Carabinieri

Ferrovie e Carabinieri: un protocollo per la sicurezza, ma nessun passo verso la mobilità gratuita. La misura più logica resta fuori dai binari.


Un’intesa solenne, ma qualcosa non torna

Roma, 10 ottobre 2025 – L’Arma dei Carabinieri e il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane hanno firmato un nuovo Protocollo d’Intesa per la sicurezza e la legalità.
L’accordo, sottoscritto al Comando Generale dell’Arma dal Comandante Generale Gen. C.A. Salvatore Luongo e dall’AD di FS Stefano Antonio Donnarumma, promette di rafforzare la collaborazione per la tutela delle infrastrutture, la prevenzione delle infiltrazioni criminali e la diffusione della cultura della legalità.

Un passo importante, almeno sulla carta. Ma tra le righe di questo documento solenne manca un punto tanto semplice quanto determinante: un’apertura alla mobilità gratuita per le Forze di Polizia sui treni del Gruppo FS. Una misura che sarebbe di buon senso, oltre che di interesse diretto per la stessa azienda.


Il Protocollo: legalità su rotaia, ma la sicurezza resta tutta da verificare

Sulla carta, l’accordo prevede di prevenire infiltrazioni criminali e reati contro la pubblica amministrazione, vigilare su sicurezza nei cantieri, collocamento della manodopera e rispetto delle norme ambientali, e contrastare tutto ciò che possa mettere a rischio le persone o le infrastrutture ferroviarie.
A questo si aggiunge una parte “soft”: seminari, corsi di formazione e iniziative culturali per diffondere la cultura della legalità tra i dipendenti FS.
Un protocollo che promette molto — prevenzione, trasparenza, cooperazione istituzionale — ma che, al netto delle dichiarazioni d’intenti, non tocca i nodi più concreti, come la presenza effettiva delle forze dell’ordine sui treni o la mobilità gratuita per chi la sicurezza la garantisce davvero, ogni giorno.
Insomma, legalità in carrozza sì, ma col freno a mano tirato.

Un’occasione mancata che avrebbe garantito più sicurezza, non più costi

Oggi, la possibilità per Carabinieri e agenti di Polizia di viaggiare gratuitamente sui treni regionali o altri mezzi pubblici è realtà solo in poche regioni, tra le quali Lombardia e Sicilia, dove specifici accordi locali consentono la gratuità in cambio di una presenza attiva a bordo.
Altrove, nulla. Tutto dipende da fondi regionali, da stanziamenti discrezionali, e da accordi che Ferrovie dello Stato ritiene “congrui”.

Ma davvero la sicurezza a bordo deve dipendere dal bilancio di una Regione?
La domanda è inevitabile, soprattutto in un momento in cui gli episodi di aggressione al personale ferroviario – controllori, capi treno, addetti alla sicurezza – sono in costante aumento.

Garantire la mobilità gratuita alle Forze dell’Ordine non sarebbe un privilegio, ma un investimento in sicurezza diffusa, una presenza visibile e dissuasiva su treni e stazioni.
Eppure, nel protocollo appena firmato, pare che questa misura non compaia nemmeno tra le righe.


FS parla di legalità, ma dimentica la quotidianità dei suoi dipendenti

Le dichiarazioni ufficiali non mancano.
Il generale Luongo ha parlato di “valori comuni e sinergie operative”, mentre Donnarumma ha sottolineato come la collaborazione con l’Arma “rafforzi il presidio della legalità”.
Tutto vero, tutto condivisibile.
Ma per i lavoratori FS, la legalità è fatta anche di turni difficili, serate in stazione, controlli tra passeggeri ostili e viaggiatori alterati.

In quei momenti, la “sinergia” non è una parola, è una divisa presente sul treno.
E sapere che un Carabiniere può salire gratuitamente per raggiungere il servizio o tornare a casa, pronto a intervenire se serve, non è un costo per FS: è una garanzia per chi lavora.


La sicurezza non può essere a macchia di leopardo

Oggi la mobilità gratuita per le Forze di Polizia è un mosaico disomogeneo: c’è dove le Regioni hanno deciso di stanziare fondi, manca dove i bilanci sono stretti o dove nessuno ha voluto farsi carico della questione.
Un sistema senza logica nazionale, che lascia alla buona volontà locale la presenza o meno di un presidio di sicurezza a bordo.

Se Ferrovie dello Stato Italiane parla di sicurezza come di una priorità strategica, dovrebbe allora assumersi anche una responsabilità diretta: garantire la mobilità gratuita ai servitori dello Stato, bypassando le lentezze delle convenzioni regionali.
Non servono slogan, serve coerenza.


Legalità in prima classe, sicurezza in seconda?

La contraddizione è lampante: FS investe milioni in campagne per la sicurezza, protocolli, partnership e comunicazione istituzionale, ma evita il passo più concreto e utile – permettere alle Forze dell’Ordine di viaggiare liberamente.
Un Carabiniere a bordo non è un passeggero in più: è una deterrenza silenziosa, una tutela immediata per chi lavora e per chi viaggia.

Finché il tema resterà confinato alle Regioni e non diventerà una scelta nazionale, la sicurezza sui treni continuerà a essere questione di fortuna geografica: garantita in Lombardia, incerta altrove.


La legalità non viaggia a compartimenti stagni

Il protocollo firmato tra FS e l’Arma è senza dubbio un atto positivo, ma anche una mezza occasione persa.
La sicurezza, quella vera, non si costruisce solo con protocolli e parole, ma con decisioni concrete che incidano sulla realtà quotidiana di chi vive il treno.

Ferrovie dello Stato ha perso l’occasione di lanciare un segnale forte: aprire i propri convogli, gratuitamente, a chi ogni giorno difende cittadini e infrastrutture.
Una scelta che avrebbe avuto più valore di mille conferenze stampa, perché avrebbe unito la legalità proclamata a quella vissuta — ogni giorno, su ogni binario.


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