Carabinieri

I carabinieri interrogati confermano: “Il collega di Cerciello? Era armato”

(di Tiziana Paolocci) – Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ieri mattina ha ricevuto al Quirinale la mamma, la moglie, il fratello e la sorella del vicebrigadiere, Mario Cerciello Rega, ucciso con undici coltellate nella notte tra il 25 e il 26 luglio in via Pietro Cossa, a Roma.

Ad accompagnate la vedova, Rosa Maria Esilio, che si era sposata solo 43 giorni prima dell’omicidio nella stessa chiesa dove cinque giorni fa si sono svolti i funerali, insieme alla mamma del carabiniere, Silvia, e ai fratelli Lucia e Paolo, c’era il comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, che il giorno dell’estremo saluto aveva promesso che non avrebbe lasciato soli i familiari del collega dal «cuore d’oro».

Le indagini della magistratura, guidata dal procuratore vicario di Roma Michele Prestipino e dal procuratore aggiunto Nunzia D’Elia, vanno avanti a ritmo serrato per dipanare le ultime ombre che restano sulla vicenda. Fonti dell’Arma ieri hanno confermato quanto già detto giorni fa dal comandante provinciale, colonnello Francesco Gargaro, alla presenza del comandante del Nucleo Investigativo Lorenzo D’Aloia e dei pm ovvero che l’altro carabiniere, Andrea Varriale, quella tragica notte, era armato, a differenza della vittima. E che l’arma è stata prelevata sul posto dai colleghi per essere esaminata. Invece il vicebrigadiere non l’aveva con sé. Difficile capirne la ragione. «Solo lui potrebbe dire perché l’ha lasciata nell’armadietto», spiega il colonnello Gargaro. Forse una dimenticanza o forse non voleva portarla poiché, operando in borghese, non sarebbe stato facile occultare l’arma sotto i vestiti.

Ieri a piazzale Clodio c’è stato un nuovo vertice e sono stati sentiti alcuni carabinieri e tra questi ci sarebbero anche i quattro fuori servizio intervenuti in via Cardinale Merry del Val, a Trastevere, e lo stesso Varriale. L’obiettivo degli investigatori che lavorano all’indagine è ricostruire tutte le fasi di quanto avvenuto, a partire dal momento in cui i due americani hanno tentato di acquistare la cocaina. È certo che quella sera Cerciello era di turno con Varriale da mezzanotte alle 6. Emerge dal sistema centralizzato di gestione dei turni e i magistrati hanno acquisito anche il registro presenze della stazione di piazza Farnese, dove prestavano servizio. Verrà sentito anche il maresciallo Sansone, il diretto superiore, che chiamò i due per l’intervento. Servivano carabinieri in borghese per quel tipo di operazione, che doveva essere di routine, anche se attorno erano piazzate altre quattro macchine dell’Arma, con militari in divisa. Appare ancora strano, allora, capire perché Cerciello non avesse portato la pistola con sé. Un carabiniere esperto non dimentica l’arma, non può farlo e in borghese o meno deve averla con sé. Non è una scelta devoluta al libero arbitrio.

Al vaglio degli investigatori ancora le immagini delle telecamere presenti nelle zone interessate dalla vicenda, comprese quelle di via Cardinale Merry Del Val, a Trastevere, dove Elder Finnegan Lee e Christian Gabriel Natale Hjor hanno avuto il primo contatto con un pusher. Quelle dell’hotel Le Meridien Visconti invece cementificano il rientro dei due americani e alle 3.12 quelle della gioielleria Ghera di via Federico Cesi li riprendono mentre si dirigono verso via Pietro Cossa, luogo dell’aggressione mortale. Ma nessuna telecamera ha immortalato le coltellate sferrate a Cerciello, perché quelle della banca a pochi metri dal luogo dell’aggressione era fuori uso. Nelle prossime ore verranno analizzati anche i tabulati telefonici dei due arrestati, quelli del pusher, di Brugiatelli e il traffico telefonico della vittima e del collega. (Il Giornale.it)

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