IL BLITZ BALNEARE DI RENZI PER SALVARE DEL SETTE E SALTALAMACCHIA
Un nuovo capitolo sulla vicenda CONSIP/Renzi lo svela Lettera 43 in un articolo firmato da Alessandro Da Rold e Luca Rinaldi del 9 marzo che riportiamo integralmente di seguito.
Sotto la cenere dell’inchiesta Consip cova uno scontro durissimo tra la magistratura e quello che fu il governo di Matteo Renzi. Guerra che va a toccare un tasto fondamentale, cioè l’indipendenza dei procuratori dalla politica. Perché nelle schermaglie tra il premier e il procuratore di Napoli Henry John Woodcock – che si sta concentrando sulla gara Fm4 da 2,7 miliardi di euro dove sono indagati il ministro per lo Sport Luca Lotti e i generali dell’arma dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia e Tullio Del Sette per violazione di segreto d’ufficio – spunta ora nel dibattito il famigerato articolo 18 comma 5 del decreto 177 del 19 agosto 2016.
LEGGE VARATA IN GRAN SEGRETO. A tirarlo fuori è stato appunto Woodcock che mercoledì 8 marzo 2017 ha preso carta e penna per rispondere al vice presidente del Consiglio superiore della magistratura (Csm) Giovanni Legnini che parlava di grave fuga di notizie, riferendosi alle notizie date ai giornali. Il pm napoletano è stato sottile perché oltre a spiegare che la fuoriuscita di certe “indiscrezioni” possono danneggiare le indagini («Solo un cretino può agevolare una cosa del genere»), ha introdotto il tema di quella legge varata nell’estate del 2016 in gran silenzio e introdotta all’ultimo nel decreto sull’accorpamento del Corpo forestale nell’Arma che ha modificato gli obblighi del segreto di indagine della polizia giudiziaria.
La questione è complessa, ma rilevante. Perché tocca l’indipendenza della magistratura, nello specifico l’obbligo da parte di carabinieri, poliziotti e finanzieri di comunicare ai propri superiori il contenuto delle indagini appena avviate. Si tratta di un danno, visto che comunicare ai vertici informazioni sulle indagini significa di fatto rivelarle alla politica, al governo che appunto nomina comandanti e generali nei vari corpi.
SOLO SPATARO NON RESTA ZITTO. L’unico ad alzare la voce, forse anche per colpa del dibattito politico sul referendum costituzionale, è stato il procuratore capo di Torino Armando Spataro, citato da Woodcock nella sua nota. Spataro parlò, il primo dicembre 2016, di incostituzionalità e di «contrasto anche con alcun norme del codice di procedura che attribuiscono al pm il ruolo di dominus esclusivo dell’indagine. Qui invece», scriveva Spataro, «si stabilisce, attraverso un’evidente forzatura, che un atto non ancora valutato dal pm finisca sul tavolo di strutture direttamente dipendenti dal potere esecutivo. Così il segreto investigativo rischia di diventare carta straccia».
E IL RISPETTO DELLE INDAGINI? Nei passaggi successivi consegnati al Corriere della sera, il procuratore capo di Torino fu ancora più netto: «Non è previsto alcun divieto per quei vertici di riferire all’autorità politica. È vero che per l’Arma esiste già una normativa simile, ma direttive interne richiamano la doverosa attenzione al rispetto del segreto investigativo». In alcune indagini – concludeva – è capitato di impartire «l’ordine scritto agli ufficiali di polizia giudiziaria di non riferire ai propri superiori; in questa nuova norma bisognerebbe almeno prevedere una simile possibilità».
Risulta invece non pervenuto il leader dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) Piercamillo Davigo, mentre nella settima commissione del Csm (quella sull’organizzazione degli uffici giudiziari) si ragiona su una nuova circolare da inviare nelle procure: giovedì 16 marzo 2017 devono essere ascoltati tutti i procuratori distrettuali.
UNA NORMA CHE STUPÌ TUTTI. Nelle procure l’aria si sta facendo pesante, perché non è chiaro secondo alcuni pm come ci si debba comportare. Eppure fu il capo della polizia Franco Gabrielli a diramare ai suoi sottoposti a ottobre 2016 una circolare sull’applicazione di quella norma che aveva stupito un po’ tutti nell’ambiente. Il capo della Polizia si è mostrato consapevole dei rischi che un provvedimento del genere potesse comportare e ha sottolineato come quest’ultima andasse applicata con la cura di «preservare il buon esito delle iniziative di indagine in corso», raccomandando poi una «graduale selezione delle comunicazioni».
NIENTE AVVISO? TI LICENZIO. Tuttavia a gennaio 2017 è saltata la prima testa proprio in polizia per il capo della postale Roberto Di Legami. Il motivo? Non aver avvisato il suo superiore dell’inchiesta scaturita dal cyber spionaggio di Giulio e Francesca Maria Occhionero.
Si tratta di una vicenda molto delicata. Perché l’inchiesta Consip tocca appunto i generali Del Sette e Saltalamacchia. Entrambi avrebbero informato gli indagati, tra cui il padre dell’ex premier, delle indagini in corso già prima dell’estate del 2016. Il punto vero, però, è un altro. Negli ultimi anni i pm hanno avuto sempre maggiore indipendenza nello svolgere le indagini, in particolare affidandosi a corpi di polizia giudiziaria come il Noe, il Ros e Gico che non dovevano rendere conto ai loro vertici, in base al codice di procedura penale (codice Vassalli) del 1989.
LE INCHIESTE SPINOSE DEL NOE. Il Noe con Sergio De Caprio, il Capitano Ultimo, è stato quello che negli ultimi anni ha condotto le inchieste più spinose sul potere. Basti pensare all’arresto dell’ex amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi per l’inchiesta sulla tangente indiana per gli elicotteri di Agusta Westland. Ma c’è molto altro che ha toccato il potere politico, dall’indagine sulla cooperativa Cpl Concordia fino allo scandalo Sopaf dei fratelli Magnoni dove compare il fratello del comandante generale della Finanza Giorgio Toschi.
Alcuni magistrati, tra cui Spataro, hanno sollevato il dubbio di incostituzionalità della norma. Ma poi perché introdurla proprio durante l’estate?
Il blitz estivo fatto dal governo, con un decreto firmato dall’allora ministro per le Riforme Maria Elena Boschi e inserito in fretta e furia nell’accorpamento del Corpo forestale, ha modificato l’impianto. Tanto che alcuni magistrati, tra cui appunto Spataro, hanno sollevato il dubbio di incostituzionalità della norma. Ma poi perché introdurlo proprio durante l’estate? Si tratta di un assist ai vertici dell’Arma indagati nell’inchiesta Consip?
DOMANDE M5S SENZA RISPOSTA. In commissione Ambiente è stato ascoltato il comandante generale Del Sette proprio sul decreto della forestale. I parlamentari del Movimento 5 stelle hanno preparato le domande, ma il generale non ha potuto rispondere. Mercoledì 8 marzo ha parlato senza sosta per 40 minuti, leggendo una relazione, poi è stato interrotto dal presidente Giuseppe Marinello (senatore vicino al ministro Angelino Alfano) che ha rinviato le domande alla seduta successiva. «Le commissioni finiscono spesso così», spiega la senatrice Paola Nugnes, «noi però vogliamo approfondire anche questo punto con Del Sette».