Editoriale

Forze dell’ordine, la beffa degli aumenti: la realtà dietro i numeri gonfiati

Nel teatro della politica italiana, l’ultima rappresentazione mette in scena un copione fin troppo familiare: promesse altisonanti che, alla prova dei fatti, si sgonfiano come palloncini bucati. Protagonista di questa pièce è il tanto sbandierato aumento delle retribuzioni per le forze dell’ordine e i militari, un’operazione che, analizzata con la lente d’ingrandimento, rivela una realtà ben diversa da quella dipinta a tinte forti sui titoli dei giornali.

Quando il lordo inganna

Una testata giornalistica nazionale, con gran clamore, ha annunciato oggi aumenti medi mensili che sfiorano i 160 euro…..lordi (ovviamente per il grado apicale di Capitano). Numeri che, a prima vista, farebbero brillare gli occhi di qualsiasi lavoratore. Ma come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli, e in questo caso, nella sottile ma determinante differenza tra lordo e netto.

Scavando tra le pieghe delle tabelle ufficiali, emerge un quadro decisamente meno roseo. Gli incrementi netti, quelli che effettivamente finiranno nelle tasche di poliziotti, carabinieri e militari, oscillano tra i 60 e i 90 euro mensili. Una forbice che, se da un lato può sembrare ampia, dall’altro evidenzia come anche le figure apicali vedranno aumenti ben lontani dalle cifre trionfalmente annunciate.

Dal Capitano al Carabiniere: una scala di delusioni

Prendiamo ad esempio un Capitano. L’aumento netto mensile si attesterà intorno agli 89 euro netti. Scendiamo la scala gerarchica e troviamo un Appuntato Scelto, che dovrà accontentarsi di circa 68 euro in più al mese. Arriviamo infine al gradino più basso, quello del Carabiniere, che vedrà la propria busta paga lievitare di appena 60 euro netti.

Inflazione vs. aumenti: una partita persa in partenza

Il contrasto tra le cifre lorde e quelle nette non è un mero esercizio contabile. Rappresenta, piuttosto, il divario tra le aspettative create e la concreta realtà economica con cui dovranno fare i conti migliaia di famiglie. In un periodo di inflazione galoppante e costi della vita in costante aumento, questi incrementi rischiano di essere percepiti più come un’elemosina che come un reale riconoscimento del valore e dell’impegno delle forze dell’ordine.

Presentare dati lordi, sapendo che saranno interpretati dall’opinione pubblica come guadagni netti, è una pratica che rasenta la mistificazione. È un gioco di prestigio numerico che può forse garantire un effimero consenso nell’immediato, ma che a lungo termine rischia di erodere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nei media.

Oltre i numeri: il valore della sicurezza in Italia

In un Paese che si fregia di considerare la sicurezza una priorità, quanto sono adeguate queste retribuzioni? E soprattutto, quanto sono coerenti con i rischi e le responsabilità che questi uomini e donne si assumono quotidianamente?

Il caso degli aumenti “gonfiati” non è solo una questione di numeri. È il sintomo di un approccio alla gestione della cosa pubblica che privilegia l’effetto annuncio alla sostanza, la propaganda alla trasparenza. È un metodo che, alla lunga, rischia di alimentare il già diffuso scetticismo dei cittadini verso la politica, istituzioni e media.

In conclusione, mentre il governo si fregia di aver mantenuto le promesse, la realtà dei fatti racconta una storia diversa. Una storia fatta di aumenti modesti, che difficilmente incideranno in modo significativo sulla qualità della vita di chi li riceverà. Una storia che ci ricorda, ancora una volta, quanto sia importante guardare oltre i titoli ad effetto e i numeri in grande, per cercare la verità nei dettagli e nelle cifre più piccole. Perché è lì, in quei numeri apparentemente insignificanti, che si nasconde la vera misura dell’impegno di uno Stato verso i suoi servitori in divisa.

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