Ex giocatore di Basket Joseph Blair: “Fermato dalla polizia perchè sono nero”. Il questore: “un controllo di polizia come se ne fanno tanti e tutti i giorni”
“La polizia mi ha lasciato andare perché sono un ex giocatore di basket, ma se fossi stato solo una persona nera in giro per la città, cosa sarebbe successo? Cerchiamo di essere migliori come umani, dai”. Joseph Blair (ex Biella, Pesaro, Milano e oggi assistant coach dei Washington Wizard), è stato fermato dalla polizia a Pesaro, insieme ai suoi tre figli. Come racconta Blair su Instagram, la polizia ha chiesto i documenti solo ai due uomini di colore. “Ho dato loro la mia patente americana, perché ovviamente non porto con me il passaporto quando vengo ad asciugare i vestiti. Dopo il controllo mi hanno detto: ‘Ma tu sei l’ex giocatore, ti lasciamo andare’. E se non fossi stato un ex giocatore? Se fossi stato solo una persona di colore in giro per la città sarebbe stato un problema?”. Blair alla fine del video si augura che certe cose non accadano più. “Voglio crescere i miei figli in un mondo migliore”. Il riferimento è al recente caso del fermo di Bakayoko dalla polizia di MIlano.
La replica della Polizia
ll questore Raffaele Clemente, dopo il caso mediatico che ha scatenato il video postato sui social dal giocatore Joe Blair, ha rilasciato questa dichiarazione. “Mi rincresce che il coach abbia avuto questa percezione. E’ evidente che questa è frutto del suo vissuto e della della sua sensibilità. Io posso solo aggiungere, anche avendo sentito i miei uomini, che si è trattato di un controllo di polizia come se ne fanno tanti e tutti i giorni. Sono certo che da parte loro non vi sua stata neanche maleducazione, tanto meno pregiudizio. Anzi, proprio il fatto che a distanza di 20 anni il poliziotto si sia ricordato del suo ruolo di giocatore in questa città mi fa pensare ad un riconoscimento per il suo passato sportivo piuttosto che ad un atteggiamento pregiudiziale”. Secondo i poliziotti quando a Joe Blair sono stati chiesti i documenti, hanno ricevuto questa risposta: “Io sono americano…”. Cosa intendeva con questa frase? “Che forse non era uno che spacciava alla stazione…”.
Comunque anche il sindacato di polizia Silp Cgil ha inviato questa nota: “Caro Joe Blair, molto probabilmente hai cercato forse la notorietà che il campo non ti ha reso. Probabilmente per uno strano incrocio di destini e provenienza hai immaginato al momento del fermo che la polizia italiana potesse essere simile a quella americana. Errore. La polizia italiana è talmente avanti e porta come scorta errori del passato, che le permettono oggi di essere una polizia civile e democratica, e guarda che ti dico: a volte fin troppo. Evidenza ne sono i soprusi ed i feriti che molti lavoratori in divisa sono costretti a tollerare , per via di mille telecamere che riprendono ogni gesto, ogni parola, per racimolare like sui social. Dovresti raccontare “realmente” come sono andati i fatti, perché una verità parziale (e di comodo), esacerba gli animi e credici che di polemiche stupide e inutili riusciamo a crearcele da soli senza l’aiuto esterno. Il vero problema è forse che non ti avranno chiesto un selfie. Chi ti ha fermato ha anni alle spalle di esperienze in strada e ferite della magistratura cui (di tasca sua) ha saputo superare e curare, uscendone a testa alta. Caro Joe, ripeto e ti supplico: racconta tutta la verità di come sono andati i fatti. Qui non ci sono George Floyd ed il black live matter da noi non ha ragion di esistere per quanto è civile, garantista e democratica la nostra polizia. A Pesaro ancor di più. Quindi se proprio ci tieni, chiedi un incontro con i poliziotti fa una diretta instagram e chiarisci, racconta la verità. Credo che sarebbe apprezzata di più di questa boutade estiva di cui nessuno sentiva il bisogno”.