Gip su torture Polizia Verona: “Sfacciataggine degli agenti e accordo nel negare le torture”
Lo scandalo delle torture scoppiato a Verona ha scosso l’opinione pubblica e gettato ombre sulla reputazione della sezione Volanti della Questura. I poliziotti coinvolti sono stati travolti da accuse di abusi, violenze e peculato ai danni di fermati, molti dei quali erano soggetti extracomunitari ai margini della società. Nonostante le pesanti prove raccolte, il “leit motiv” di alcuni agenti è stato il negare ogni addebito, mettendo a dura prova la fiducia nella giustizia e nella tutela dei diritti umani. In quest’articolo, esamineremo le affermazioni della gip Livia Magri, le prove presentate e le reazioni degli agenti coinvolti.
Il contesto dello scandalo
Tutto ha avuto inizio il 6 giugno, quando la Squadra Mobile di Verona ha effettuato una retata-choc, arrestando cinque agenti e mettendo altri 18 colleghi a rischio di sospensione dal servizio per 12 mesi. Le accuse contro gli agenti comprendevano maltrattamenti, abusi di potere e uso eccessivo della forza contro i fermati in Questura.
Le affermazioni della gip Livia Magri
Dopo quasi due mesi di indagini e interrogatori, la gip Livia Magri ha emesso un’ordinanza-fiume di 39 pagine, riportando le sue valutazioni sulle dichiarazioni degli agenti coinvolti. Secondo il magistrato, molti agenti hanno scelto di negare le accuse, anche di fronte a prove schiaccianti come filmati e testimonianze. Questa strategia di “negare, negare, negare” è stata criticata dalla gip, che ha evidenziato come alcuni agenti abbiano cercato di costruire una versione comune degli eventi per nascondere la realtà dei fatti.
Le prove raccolte
Le prove contro gli agenti coinvolti nello scandalo sono state raccolte con meticolosità. Filmati e intercettazioni audiovideo hanno fornito una prova inconfutabile dell’uso di spray urticante e delle percosse ai danni dei fermati. Tuttavia, molti agenti hanno negato queste accuse, anche quando le prove erano chiare e inconfutabili. La gip ha sottolineato come l’atteggiamento degli agenti sia stato sfacciato e in contrasto con le risultanze oggettive.
Il tunnel della Questura
Anche sull’«uso del tunnel della Questura come luogo non ripreso dalle telecamere abitualmente usato dai poliziotti per percuotere i fermati senza essere filmati (circostanza emersa in una conversazione intercettata tra agenti non indagati), tutti i poliziotti che hanno scelto di rispondere – rivela il gip – hanno avuto l’ardire, anche in questo caso coesi e compatti, di “negare” o comunque di affermare di “non sapere”, nonostante le evidenze ricavabili dal dialogo intercettato». Parole taglienti, quelle riservate dal gip agli agenti, che secondo il magistrato «hanno cercato di costruire una versione comune degli eventi che non è conforme alla realtà, evidentemente perché hanno necessità di occultare il reale svolgersi degli accadimenti».
La reazione degli agenti e la divergenza tra gip e Procura
Gli agenti coinvolti nello scandalo hanno avuto diverse reazioni durante gli interrogatori. Alcuni hanno scelto il silenzio, mentre altri hanno risposto alle domande, ma tutti hanno negato le accuse. Tuttavia, la netta divergenza tra le valutazioni del gip e della Procura ha creato tensioni nel procedimento legale. Mentre i pm avevano espresso parere favorevole alla revoca dei domiciliari per uno degli agenti, il gip ha rigettato l’istanza e ha mantenuto la misura cautelare in atto, evidenziando il quadro indiziario grave contro l’agente in questione.
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