Marina militare

MARINA MILITARE: AL VIA LA VENDITA DI CORVETTE, FREGATE E CACCIATORPEDINIERE USATE

“Sommergibile acciaio, sei tubi lancia siluri, 20 nodi di velocità a 300 metri di profondità, vendesi. No terroristi o Stati canaglia”. Ci fosse una bacheca Seconda mano della Marina Militare Italiana, si potrebbe leggere un annuncio ‘usato sicuro’ di questo genere. Il prossimo 24 maggio, infatti, il porto di La Spezia si trasformerà in una enorme fiera dove saranno esposte le navi dismesse della nostra Marina. Quello in corso è il più grande progetto di dismissione di navi da guerra usate della storia della Repubblica. La maggior parte dei mezzi navali della Marina Militare ha superato il limite della vita operativa utile, che per l’attuale generazione di navi è di circa 20 anni. Tra fregate missilistiche, cacciatorpediniere e sommergibili, i mezzi militari navali dismessi sono sessanta. E dovranno essere alienati entro il 2025. Ma per la Marina, vendere 60 unità navali usate non è certo un’operazione facile. Tra i mezzi navali in vendita, il sommergibile Sauro (20 nodi a 300 metri di profondità), quattro corvette della Classe Minerva. E la fregata missilistica Maestrale, 35 anni: ha partecipato all’operazione enduring freedom nel 2002 nel Golfo Persico, ha combattuto contro i pirati nei mari della Somalia, e ha fatto parte di mare nostrum nel salvataggio di migranti nel Canale di Sicilia. E’ quanto scrive Alberto Custodero per Repubblica.it.

L’elenco delle navi in vendita

Sessanta navi in vendita. Spiega Cristiano Nervi, capitano di vascello e capo ufficio permute e alienazioni del Comando Logistico di Napoli: “Il considerevole numero di unità di prossima dismissione – dice – richiede un impegno particolare da parte della Forza Armata, in considerazione delle possibili positive ricadute di carattere economico di cui il sistema Paese potrebbe beneficiare nel caso si riuscisse a concretizzare un congruo numero di vendite”. Cosa si nasconde dietro questa colossale operazione commerciale? “La vendita di una nave ad una Marina Estera – dice Nervi – comporta un ritorno economico diretto per le casse dell’Erario e più in generale per il sistema Paese, poiché ne beneficia anche l’Industria nazionale che viene coinvolta nel retrofit delle unità stesse e nel successivo supporto tecnico-logistico”.

Un business per la Marina. Ma non solo. Le navi dismesse dalla Marina rappresentano un buon affare per le marine estere più piccole perché sono garanzia di affidabilità nel tempo in quanto progettate e costruite in Italia dove la cantieristica e il suo indotto sono espressione di altissimo livello di tecnologia e innovazione, manifesto del made in Italy nel mondo. L’attuazione del programma navale d’emergenza garantisce il mantenimento e l’incremento del vantaggio tecnologico nazionale ed internazionale nel settore della cantieristica. “In un momento di crisi – spiega Nervi – le Marine Estere potrebbero preferire un ‘usato sicuro’ e performante a navi nuove più costose. Non tutte le Marine sono in grado di gestire e ottenere il massimo rendimento da unità caratterizzate dai più elevati contenuti tecnologici e preferiscono orientarsi verso soluzioni più datate, ma ancora efficaci”.

Parola d’ordine: refitting. Il refitting (il restauro e la trasformazione delle imbarcazioni) e la vendita delle unità della Marina usate, costituiscono un’alternativa vantaggiosa rispetto alla demolizione, poiché generano lavoro per la cantieristica nazionale. L’impiego degli arsenali della Marina Militare nelle attività di refitting costituisce un ulteriore valore aggiunto in termini di competenze e strutture. La nave Amerigo Vespucci, ambasciatrice d’Italia, è stata oggetto di una spettacolare operazione di refitting.

