FORZE ARMATE E DI POLIZIA: LA MITICA SENTENZA 206/16 SUL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE
(Avv. Francesco Pandolfi) – Una sentenza così importante non può e non deve passare inosservata. Con alcuni gruppi di militari in tutta Italia stiamo avviando i lavori per una diffida congiunta, al fine di chiedere alla Commissione Europea il definitivo riconoscimento dei diritti sacri ed inviolabili della famiglia e della sua unità insistendo, in caso di accoglimento delle ragioni contenute nella denunzia, affinché apra una procedura d’infrazione contro lo Stato italiano per la modifica normativa favorevole per le famiglie. Di seguito è possibile visionare il testo della sentenza dell’avveduto Tar del Trentino Alto Adige, in una versione snellita e più sintetica per facilitare la lettura dei passaggi chiave ( i Magistrati sono: Presidente Vigotti, Consigliere Gabbricci, Consigliere Estensore Devigili). La sostanza di questa sentenza dimostra che c’è in atto un’evoluzione normativa favorevole al dipendente in materia di avvicinamento familiare, della tutela della genitorialità e della famiglia: per questo motivo è il momento per i Militari di far sentire la loro voce davanti le massime Autorità Europee, dove bisogna mettere in luce che la norma di settore va definitivamente completata ed aggiornata.
Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa TRENTINO ALTO ADIGE – Trento, Sezione 1, sentenza 14 aprile 2016, n. 206
Il ricorrente, carabiniere scelto attualmente in servizio presso la stazione di (omissis), ha impugnato – previa richiesta di sospensione – il provvedimento con cui il Comando generale dell’arma ha respinto l’istanza inoltrata per ottenere l’assegnazione temporanea, ex art. 42 bis del d.lgs. n. 151/2001, presso una sede di servizio ubicata nella provincia di Lecce o in una delle altre province pugliesi, al fine di consentire l’avvicinamento alla residenza della propria famiglia ed il ricongiungimento con la figlia minore, vieppiù considerati gli impegni di lavoro della coniuge e le gravi condizioni di salute della nonna convivente.
Questi i motivi del ricorso:
1. Violazione e falsa applicazione di legge (art. 42 bis d.lgs. n. 151/2001; art. 1493 d.lgs. 66/2010; artt. 30,31 e 32 Cost.). Difetto di istruttoria, di motivazione e di ponderazione dei contrapposti interessi. Genericità, contraddittorietà irrazionalità manifeste. Violazione dell’art. 3 della convenzione di New York sui diritti del fanciullo.
la Costituzione protegge la famiglia
Nel considerare genericamente prevalenti le supposte esigenze di organico e di servizio del reparto di appartenenza ed il preteso danno all’assetto organizzativo e funzionale, l’amministrazione avrebbe trascurato di ponderare adeguatamente tali profili con il preminente rilievo che le norme dedotte in titolo, poste a tutela di valori costituzionalmente garantiti quali la cura, istruzione ed educazione dei figli e la partecipazione alla vita familiare, assicurano ai dipendenti pubblici al fine di consentire il ricongiungimento con i figli minori fino a tre anni di età, vieppiù considerando la convenzione internazionale citata, ratificata con legge n. 176/1991, il cui articolo 3 stabilisce che in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza di istituzioni pubbliche e di autorità amministrative, l’interesse superiore del fanciullo debba rivestire una considerazione preminente.
2. Ulteriore violazione e falsa applicazione di legge (art. 42 bis d.lgs. n. 151/2001). Difetto di istruttoria e di motivazione sotto differente profilo.
Il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con la norma dedotta in titolo che, da un lato, imporrebbe all’amministrazione di comunicare la propria decisione entro il termine di trenta giorni e, dall’altro, ricondurrebbe la legittimità del diniego a casi o esigenze eccezionali.
3. Violazione di legge (art. 10 bis L. n. 241/1990). Violazione dei principi in materia di partecipazione ai procedimenti amministrativi. Difetto di istruttoria e di procedimento.
L’amministrazione avrebbe corrisposto in termini meramente formali alle osservazioni inviate dall’interessato nella fase procedimentale a seguito del preavviso di diniego, senza esaminare nel merito il contenuto delle stesse.
Nel conseguente giudizio si è costituito il Ministero della Difesa contestando la fondatezza dei motivi dedotti ed instando per il rigetto del ricorso.
