Giustizia

Milano, il GUP sul caso Ramy: “Inseguimento legale e doveroso”

La sentenza e la condanna

Il Giudice dell’udienza preliminare Felice Fabrizio si è pronunciato sul caso Ramy, condannando a 2 anni e 8 mesi Fares Bouzidi, il giovane alla guida della moto T Max protagonista della drammatica fuga del 24 novembre 2024.
Nelle motivazioni depositate il 15 luglio, rese note solo oggi, il magistrato ha chiarito che l’inseguimento da parte dei carabinieri non è stato arbitrario, bensì “espressione dell’adempimento di un dovere istituzionale”.

Otto chilometri di fuga nel cuore di Milano

Il giudice ripercorre in dettaglio la folle corsa: otto chilometri tra il centro e la periferia, da via Moscova fino all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta. Una guida definita “sempre più estrema”, capace di mettere a rischio non solo la vita del conducente, ma anche quella dei cittadini e degli stessi militari impegnati a fermarlo.
Secondo gli inquirenti, la fuga era motivata dal timore di un arresto per furto. In realtà, scrive il GUP, la ragione sarebbe stata più banale: la paura di guidare senza patente.

Il ruolo dei carabinieri: dovere e rischio

La sentenza sottolinea come la fuga stessa abbia attivato “l’obbligo degli agenti di polizia di intervenire per arrestarla, indipendentemente dalla motivazione”.
Non a caso, gli inquirenti avevano interpretato elementi come il passamontagna, gli 850 euro in contanti e lo spray al peperoncino come indizi di possibili reati più gravi.

Le frasi shock durante l’inseguimento

Nel provvedimento si affronta anche il tema delle espressioni forti usate dai carabinieri tra loro via radio: “vaffanculo non è caduto”, “speriamo si schiantino sti pezzi di m…”.
Il giudice le definisce “obiettivamente forti”, ma da contestualizzare: pronunciate in un momento di tensione e adrenalina, non si sono tradotte in alcun atto ostile.
Anzi, sottolinea Fabrizio, i militari hanno agito con prontezza: hanno chiamato immediatamente i soccorsi, praticato manovre di rianimazione a Ramy, rimosso il passamontagna per favorirne la respirazione e gli sono rimasti accanto fino all’arrivo dell’ambulanza.

Risarcimento e conseguenze psicologiche

Per i sei carabinieri coinvolti, di cui due rimasti feriti, il tribunale ha stabilito un risarcimento di 2mila euro ciascuno come parti civili.
Il giudice ha anche riconosciuto lo stress psicoemotivo subito dai militari, aggravato dal forte impatto mediatico della vicenda e da vere e proprie campagne di odio online (hate speech) seguite all’episodio.


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