Meloni vuole bene alla polizia, ma da 500 giorni non rinnova il contratto che i lavoratori in divisa aspettano da anni. Il piatto piange e le risorse sono sempre meno
Oggi, 11 marzo, i lavoratori e le lavoratrici della Polizia di Stato “festeggiano” 800 giorni senza contratto nazionale: di questi ben 506 sono trascorsi sotto il governo Meloni. È la denuncia diffusa dal Silp Cgil, che aggiunge: non bisogna dimenticare che da 2.261 giorni non viene sottoscritto il primo contratto dei dirigenti di polizia.
Nello specifico, si sono tenuti due incontri a Palazzo Chigi tra la premier Meloni e il sindacato di polizia, uno lo scorso novembre e uno nei giorni scorsi. “Solo pacche sulle spalle, neppure un avvio di trattative -, racconta il segretario generale del Silp, Pietro Colapietro –. Ricordando sempre che, anche in caso di sottoscrizione, siamo già nell’ultimo anno del triennio 2022 – 2024 e che dal primo gennaio 2025 dovremo di nuovo discutere di contratto”.
Insomma il piatto piange anche e soprattutto per quanto riguarda le risorse, che sono sempre quelle: un miliardo e mezzo. “Qualche giornale ha pubblicato tabelle con ipotizzati aumenti medi lordi a regime di oltre 180 euro – prosegue Colapietro -. Numeri che analizzati nel dettaglio, al netto delle tasse ed escluso il già (poco) percepito con la vacanza contrattuale, si tradurranno a regime in incrementi medi netti di 30-40 euro. Poco più di un caffè al giorno”.
E c’è anche un’aggravante: col precedente contratto di lavoro, firmato sotto il governo Draghi e anch’esso insufficiente per le esigenze del personale, si prevedeva per il triennio 2019 – 2021 un aumento medio del 4 per cento a fronte di un tasso inflattivo dello 0,6 per cento nel 2019, del -0,2 per cento del 2020 e del 1,9 per cento del 2021. Erano gli anni del Covid, ossia della crescita zero. Le risorse a disposizione, circa un miliardo di euro, furono giudicate insufficienti dall’allora opposizione che ora governa il paese. Oggi la situazione è cambiata: a disposizione c’è un miliardo e mezzo di euro che, tradotto in soldoni, attesta un 5,8 per cento di aumento nel triennio contrattuale 2022 – 2024.
“Benissimo – dice Colapietro -, ma ricordiamo che nel 2022 l’inflazione si è attestata all’8,1 per cento, nel 2023 al 5,7 per cento oltre ai dati che arriveranno per il 2024. Numeri che certificano, come già detto in passato, il bluff del governo sul contratto che da un lato tarda ad arrivare perché le trattative non sono state avviate e dall’altro lato produrrà incrementi, parametrati all’inflazione, al caro vita, all’aumento delle bollette e delle tasse che ogni collega e famiglia ben conosce, inferiori addirittura rispetto al precedente accordo”.
Leggi al Costo di un Caffè: Senza Pubblicità e Con Contenuti Premium!