IL GENERALE CHE PRESE RIINA, CONTRARIO ALLA CITTADINANZA IN AUTOMATICO: “AIUTERA’ I JIHADISTI”
(di Ilaria Pedrali per Libero Quotidiano) – Il generale Mario Mori, già comandante dei ROS dei Carabineiri e direttore del Sisde, è un’autorità assoluta nel campo della lotta al terrorismo. L’ha combattuto in prima persona insieme al generale Dalla Chiesa. Il suo parere sulla violenza fondamentalista che sta terrorizzando l’Europa vale la pena di essere ascoltato con attenzione. Non a caso quando presenta il suo libro Oltre il terrorismo, edizioni Grisk, sono moltissime le persone che vanno ad ascoltarlo in giro per l’Italia. Noi lo incontriamo in provincia di Salerno, ad Albanella, dove è in corso la decima edizione di Un Libro sotto le stelle.
Che attentato è stato quello di Barcellona?
«Barcellona è stato un attentato “di mezzo” tra quelli di tipo militare del Bataclan o di Bruxelles e quelli “fai da te” degli ultimi tempi, portati a termine da singoli fanatici. C’è il tentativo di organizzare un attentato più significativo partendo dal nulla, con l’utilizzo di mezzi di fortuna, bombole e automezzi, senza materiali bellici».
L’Italia continua a essere risparmiata da questo terrorismo islamista.
«Ci sono ragioni storiche ed economiche che spiegano questo fenomeno. L’immigrazione è decisamente inferiore a quella delle altre potenze ex coloniali come Gran Bretagna, Francia e Belgio. Ma soprattutto noi non abbiamo avuto una storia di decolonizzazione che le violenze e i rancori che si sono innescati nei paesi arabi e africani conquistati. Il nostro è poi un Paese con realtà locali forte e differenziate, a nord e sud, dove l’ immigrazione di sparpaglia. Non esistono concentramenti in pochi centri come a Molenbeck e Marsiglia, che sono la trasposizione di centri musulmano del Medio Oriente portati in Europa».
Si dice che l’Italia abbia una struttura di polizia molto efficace, che le permette di prevenire il terrorismo islamista.
«È proprio così. Abbiamo una capacità preventiva unica in Europa. Avendo dovuto fronteggiare terrorismo politico, terrorismo internazionale ma anche diverse associazioni criminali, abbiamo tecniche di prevenzioni assolutamente all’avanguardia. Possiamo dire che la nostra capacità investigativa è un’ eccellenza assoluta in Europa».
Come giudica la reazione, più in generale, dell’Europa?
«Assurda. L’Europa non ha reagito. Al di là delle dichiarazioni di circostanza, del tipo “non abbiamo paura” o l’accensione di lumini, non si è visto nulla. Gli Stati Uniti, che hanno subito solo pochissimi attentati rispetto all’Europa, hanno reagito con operazioni di intelligence e droni che hanno portato almeno alla morte di 120 leader estremisti. L’Europa, che non è una potenza militare ma economica, potrebbe condizionare molto i Paesi vicini al terrorismo wahabita e salafita come Arabia Saudita e Qatar».
In Italia, da più parti, si chiede di adottare anche qui lo «ius soli».
«Per noi è una fortuna non avere lo “ius soli”. Una volta che un immigrato diviene cittadino europeo diventa difficilissimo gestirlo anche se manifesta intenzioni eversive. In Italia ci sono 250mila musulmani con cittadinanza italiana. Si pensi che la Francia, dove i musulmani sono tra il 10 e il 12% della popolazione, ha 12 mila neocittadini considerati potenziali terroristi e 4000 di questi sarebbero pronti a compiere subito azioni criminali. Del resto lo “ius soli” non ha risolto nulla. Nel Regno Unito, dove si è cercata la via del multiculturalismo, il 55% dei musulmani inglesi non si considerano britannici; in Francia, dove si è provata la via dell’ integrazionismo, il 50% dei musulmani residenti preferisce il corano alla Costituzione. Il minimo che si può dire è che alcuni nostri politici hanno scelto il momento meno indicato per proporre una norma come quella dello “ius soli”».
Questa emergenza terrorismo in Europa quanto durerà?
«Ancora a lungo, anche se con forme diverse. La sorte dell’ Isis è segnata e se il califfo al Baghdadi non è ancora morto presto lo sarà. Ma il suo messaggio durerà negli anni. L’idea di aver riproposto il Califfato, ovvero aver dato una missione alle masse diseredate islamiche è stata un’idea vincente e anche se l’integralismo islamico è molto frammentato. Isis e Al Quaeda, per esempio, non sono assolutamente la stessa cosa ma il loro messaggio di violenza antioccidentale, anche contro gli islamici considerati corrotti o eretici (sciiti), continuerà per anni».
Molti per combattere il fondamentalismo evocano il modello israeliano.
«Si tratta di un modello efficace ma non vincente. Solo una minima parte degli attentati che colpiscono il Paese viene alla luce. Si dice circa il 10%. Certo, se fosse nato uno stato palestinese oggi la forza del terrorismo islamista sarebbe molto meno potente. Dovremmo comunque adottare alcune forme di militarizzazione esistenti in Israele, ma evitando assolutamente le estremizzazioni e i corto circuiti del sistema israeliano».