Migranti salvati a Isola Capo Rizzuto, il poliziotto: “Erano disperati, ricorderò sempre quella bimba”
“Gli occhi di quella bambina li ricorderò per sempre”, sono queste forse le parole più importanti pronunciate dell’ispettore Luigi Crupi, papà di due bambine oltre che poliziotto, diventato simbolo del drammatico salvataggio avvenuto la sera del 3 novembre al largo di Isola di Capo Rizzuto dove un’imbarcazione si arenata a pochi metri dalla costa. A bordo c’erano 88 migranti provenienti da diversi Paesi, molti bambini, alcuni disabili, giunti in Italia dopo due giorni di un viaggio iniziato in Turchia. Il 42enne poliziotto di Crotone e originario della provincia, racconta a Fanpage.it i concitati momenti delle operazioni di soccorso, tra il mare in burrasca e il vento forte e l’assoluta volontà di portare in salvo quelle persone.
Ispettore Crupi tutto è iniziato mercoledì sera
Alle 20.50 ci è stato chiesto di intervenire a Isola di Capo Rizzuto per un’imbarcazione incagliata a 50 metri dalla riva con a bordo numerosi migranti, sapevamo che mare e vento quella sera erano piuttosto forti. Quando siamo arrivati c’era la Capitaneria di Porto e con loro siamo intervenuti tentando di raggiungere la barca con una sorta di zattera con cui fare spola tra il veliero e la spiaggia per soccorrere i migranti che erano a bordo e portarli a rivaPoi cosa è successo?
La zattera non ha funzionato. Messa in acqua, il vento ha strappato la corda che la reggeva e abbiamo perso l’aggancio. Quindi l’unica cosa da fare secondo la Guardia Costiera era legare una corda alla poppa e fare un ponte umano. La cosa che ci preoccupava maggiormente oltre al vento e alla risacca era il fatto che la barca avesse una forte oscillazione, quindi abbiamo lasciato i cinturoni e in quattro ci siamo gettati in mare per aiutare il collega che pian piano è riuscito a legare la cima alla poppa. E abbiamo iniziato a far scendere le persone dalla barcaUn’operazione non semplice a quanto visto dalle immagini
L’acqua era alta e molti bambini non sapevano nuotare, non potevano tuffarsi quindi abbiamo dovuto prenderli sulle spalle. E così abbiamo fatto scendere tutti, dai bambini agli anziani, in tre avevano problemi di deambulazione e quindi li abbiamo soccorsi alla fine: erano tutti spaventati. Il problema è che diminuendo il peso sulla barca aumentava l’oscillazione e quindi la paura che potesse colpirci: quando vedevamo l’albero che minacciava di cadere noi ci allontanavamo per poi riavvicinarci al momento giusto, senza mai lasciare la fune. Erano 50 metri ma erano pesanti, glielo assicuro..
Mare mosso, vento, acqua fredda: c’è stato un momento in cui ha avuto un po’ paura?
In realtà faceva freddo ma tra la fatica fisica e il movimento, dopo un po’ abbiamo smesso di renderci conto delle condizioni climatiche. Quando cadevamo in acqua spinti dalle onde, c’era sempre un collega pronto a rialzarti. Poi ho visto la bambina, ero il più alto e quindi i miei colleghi mi affidavano i bambini da portare in spiaggia.
È diventato il protagonista di questa storia
Proprio che io sono il più burbero di tutti (esclama ridendo n.d.r.). Ma quando ho visto quegli occhioni… ti toccavano il cuore e quindi lì ti dimentichi di tutto, sai solo che vuoi portarli via da quella barca e basta. La bimba che è stata fotografata tra le mie braccia viaggiava col padre, credo fossero siriani: lui era spaventatissimo, mi parlava in arabo e chiedeva anche a gesti di prendere sua figlia. Aveva paura ma intanto mi aveva fiducia in me. E così ho fatto, portandola poi a riva. Purtroppo dopo non sono riuscita a vederla perché finito lo sbarco sono iniziati i protocolli che si applicano in questi casi
Non tutti gli interventi sono di questo tipo
Quando il veliero si inclinava quasi a travolgerci, devo dire che non è stato semplice. A riguardare quelle immagini forse abbiamo fatto qualcosa da incoscienti ma tutti e quattro lo rifaremmo senza nemmeno pensarci. Vedere gli occhi della bimba è stato qualcosa di incredibile…
Sarà scappata una lacrima anche a lei, ispettore, così burbero
Il mio obiettivo era arrivare in spiaggia, del resto non mi importava. Nel rivedere quelle immagini mi son ricordato proprio di questo: quei bambini mi abbracciavano così forte al collo che mi ricordavano le mie bambine, quindi non potevo fare altro che quello che ho fatto. Non abbiamo fatto nulla di eccezionale, nulla che chiunque altro non avrebbe fatto, consapevoli che in mare c’erano persone che avevano bisogno di aiuto. Persone disperate. Mi creda certe cose si ricordano per sempre: gli occhioni di quella bimba me li porterò dietro, mi hanno ricordato quelli furbetti di mia figlia quando combina qualche pasticcio.