Indennità di compensazione: il Consiglio di Stato rafforza i diritti dei militari, ma conferma punizione per chi la chiede ‘Cordialmente’
(di Avv. Umberto Lanzo)
Una sanzione, un’indennità e un ‘cordialmente’ fra virgolette
Nel cuore di una battaglia legale che unisce disciplina militare e diritto del lavoro pubblico, il Consiglio di Stato (Sezione II), con sentenza n. 9213/2022 depositata il 20 maggio 2025, ha messo fine a una controversia che ruota attorno a due questioni cruciali:
- Il diritto all’indennità di compensazione per servizio prestato in giorno festivo.
- La legittimità della sanzione disciplinare inflitta a un finanziere per aver usato, in una comunicazione interna, un tono giudicato polemico.
Il caso ha origine presso il Comando provinciale della Guardia di Finanza di La Spezia e coinvolge direttamente il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comando generale della GdF.
Il contesto disciplinare: tra ‘rammarico’ e ‘pura svista di battitura’
Il finanziere, nel replicare a un diniego dell’indennità di compensazione via PEC, scrive che il rifiuto ricevuto era “illegittimo”. Invitato dal superiore a sostituire il termine con “non conforme”, il militare provvede, ma nella nuova comunicazione aggiunge – fra virgolette – un “cordialmente” che l’amministrazione legge come velata ironia o critica polemica:
«la S.G. nella persona del Capo Ufficio Comando, mi ha “cordialmente” invitato a sostituire il termine “illegittimo” con il termine “non conforme”, specificandomi che avrei dovuto indirizzare la correzione esclusivamente alla figura del Capo Sala Operativa»;
Nonostante le giustificazioni dell’interessato (“una pura svista di battitura”), l’Amministrazione prima gli infligge 3 giorni di consegna, poi, su ricorso gerarchico, commuta la sanzione nel più lieve rimprovero, riconoscendo la tenuità del fatto e l’assenza di precedenti disciplinari.
Quel “cordialmente” tra virgolette che costa caro: quando la forma è sostanza
In ambito militare, ogni parola pesa, ogni segno conta. Lo ha ribadito il Consiglio di Stato, bollando come legittima la sanzione disciplinare irrogata al finanziere.
Una scelta lessicale apparentemente innocua, ma che il giudice ha ritenuto intrisa di sfumature polemiche e allusive, idonee a insinuare l’idea di una pressione indebita ricevuta dal comando. La difesa dell’interessato – che ha invocato una “svista di battitura” – non ha retto al vaglio logico e giuridico: difficile credere a un doppio errore con tanto di virgolette, specie in un contesto formale e altamente gerarchizzato. L’espressione, secondo i giudici, lede i doveri di correttezza e rispetto imposti dall’art. 732, co. 3, lett. a), d.P.R. n. 90/2010, e legittima l’intervento disciplinare. Nessun travisamento, nessuna abnormità: la discrezionalità tecnica dell’amministrazione è stata esercitata nel perimetro della legalità, e il giudice non può sostituirsi al suo giudizio sull’appropriatezza della sanzione. Morale? Nella pubblica amministrazione, la punteggiatura può diventare un’arma… e ritorcersi contro.
Il nodo retributivo: indennità negata per “riposo anticipato”?
La seconda questione riguarda l’indennità di compensazione, negata al militare per il servizio prestato domenica 4 febbraio 2018. Motivo? Aveva già usufruito del riposo anticipato sabato 3 febbraio. Ma, come ha sottolineato il Consiglio di Stato, riposo compensativo e indennità economica sono distinti: il primo ristora la mancata pausa, la seconda remunera il disagio.
In particolare il militare ha richiesto accertamento del diritto all’indennità di compensazione per il servizio reso nelle giornate destinate al riposo settimanale o nei festivi infrasettimanali a partire dal 26 gennaio 2010.
La sentenza è chiara: la preventiva programmazione non preclude la spettanza dell’indennità, e un riposo anticipato non vale come recupero del giorno festivo.
