“HA SEMPRE CREDUTO NELLA SUA DIVISA E NELL’ARMA”
“Ha sempre creduto nella sua divisa e nell’Arma”.
Così, chi lo conosceva ricorda Vito Saponaro, il carabiniere 43enne che lunedì scorso è morto, stroncato da un malore mentre era in sevizio.
In tanti, oggi, hanno partecipato al suo funerale al Duomo di Fabrica di Roma, stringendosi al dolore della famiglia, della moglie e della figlia del 43enne.
Saponaro era conosciuto in paese e ben voluto dai colleghi coi quali ha lavorato negli anni, a Ronciglione e Civita Castellana. Per un periodo, anche nella sua Fabrica, dove risiedeva con la famiglia, pur essendo di origini pugliesi.
Adesso prestava servizio in una compagnia speciale a Roma, all’Eur. Lunedì mattina, lo hanno trovato a terra senza giacca e cravatta, disteso accanto alla sua macchina. Per lui, era già troppo tardi.
A officiare la messa, don Chicco e don Tersilio. “E’ possibile dire qualcosa che possa dare speranza di fronte alla morte di una giovane vita? – dice don Chicco -. E’ una domanda che mi sono posto, ma a cui non ho trovato risposta. Non ci sono parole, davanti alla morte, c’è solo il silenzio.
Si vivono la tragedia, la sofferenza e il dolore, spesso, senza vedere luce. Anzi, in momenti come questi, spesso, si rafforza la convinzione che un giovane non può e non deve morire.
La morte di un giovane non la si accetta, perché non è nella logica umana. Dobbiamo, però, farci forza col pensiero e la parola di Dio, che è piena di speranza. Dio è la Resurrezione e la vita”.
Il sacerdote ha chiesto di mettere da parte gli interrogativi. “Non chiediamoci perché, Dio ci dice che la morte, attraverso la sua morte, è stata vinta. Che il tempo terreno è limitato e precario di fronte a un progetto immenso, di comunione tra le persone. Ci ritroveremo tutti nella casa del padre”.
Poi, ricordando Vito. “Lo conoscevo e, nel turno di notte, spesso, passava per un caffè insieme. Capitava che, mentre lo sorseggiavamo, lui dovesse alzarsi e partire. Con prontezza, la prontezza del servizio per gli altri. Ha speso la sua vita per chi non conosceva. Non sapeva, infatti, chi o cosa avesse di fronte, ma lo faceva, nella dedizione al bene altrui.
Questo è l’insegnamento più grande che ci lascia Vito, e cioè quello di essere pronti nell’amore e nella fratellanza. Ci ha insegnato l’altruismo. Oggi siamo qui a pregare per la sua vita. Grazie – ha detto il sacerdote con lo sguardo alla bara – per la tua disponibilità e amicizia. Si va avanti. Momenti come questi servono a irrobustirci e non possiamo evitarli. Possiamo solo superarli nella fede e nella condivisione, perché questo peso sia più leggero”.
Nel 2012, insieme a un commilitone, Saponaro salvò la vita a un ragazzo che stava tentando il suicidio. Chi lo conosceva, infatti, ricorda il suo attaccamento alla divisa e all’Arma.
Il Duomo era pieno e la commozione palpabile tra i banchi e negli occhi di chi ha partecipato alla cerimonia per l’ultimo saluto al carabiniere.
Durante la cerimonia, è stato suonato il “Silenzio” ed è stata letta la preghiera del carabiniere. Fuori il picchetto d’onore dei carabinieri e una folla di divise dei tanti colleghi che erano presenti.
Prima del funerale, invece, è stata allestita una piccola camera ardente in chiesa a cui hanno preso parte amici, conoscenti e tanti colleghi.