L’Odissea di un Militare: dall’Accusa di Truffa all’Assoluzione dopo 9 anni di calvario
Un calvario durato quasi 9 anni partito da un esposto anonimo conclusosi con l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Il lieto fine per un militare del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia costiera – in servizio, all’epoca dei fatti, all’Ufficio Circondariale marittimo di Otranto (LE), è giunto dalla Sezione unica della Corte D’Appello di Lecce, con sentenza n.1885/2023 passato in giudicato il 30 aprile scorso.
L’Inizio del Calvario: Un Esposto Anonimo
Il militare era stato già assolto nel giudizio di primo, previo stralcio dal fascicolo processuale dell’attività di indagine effettuata dai Militari del Corpo, disposto dal Tribunale per la condivisa eccezione, sollevata dai Difensori, di carenza dei poteri di P.G., poiché, come noto, le funzioni di Polizia Giudiziaria della Guardia Costiera sono limitate alla materia del Codice della navigazione e delle Leggi speciali e non ai reati comuni come quello del quale era accusato, “truffa aggravata ai danni dello Stato”.
Le Indagini del N.S.I.
Riavvolgiamo il nastro e torniamo a dieci anni fa. All’epoca al militare era stato contestato, a seguito di indagini effettuate dai colleghi del N.S.I. (Nucleo Speciale Investigazioni) del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia costiera, “l’abuso nell’utilizzo dei permessi dal lavoro ex art. 33 Legge 104/92” ovvero per “omissione presunta di qualsiasi forma di assistenza al familiare disabile”. I Giudici della Corte D’Appello, condividendo le eccezioni ed argomentazioni degli avvocati difensori, hanno riconosciuto l’assoluta correttezza della condotta dell’imputato nella fruizione dei permessi di cui alla legge 104/92, assolvendolo con la formula “perché il fatto non sussiste” ex art. 530 c.p.p. come già evidenziato dai colleghi nel primo grado di giudizio.
Scorrendo gli atti emergerebbero incongruenze nelle indagini condotte di iniziativa da tre militari facenti parte del personale assegnato al N.S.I., nucleo istituito per assicurare “le attività operative attraverso interventi specialistici, in materia di sicurezza marittima, salvaguardia dell’ambiente marino e costiero, tutela delle risorse biologiche marine, salvaguardia e tutela dei beni archeologici sommersi; presta attività di supporto ad altre istituzioni nelle materie sopra citate”. La normativa che istituì il Nucleo Speciale di Intervento non attribuiva in alcun modo la qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria per il perseguimento di reati comuni, nemmeno in caso di delega del P.M.
Le Conseguenze Devastanti per la Carriera e la Salute
In attesa del mea culpa da parte dell’Amministrazione, magari accompagnato da scuse ufficiali, il militare (sempre ligio al proprio lavoro) si è visto sospendere in questi anni gli avanzamenti della carriera, subendo anche l’impossibilità a partecipare a qualsiasi concorso, con un blocco temporaneo del trasferimento nella sede di residenza per accudire il fratello affetto da disabilità cognitiva, senza dimenticare l’enorme esborso economico per sostenere i vari gradi di giudizio, tutti fattori che hanno portato a una condizione ansio-depressiva certificata dall’Ospedale militare di Taranto a causa della quale l’imputato/militare è stato inabile dal servizio per circa tre anni.
Le domande – purtroppo ancora senza risposta – restano: quanto è costato all’erario, dunque ai contribuenti, ricorrere ai militari del N.S.I. con sede in Roma per indagare in terra di Puglia, peraltro distogliendoli dalle tematiche di competenza? Chi restituirà al militare l’onore, il prestigio e le spese causate da un esposto anonimo?
Cav Donato Angelini
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