Indennità festiva e riposo compensativo: due diritti distinti, entrambi dovuti
In materia di indennità compensativa per servizio festivo, il Consiglio di Stato ha tracciato un solco giurisprudenziale netto: la preventiva programmazione dei turni di riposo non incide in alcun modo sulla spettanza del trattamento economico. Non vi è, infatti, alcun fondamento normativo che subordini l’erogazione dell’indennità alla straordinarietà o imprevedibilità del servizio.
In altri termini, l’indennità retributiva e il riposo compensativo sono istituti autonomi e cumulabili, destinati a compensare due disagi distinti: il primo economico, il secondo psicofisico. Pretendere che il riposo goduto in anticipo (anziché a posteriori, come previsto dall’art. 43, c. 2, Regolamento GdF) annulli il diritto al compenso significa tradire la ratio legis e svuotare di efficacia la tutela del lavoratore festivo.
Il verdetto finale: rigore chirurgico e nessuno sconto per le parti
Con una motivazione lucida e giuridicamente calibrata, il Consiglio di Stato ha respinto tanto l’appello principale proposto dal Ministero e dalla Guardia di Finanza, quanto quello incidentale del militare, pronunciando un verdetto che dosa con precisione millimetrica diritto, disciplina e logica amministrativa.
Sulla questione retributiva, la Corte ha chiarito che l’indennità per lavoro festivo spetta indipendentemente dalla programmazione del turno di riposo, smontando l’argomentazione dell’Amministrazione e riconoscendo un diritto economico certo e autonomo.
Sul versante disciplinare, invece, ha riconosciuto che l’uso – solo in apparenza innocuo – del termine “cordialmente” tra virgolette, sebbene marginale, esprimeva una sfumatura polemica sufficiente a giustificare il rimprovero. Nessuna sanzione eccessiva, nessuna violazione del principio di proporzionalità: la decisione dell’Amministrazione rientra pienamente nella sua discrezionalità tecnica, immune da vizi macroscopici e insindacabile nel merito. Un epilogo che conferma: chi sbaglia paga, ma solo per ciò che è giuridicamente rilevante.
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Forma batte sostanza: quando la burocrazia disciplina lo sfogo
In questa vicenda, ciò che colpisce non è tanto il profilo disciplinare in sé – che pure, a giudizio del Consiglio di Stato, poteva assumere una lieve vis polemica – quanto la rigidità con cui l’Amministrazione ha scelto di rispondere sulla forma, ignorando la sostanza.
Il militare, frustrato da un diniego reiterato, aveva già segnalato più volte il disallineamento tra norma e prassi. Il suo tono, forse esasperato, rifletteva non tanto insubordinazione quanto l’insofferenza di chi chiede solo ciò che gli spetta.
Ma anziché aprire un confronto sul merito delle richieste, l’Amministrazione ha reagito censurando un “cordialmente” virgolettato. Il rischio? Trasformare il diritto in burocrazia, e la tutela in formalismo, aprendo un precedente che potrebbe alimentare una nuova stagione di contenziosi da parte di militari e operatori delle forze di polizia, sempre più spesso costretti a far valere i propri diritti in punta di penna… e di PEC.
Indennità festiva: ora può aprirsi un fronte di ricorsi in tutto il comparto sicurezza
La pronuncia del Consiglio di Stato va ben oltre il singolo caso e potrebbe costituire un precedente dirompente per l’intero comparto sicurezza e difesa. Il principio affermato è chiaro: il diritto all’indennità di compensazione per il servizio prestato in giorno festivo spetta anche se il turno è stato programmato in anticipo. Una posizione che scardina prassi amministrative consolidate, spesso fondate su interpretazioni restrittive e difformi dalle norme.
Questa sentenza, saldamente ancorata al dato normativo e confermata da circolari interne della stessa Guardia di Finanza, riapre i giochi per migliaia di militari e operatori della sicurezza, molti dei quali potrebbero ora far valere un diritto economico finora negato o eluso. Si apre dunque un fronte potenzialmente ampio di contenziosi retributivi, destinati a mettere sotto pressione le amministrazioni e a ridisegnare l’equilibrio tra doveri operativi e tutele patrimoniali.
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