Gli acquirenti: le Marine Militari estere. Interessati agli acquisti di navi da guerra dismesse, le Marine Militari estere. I nuovi mercati, in particolare nel comparto difesa, hanno visto l’affermarsi di grandi investitori, come Cina, Brasile, Turchia, e di una fascia di Paesi che hanno bisogno di coniugare l’esigenza di dotazioni militari e civili con budget limitati e tempi di consegna ridotti. In questo senso l’offerta di refitting da parte del sistema industriale italiano rappresenta una buona opportunità.

Come evitare che finiscano al Califfato? Ma cosa si fa per evitare che attraverso le note e annose triangolazioni il materiale bellico navale italiano (con tutti gli apparati sensibili Nato) possa finire in mano a Stati nemici-canaglia-filo terroristici, come ad esempio Daesh? Risponde Nervi: “La configurazione degli apparati imbarcati viene definita in relazione ai Paesi a cui la nave viene ceduta. Il processo di ‘approvazione’ della cessione di materiali della Difesa a Paesi terzi vede coinvolti, nei vari step, lo Stato Maggiore della Difesa e il Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, con un passaggio obbligatorio anche dal ministero degli Esteri per le preventive e necessarie valutazioni strategiche e geo-politiche. Gli accordi di vendita prevedono che il Paese acquirente non possa cedere a sua volta la nave se non autorizzati dal governo italiano (end user certificate)”.

Le navi in vendita. E quelle vendute. Per il capo ufficio permute e alienazioni del Comando Logistico di Napoli, “nel medio periodo saranno dismesse numerose unità, tra le quali le unità da sbarco classe San Giorgio, le rifornitrici classe Stromboli, i cacciatorpediniere della classe Ammiragli, le fregate classe Maestrale non ammodernate e i sommergibili Classe Sauro della III e IV serie”. “In questo momento è in corso l’attività di retrofit di due corvette Classe Minerva cedute alla Guardia Costiera del Bangladesh presso l’Arsenale della Marina Militare di La Spezia”. “Quattro Unità della Classe Lupo sono state vendute al Perù con assoluta soddisfazione da parte del cliente ed è attualmente in corso il retrofit di quattro corvette classe Minerva destinate alla Guardia Costiera del Bangladesh”.

La delicata trattativa tra governi. “La cessione di una nave – prosegue Nervi – può avvenire per il tramite di accordi diretti tra i governi o attraverso l’industria nazionale. Il prezzo viene negoziato tra i governi e l’industria nazionale chiamata agli interventi di retrofit sulla base delle esigenze operative rappresentate dal Paese compratore. La vendita delle navi, ma anche il dual use (la possibilità di essere impiegate anche in compiti non militari, ma di Protezione civile), costituiscono un’opportunità di autofinanziamento e favoriscono lo sviluppo e la competitività delle imprese”.

Età delle navi, e piano di ammodernamento. “L’età media della flotta è molto elevata – precisa Cristiano Nervi – soprattutto se paragonata a quella di altre Marine di riferimento (quella britannica, per esempio), che hanno già dismesso unità, le cui omologhe, nella nostra Forza Armata, hanno ancora una prospettiva di impiego di sei o sette anni. Nei prossimi anni sarà completata la consegna delle fregate della classe Fremm e, successivamente, verranno realizzati dei pattugliatori polivalenti d’altura (Pps), un’unità logistica (Lss) e un’unità da sbarco (Lhd)”. Il governo nel 2014 ha avviato un “programma navale” finanziato in Legge di Stabilità da 5,4 mld di euro. Le future navi della Marina saranno più economiche, serviranno anche per la Protezione civile, e saranno “ecologiche”.

La nave mai consegnata a Saddam. Una curiosità: tra le navi in vendita, c’è l’unità missilistica Aviere. Fu costruita, insieme ad altre tre unità, per l’Iraq di Saddam Hussein, ma a causa dell’embargo dovuto prima alla guerra Iran.Iraq e poi alla prima guerra del Golfo, non venne mai consegnata agli iracheni. Dopo essere stata sottoposta a una serie di lavori per essere adeguata agli standard Nato, entrò in servizio nella Marina Militare italiana nel 1995, venendo classificata “pattugliatore di squadra” ed è stata reimpiegata recentemente nei soccorsi ai migranti nell’operazione mare nostrum.

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