LA MALDESTRA RIFORMA DELLE FORZE DI POLIZIA
Era settembre 2015 quando la riforma della pubblica amministrazione varata dal governo Renzi fu annunciata come efficace ed inevitabile per eliminare i doppioni tra i reparti specializzati e le sovrapposizioni sul territorio. Si parlava di accorpare la Forestale, di ridimensionare la Capitaneria, ma anche di Fiamme gialle e Polizia Penitenziaria. Tante parole al vento. Solo proclami ma nulla di fatto. Non serviva uno Sherlock Holmes per capire che nell’organizzazione delle forze dell’ordine in Italia ci sono troppe cose che non vanno. Ma da qui a sfornare riforme ce ne vuole. E pare che anche Renzi se ne sia accorto. Forse avrà compreso che sforbiciare le forze di polizia è un gesto avventato soprattutto se basato soltanto su annunci senza cognizione della materia. “Ridurremo le forze di polizia” sbandierava il Premier, un must arenato ai primi ostacoli. Sminuzzare il comparto sicurezza non è certo affare da poco. Occorre innanzitutto sapere, dopo aver “tagliato”, come ottimizzare le forze di polizia restanti, che fine far fare agli uomini ed alle donne, agli animali, ai mezzi. Occorre concertare con i sindacati e le rappresentanze militari, ma questo “connubio lavorativo” basato sull’armonizzazione tra governo e parti sociali, Renzi non lo gradisce. Ed allora accade che di tutti i proclami fatti, Renzi si ravveda e non potendo far capire di aver sfacciatamente fallito nella propria impresa di censore, decide di sacrificare maldestramente solo il Corpo Forestale, un capro espiatorio. Almeno una va fatta fuori, avrà pensato Renzi, i forestali son meno di tutti (“solo” 7000), e l’affare è fatto. Solo dopo ci si accorge del grande bug di questa riforma maldestra. Civili che diventano militari, una riorganizzazione che ancora a distanza di mesi stenta a partire, sindacalisti che gridano a squarciagola la vergogna di una riforma che non ha ascoltato le ragioni, i problemi, le ansie dei lavoratori, degli uomini. Ma Renzi nulla. Non può certo tornare indietro, la riforma s’ha da fare senza se e senza ma. La vita reale (non la terra dei proclami) ha compromesso una riforma lacunosa ed intempestiva, giuridicamente inutile, economicamente insignificante (al momento si parla di circa 100 milioni teorici) e politicamente dannosa per aver decretato il fallimento riorganizzativo annunciato dal Premier.
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