Sindacati Militari

Marina Militare, crisi del personale: le cause della carenza di organico

La crisi di motivazione e organico nella Marina Militare continua a far discutere. Da tempo gli operatori denunciano un clima di crescente insoddisfazione, e secondo il Sindacato Italiano Militari Marina (SIM Marina), le ragioni vanno cercate ben oltre la legge 244 del 2012, tradizionalmente indicata come principale responsabile dei tagli al personale.

Da settimane, il sindacato riceve segnalazioni quotidiane da parte di colleghi che lamentano situazioni di difficoltà e disillusione, tali da generare un progressivo abbandono morale, quando non fisico, del servizio.


Rientro in sede: le regole ci sono, ma non sempre vengono rispettate

Una norma interna alla Marina Militare stabilisce che, per il personale con più di 50 anni, il rientro nella sede desiderata debba avvenire dopo tre anni di servizio lontano da casa, e non cinque come previsto per gli altri.

Secondo quanto riportato da numerosi militari, però, questa disposizione non verrebbe applicata con uniformità, e i tempi di permanenza fuori sede si allungherebbero ben oltre i limiti previsti.

Il sindacato ha quindi sollecitato lo Stato Maggiore della Marina affinché garantisca l’effettiva applicazione della norma, nel rispetto dei diritti del personale e per evitare disparità di trattamento.
Un tema tutt’altro che secondario, perché – sottolinea il SIM Marina – la mancata equità “può avere conseguenze dirette sulla motivazione e sulla coesione del personale”, già messo a dura prova da carichi di lavoro gravosi e organici ridotti.


Mansioni superiori, ma senza riconoscimento economico

Altro fronte di malcontento è quello delle funzioni superiori non retribuite.
Da tempo, una annotazione nelle tabelle organiche delle unità navali consente di non corrispondere gli assegni per il grado superiore, anche quando il militare svolge mansioni tabellarmente attribuite a personale di grado più elevato.

Per il SIM Marina, si tratta di una situazione inaccettabile che rischia di “disincentivare la professionalità e di creare ulteriori squilibri tra colleghi che, di fatto, svolgono lo stesso lavoro senza la stessa retribuzione”.
Il sindacato ha quindi chiesto una revisione della norma allo Stato Maggiore, per ristabilire equità e riconoscimento del merito.


Un malessere diffuso che mina la tenuta della Forza Armata

Le due vicende si inseriscono in un quadro più ampio di malessere interno.
Negli ultimi anni, la Marina Militare registra un aumento di dimissioni e passaggi al settore civile, oltre a un calo delle domande di arruolamento, talvolta insufficienti a coprire i fabbisogni.

Una tendenza che preoccupa non solo sotto il profilo numerico, ma anche qualitativo: con meno candidati, si riduce la possibilità di selezionare profili realmente idonei, soprattutto per i ruoli che richiedono competenze di comando, gestione e responsabilità.


Le domande che il personale si pone

Dai reparti arrivano interrogativi sempre più pressanti:

  • Arriverà mai il ricambio generazionale tanto atteso?
  • I militari potranno un giorno svolgere funzioni coerenti con la loro esperienza e anzianità?

C’è chi, con amarezza, denuncia situazioni paradossali: “La mattina faccio contabilità, il pomeriggio taglio l’erba o faccio facchinaggio. È questo il modo di valorizzare l’esperienza?”.


Oltre la Legge 244: le vere radici della crisi

Per il SIM Marina, non è più sufficiente imputare ogni problema alla Legge 244 del 2012.
La vera domanda, oggi, è un’altra:

“Le dimissioni e la carenza di nuovi ingressi non saranno forse anche il risultato delle condizioni che si vivono ogni giorno all’interno della Forza Armata?”

Un interrogativo che mette al centro la vita reale del personale, tra normative disattese, riconoscimenti mancati e percezione di scarsa valorizzazione.


L’impegno del sindacato: fedeltà critica e proposta costruttiva

Il SIM Marina ribadisce il proprio attaccamento alla Forza Armata e la volontà di agire per migliorarne il benessere e l’efficienza.
Essere al fianco della Marina non significa tacere”, sottolinea il sindacato, “ma avere il coraggio di segnalare ciò che non funziona, con spirito costruttivo e rispetto dei ruoli istituzionali”.

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