Il Collegio ha preliminarmente disposto in via istruttoria, a carico dell’amministrazione militare, l’acquisizione dei dati relativi al numero dei militari in servizio presso la stazione di (omissis) e la dotazione prevista in organico, nonché di quelli inerenti l’eventuale scopertura dei posti vacanti presso la Legione carabinieri Puglia – compagnia di Lecce.
il ricorso è accolto
1. Il ricorso merita accoglimento, essendo fondato – con effetti assorbenti sulle ulteriori censure – il secondo motivo con il quale, come sopra visto, l’interessato contesta da un lato la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis del d.lgs. n. 151/2001 e dall’altro ildifetto di motivazione del provvedimento impugnato.
2. Invero, il comma 1 della disposizione citata stabilisce che “il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati entro trenta giorni dalla domanda e limitato a casi o esigenze eccezionali”.
il rigetto eventuale va ben motivato
3. Il Collegio osserva, per un primo profilo, che costituisce pacifico approdo della giurisprudenza amministrativa per un verso l’affermata applicazione di tale norma anche per il personale delle forze armate e delle forze di polizia, e per altro la necessità che l’eventuale provvedimento di rigetto debba essere congruamente motivato, trattandosi di disposizione volta a dare protezione a valori di rilievo costituzionale (Cons. di Stato, sez. IV, 14.5. 2015, n. 2426, e sez. VI, 21.5.2013, n. 2730).
4. Sotto un secondo profilo, va evidenziato che la locuzione finale dell’art. 42 bis, co. 1, del d.lgs. cit. (“e limitato a casi o esigenze eccezionali”) è stata aggiunta dall’art. 14, comma 7, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in vigore alla data del provvedimento di rigetto qui impugnato.
4.1. Orbene: ancorché tale aggiunta – così come inserita nell’ambito della norma in esame – non corrisponda esattamente ad esigenze di immediata chiarezza, pare fuori di dubbio che essa debba intendersi riferita al provvedimento di rigetto, sicché è a questo che va ricondotta la possibilità, appunto circoscritta a casi o esigenze eccezionali, per l’amministrazione di denegare legittimamente l’avvicinamento familiare richiesto dal dipendente.
obbligo di tutela dei dipendenti, anche militari
4.2. Peraltro non pare sussistere alcuna possibilità di procedere ad una diversa lettura della norma in esame, che altrimenti risulterebbe priva di significato, mentre la ragionevole interpretazione surriferita corrisponde all’evoluzione normativa e giurisprudenziale progressivamente affermatasi in materia al fine di tutelare l’ambito genitoriale e familiare dei dipendenti, pure appartenenti alle forze armate.
5. Ne consegue che, a seguito dell’introdotta modifica legislativa, la legittima possibilità per l’amministrazione di negare l’avvicinamento richiesto, qualora effettivamente giustificato dalla necessità di assistere i figli minori all’età di tre anni, non può essere ora semplicemente ricondotta alla scopertura dell’organico nella sede di servizio, nel caso di specie effettivamente sussistente: si deve viceversa riconoscere che, sia pur nel conservato quadro comparativo degli interessi in questione, la situazione del dipendente abbia acquisito una valenza preminente, degradabile – appunto – solo in presenza di casi od esigenze eccezionali, di cui l’amministrazione deve dar conto nella conduzione della fase istruttoria e nella motivazione del provvedimento.
6. Nella fattispecie in esame, il ricorrente ha dimostrato la propria situazione di genitore della figlia minore e l’impegno lavorativo della coniuge, oltre all’assenso manifestato dal Comandante della compagnia di Lecce, giustificato – come emerso dall’istruttoria disposta dal Collegio – dall’effettiva sussistenza nella sede di destinazione di posti vacanti nello stesso grado rivestito dal ricorrente.
7. La motivazione addotta dall’amministrazione per respingere la domanda di avvicinamento, basata sull’asserita preminenza della scopertura dell’organico presente nella sede di (omissis), si appalesa dunque del tutto carente ed insufficiente per legittimare l’operato diniego, attesa vieppiù la possibilità – espressamente riconosciuta dall’art. 42 bis d.lgs. cit. – di consentire l’avvicinamento familiare del dipendente anche in modo frazionato nel corso del periodo massimo triennale consentito dalla norma.
partecipa alla diffida europea
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