Politica

Meloni, colpo di scena sul caso Almasri: “Assurdo non procedere anche contro di me”


Una notifica fuori tempo massimo

Oggi mi è stato notificato il provvedimento dal Tribunale dei ministri per il caso Almasri: dopo oltre sei mesi dal suo avvio, rispetto ai tre mesi previsti dalla legge, e dopo ingiustificabili fughe di notizie.”
Così la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha aperto oggi il suo intervento pubblico, con toni duri e pungenti. Il provvedimento notificato riguarda il noto caso legato all’espulsione del giovane palestinese Almasri, ed è arrivato — denuncia Meloni — con un ritardo clamoroso, in violazione della tempistica fissata dalla normativa.

Chi è Almasri e cosa ha fatto l’Italia

Osama Almasri, noto per essere a capo di una milizia attiva nel traffico di esseri umani e in operazioni di repressione violenta in Libia, era oggetto di un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale dal 2 ottobre 2024. Arrestato a Roma il 19 gennaio, è stato rilasciato due giorni dopo dalla Corte d’Appello per un vizio formale: il ministero della Giustizia non aveva attivato la procedura di arresto internazionale. Il 22 gennaio, Almasri è stato caricato su un aereo di Stato e riportato in Libia, scortato da funzionari italiani. È lì che si è aperto il caso politico-giudiziario.

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Archiviazione per Meloni, ma non per tutti

Nel decreto del Tribunale dei ministri, la posizione di Giorgia Meloni è stata archiviata, ma non quella di tre uomini chiave del suo governo: il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti Alfredo Mantovano.

Secondo quanto affermato nel decreto, Meloni non sarebbe stata preventivamente informata né avrebbe condiviso la decisione sull’espulsione di Almasri, e per questo motivo non avrebbe rafforzato il “programma criminoso”. Una conclusione che la Premier definisce “palesemente assurda”.


“Una tesi che non sta in piedi”

Meloni rigetta con forza l’idea che tre tra i suoi principali collaboratori abbiano agito in autonomia su una vicenda così delicata:

Si sostiene pertanto che due autorevoli Ministri e il sottosegretario da me delegato all’intelligence abbiano agito su una vicenda così seria senza aver condiviso con me le decisioni assunte. È una tesi palesemente assurda.

La Premier difende l’unità dell’esecutivo, lanciando una frecciata anche a chi l’ha preceduta a Palazzo Chigi:

A differenza di qualche mio predecessore, che ha preso le distanze da un suo ministro in situazioni similari, rivendico che questo Governo agisce in modo coeso sotto la mia guida.


Un attacco alla coerenza del sistema

Meloni mette in discussione la logica del provvedimento:

È quindi assurdo chiedere che vadano a giudizio Piantedosi, Nordio e Mantovano, e non anche io, prima di loro.

Una posizione netta, che intende sfidare apertamente la narrazione giuridica proposta nel decreto. Una Premier che si dichiara pronta a prendersi ogni responsabilità politica e giuridica, respingendo l’idea che i suoi ministri possano essere lasciati soli di fronte alla magistratura.


Linea dura: “Tutto regolare, tutto per la sicurezza”

Nel merito, Meloni ribadisce la linea dell’Esecutivo:

Ribadisco la correttezza dell’operato dell’intero Esecutivo, che ha avuto come sola bussola la tutela della sicurezza degli italiani.

Già nei giorni successivi all’emergere dell’inchiesta, la Premier aveva rivendicato l’azione del Governo sul caso Almasri. Ora torna a farlo con ancora maggiore vigore, annunciando che si presenterà in Parlamento accanto ai suoi ministri, nel momento cruciale del voto sull’autorizzazione a procedere:

Lo ribadirò in Parlamento, sedendomi accanto a Piantedosi, Nordio e Mantovano al momento del voto.


Un premierismo combattivo

Meloni non solo difende il proprio esecutivo, ma rilancia sul piano politico e istituzionale: se si procede contro i suoi uomini, allora si proceda anche contro di lei.
Un gesto che ha il sapore di una sfida frontale al sistema giudiziario, ma anche della rivendicazione piena di una leadership che non accetta capri espiatori.


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