Il convivente di fatto è famiglia: la decisione della Corte Costituzionale può riscrivere il ricongiungimento in ambito militare?
(di Avv. Umberto Lanzo) – La recente sentenza n. 148 del 2024 della Corte Costituzionale ha segnato un punto di svolta significativo nel riconoscimento dei diritti dei conviventi di fatto, con implicazioni potenzialmente rilevanti anche per il personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia.
La Consulta, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 230-bis, terzo comma, del codice civile nella parte in cui non include il “convivente di fatto” tra i familiari dell’impresa familiare, ha di fatto equiparato, in questo ambito, le convivenze di fatto al matrimonio. Questa decisione, seppur riferita specificamente all’impresa familiare, potrebbe avere ripercussioni più ampie, in particolare per quanto concerne il ricongiungimento familiare nel contesto militare.
Il quadro normativo attuale sul ricongiungimento familiare militare
Storicamente, la normativa relativa al ricongiungimento familiare per il personale militare ha fatto riferimento principalmente al coniuge, come evidenziato dall’art. 1 co. 5 della Legge 10 Marzo 1987, n. 100 e dall’art. 17 della Legge 266 del 1999. Queste disposizioni, tuttavia, non contemplavano esplicitamente i conviventi di fatto, creando una potenziale disparità di trattamento.
L’impatto potenziale della sentenza sul contesto militare
La sentenza della Corte Costituzionale, pur non trattando direttamente il tema del ricongiungimento familiare militare, potrebbe fornire un importante precedente per una reinterpretazione più inclusiva delle norme esistenti. In particolare, potrebbe aprire la strada a un’estensione del diritto al ricongiungimento anche ai conviventi di fatto del personale militare, in linea con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione.
Le possibili implicazioni pratiche per le amministrazioni militari
Questa evoluzione giurisprudenziale si inserisce in un contesto più ampio di riconoscimento delle diverse forme familiari, già avviato con la legge Cirinnà (legge n. 76 del 2016), ma che finora non aveva trovato piena applicazione in ambito militare. La decisione della Corte potrebbe quindi stimolare un adeguamento delle normative interne delle Forze Armate e di Polizia, come il Regolamento Generale dell’Arma dei Carabinieri, che attualmente limita il ricongiungimento familiare al personale coniugato.
Bilanciamento tra diritti individuali ed esigenze organizzative
L’eventuale estensione del diritto al ricongiungimento familiare ai conviventi di fatto nel contesto militare potrebbe avere impatti significativi:
- Maggiore tutela dell’unità familiare: Riconoscendo le convivenze di fatto, si garantirebbe una più ampia protezione del diritto all’unità familiare, in linea con l’art. 29 della Costituzione.
- Adeguamento alla realtà sociale: Si allineerebbe la normativa militare alle mutate condizioni sociali e familiari della società contemporanea.
- Potenziale aumento delle richieste di ricongiungimento: Le amministrazioni militari potrebbero dover gestire un incremento delle domande di trasferimento per ricongiungimento familiare.
- Necessità di revisione normativa: Potrebbe rendersi necessaria una revisione delle disposizioni interne e dei regolamenti delle Forze Armate e di Polizia per includere esplicitamente i conviventi di fatto.
In conclusione, sebbene la sentenza n. 148 del 2024 non si riferisca direttamente al contesto militare, essa potrebbe rappresentare un importante catalizzatore per una riforma del sistema di ricongiungimento familiare nelle Forze Armate e di Polizia. Tale evoluzione, se realizzata, segnerebbe un passo significativo verso una maggiore inclusività e tutela dei diritti familiari del personale militare, in linea con i principi costituzionali e l’evoluzione della società contemporanea.
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