IL POLIZIOTTO CHE SI RIBELLA ALLO STATO: “CERTEZZA DELLA PENA O I NOSTRI SFORZI INUTILI”
(di Giuseppe De Lorenzo) – Un messaggio semplice,
scritto su un cartello e affidato al mare dei giorni nostri, Facebook,
esattamente come molti anni fa si lasciava tra le onde un biglietto all’interno
di una bottiglia.
scritto su un cartello e affidato al mare dei giorni nostri, Facebook,
esattamente come molti anni fa si lasciava tra le onde un biglietto all’interno
di una bottiglia.
Spesso accadeva che si
perdesse negli abissi e che nessuno arrivasse mai a leggero. E forse accadrà lo
stesso a quel poliziotto che in quesi giorni ha diffuso una
fotografia in cui chiede allo Stato un sostegno per le forze
dell’ordine.
perdesse negli abissi e che nessuno arrivasse mai a leggero. E forse accadrà lo
stesso a quel poliziotto che in quesi giorni ha diffuso una
fotografia in cui chiede allo Stato un sostegno per le forze
dell’ordine.
Niente soldi, niente
aumento di stipendio. Ma solo che il loro lavoro non sia vanificato da un
sistema giudiziario ed istituzionale incapace di consegnare alla giustizia i
delinquenti nostrani. “Chiediamo la certezza della pena –
si legge nel manifesto virale sui social – perché chi delinque è consapevole
che rimarrà impunito, ed ogni nostro sforzo sarà sempre inutile!”.
aumento di stipendio. Ma solo che il loro lavoro non sia vanificato da un
sistema giudiziario ed istituzionale incapace di consegnare alla giustizia i
delinquenti nostrani. “Chiediamo la certezza della pena –
si legge nel manifesto virale sui social – perché chi delinque è consapevole
che rimarrà impunito, ed ogni nostro sforzo sarà sempre inutile!”.
Difficile non dargli
ragione. Troppe volte chi ruba, scippa, aggredisce e rende impossibile la vita
dei cittadini la fa franca. Non perché nessuno si adoperi a scovarli e ad
arrestarli, ma perché nella maggioranza dei casi le investigazioni e gli
interventi della polizia si concludono in un processo per direttissima che
prontamente scarcera i delinquenti, permettendogli di tornare a
fare il loro “mestiere”.
ragione. Troppe volte chi ruba, scippa, aggredisce e rende impossibile la vita
dei cittadini la fa franca. Non perché nessuno si adoperi a scovarli e ad
arrestarli, ma perché nella maggioranza dei casi le investigazioni e gli
interventi della polizia si concludono in un processo per direttissima che
prontamente scarcera i delinquenti, permettendogli di tornare a
fare il loro “mestiere”.
“L’unico modo per
ridurre la criminalità – ci ha detto un ex questore in
pensione che chiede di rimanere anonimo – è quello di far capire a queste
persone che chi sbaglia paga. Con la galera. Noi abbiamo sempre fatto il nostro
mestiere, abbiamo le scrivanie piene di fogli di richieste di arresto. Ma i
giudici decidono sempre il contrario, e il più delle volte rimettono in libertà
ladri e balordi”. Una battaglia persa in partenza.
ridurre la criminalità – ci ha detto un ex questore in
pensione che chiede di rimanere anonimo – è quello di far capire a queste
persone che chi sbaglia paga. Con la galera. Noi abbiamo sempre fatto il nostro
mestiere, abbiamo le scrivanie piene di fogli di richieste di arresto. Ma i
giudici decidono sempre il contrario, e il più delle volte rimettono in libertà
ladri e balordi”. Una battaglia persa in partenza.
Un esempio su tutti, l’arresto
di un mese fa a Milano, in piazza Duomo, di alcune persone colte in
flagranza di reato mentre aggredivano un agente della municipale. Il
giorno dopo erano di nuovo al loro posto per derubare e truffare turisti e
cittadini. “Ogni nostro sforzo sarà sempre inutile”, urla quel
poliziotto senza un volto. Che è il viso di tutti quelli che si sono stancati
di vivere nell’insicurezza.
di un mese fa a Milano, in piazza Duomo, di alcune persone colte in
flagranza di reato mentre aggredivano un agente della municipale. Il
giorno dopo erano di nuovo al loro posto per derubare e truffare turisti e
cittadini. “Ogni nostro sforzo sarà sempre inutile”, urla quel
poliziotto senza un volto. Che è il viso di tutti quelli che si sono stancati
di vivere nell’insicurezza.