocato dalla mancata attivazione della previdenza complementare in quanto il tempestivo avvio dei fondi pensione avrebbe consentito ai militari di generare un montante più elevato rispetto a quello generato in caso di mancato esercizio dell’opzione, oltre che consentire un risparmio in termini di tassazione IRPEF in virtù di un maggiore ammontare deducibile.
La questione è di grande importanza in quanto riguarda l’importo pensionistico che si costruisce durante la vita lavorativa e quindi i danni derivanti dalla mancata attivazione della previdenza complementare da parte della pubblica amministrazione devono essere risarciti ai militari che non hanno la possibilità di ricorrere alla previdenza complementare come invece è previsto dalla legge.