IL PIANO ITALIANO PER UNA DIFESA EUROPEA: PRONTA UNA TASK FORCE DI REPARTI SPECIALI
E’ Repubblica in un articolo di Gianluca de Feo a svelare quali sono stati i progetti che a breve si svilupperanno i Europa nell’ambito di una Difesa comune partoriti a Ventotene. Il progetto comprende sin da subito un nucleo aggregatore con Germania e Francia e una task force operativa per missioni militari e civili. Poi i finanziamenti per sicurezza e armi hi-tech fuori dal Patto di stabilità: la proposta per la svolta. Di seguito l’articolo di Repubblica.
“Solo una dimensione comunitaria può garantire le risorse umane, scientifiche, organizzative ed economiche per gestire la portata delle sfide sul fronte della sicurezza”. Di tanti dossier aperti sul tavolo di Bruxelles ce n’è uno sul quale il governo Renzi ha le idee molto chiare: la necessità di costruire una Difesa veramente europea. Così dopo il vertice di Ventotene, l’Italia presenta un documento che offre le linee guida per dare una svolta all’Unione. Un piano elaborato dai tecnici del dicastero di Roberta Pinotti in stretta collaborazione con la Farnesina, già illustrato per sommi capi dal presidente del Consiglio nel summit con Merkel e Hollande e che oggi verrà discusso con i ministri di Francia e Germania. Si tratta di un primo passo per rendere concreto il dibattito aperto dalla lettera di Pinotti e Gentiloni pubblicata su Le Monde, proseguito due giorni fa con un intervento di Federica Mogherini a Bratislava, e che prevede un doppio livello di azione. Ci sono le iniziative che si possono avviare subito, sfruttando gli accordi esistenti e la volontà di alcuni paesi guida. E quelle che richiedono invece l’approvazione di tutta la Ue, un obiettivo che si riconosce “ambizioso” e che verrebbe perseguito da “un nucleo aggregatore” di governi che in questo momento vede allineate Roma, Parigi e Berlino.
I PROGETTI HI-TECH
Anzitutto c’è il problema delle risorse. Quando si discute di missioni da condurre all’estero o di armamenti d’ultima generazione, le capitali del Vecchio Continente sono sempre alle prese con il “vorrei ma non posso”. Perché, come sottolinea il documento, “la complessità e il costo delle capacità operative e delle tecnologie richieste supera di gran lunga le possibilità realizzative di ogni singolo Stato”. Ed ecco la proposta di incentivare la collaborazione tra le industrie con una defiscalizzazione per i programmi europei destinati a produrre mezzi d’avanguardia, ad esempio attraverso l’esenzione dall’Iva che oggi invece si paga pure per comprare caccia e sottomarini. Non solo. Si ipotizza di identificare altre forme di sovvenzione comunitaria e di includere i progetti più avanzati nei piani di finanziamento Ue per la ricerca. Ovviamente, anche in questo caso viene valutata l’opzione di limare i rigori del Patto di stabilità e includere nella voce “flessibilità'” i nuovi stanziamenti per la sicurezza che tutti i paesi alle prese con la minaccia del Daesh e le guerre sulle sponde del Mediterraneo sono obbligati a fare. Una mossa “inizialmente per un periodo sperimentale di pochi anni e limitatamente ad alcuni programmi di interesse strategico per l’Europa”. Questo a patto che ci si chiarisca le idee e si decida insieme quali sono le “attività strategiche” per garantire alla Ue l’autonomia in quei settori che fanno la differenza. Un esempio? Oggi i droni sono tutti americani o israeliani, senza un solo modello operativo made in Europe. Ed è chiaro che agli indirizzi politici dovranno seguire intese tra le aziende “per favorire il processo di ristrutturazione e razionalizzazione industriale europeo”.
LE STRATEGIE
Prima di parlare di strumenti, però, bisogna delineare le strategie. Il percorso più semplice è quello di concepire un “libro bianco della Difesa europea” che indichi gli obiettivi comuni a medio e lungo termine – come ha fatto recentemente il governo italiano con la riforma promossa da Renzi, Pinotti e condivisa dal Quirinale – precisando quali reparti e quali mezzi sono necessari per raggiungerli. Ma già oggi il Trattato di Lisbona offre spazi di manovra: come le missioni affidate dal Consiglio Ue a un gruppo di stati membri e la possibilità di introdurre una “cooperazione strutturata permanente”. In pratica, c’è la strada per impostare subito una serie di azioni concrete e varare gli organismi che le gestiscano. Allo stesso tempo bisogna lavorare per la nascita di una vera Europa della Difesa. Che partirebbe con fasi differenziate: “Il processo potrebbe inizialmente essere proposto e stimolato da alcuni paesi membri in grado sia di imprimere una forte spinta politica verso l’obiettivo di una dimensione europea di sicurezza e difesa, sia di presentare e far avanzare proposte concrete per la sua realizzazione”.
SUBITO IN AZIONE
Questa avanguardia potrebbe subito passare all’azione. Un “nucleo aggregatore” di Stati membri è in grado di mettere in comune uomini e fondi creando “una forza europea multinazionale con un mandato stabilito congiuntamente ovvero di un ente dotato di una opportuna struttura di comando strategico e di meccanismi decisionali e di bilancio comuni”. Per dirigere la task force si propone un “ristretto gruppo di contatto a livello politico e militare” che individui i temi concreti e si coordini con le istituzioni europee: si tratterebbe di un “Direttorato centrale per le missioni militari e civili”. Tra i compiti di questa troika della Difesa ci sarebbe la valorizzazione dei “centri di eccellenza esistenti nelle singole nazioni”. Che significa? Ci sono alcune forze armate che hanno grande esperienza in alcuni settori e potrebbero offrirsi come referenti delle altre. L’Italia ha un primato nell’addestramento dei piloti militari e nelle missioni con i droni, Francia e Germania invece stanno allestendo una flotta di aerei da trasporto che noi non possediamo: invece di procedere in ordine sparso, perché non trovare il modo di condividere conoscenze e sistemi?
IL FUTURO A BRUXELLES
Questa avanguardia di paesi dovrebbe spingere per intensificare il dialogo politico tra i ministri della Difesa Ue, introducendo riforme organiche che coinvolgano i rappresentanti di tutte le altre 25 nazioni. Un processo che richiederà tempo. I trattati dell’Ue ora non prevedono vertici periodici tra i titolari di questi dicasteri, come invece avviene per Esteri, Interni ed Economia. Nel Parlamento europeo non esiste nemmeno una vera commissione Difesa, in cui affrontare questi temi che ormai sono diventati fondamentali per la sopravvivenza e il rilancio dell’Unione. È quello che sostenevano i padri fondatori nel Manifesto di Ventotene: solo un’Europa capace di difendersi autonomamente può garantire la pace. Una visione che sembrava superata nei decenni distensione e serenità che hanno segnato la crescita della Ue, ma che adesso è tornata drammaticamente attuale.