“È CACCIA ALLO SBIRRO”: SUL WEB IL WANTED DEI POLIZIOTTI
(di
“Repressione e movida: la polizia distrugge locali e bastona i clienti”. “Più lavoro, meno sbirri: la centralità del lavoro contro le favole di Borghesia, Stato e Vaticano”. Sono solo 2 dei titoli degli articoli che il sito di matrice comunista Caccia allo sbirro (carc.it) ha pubblicato contro le forze di polizia, accusate di “pestaggi, abusi e omicidi impuniti (da Cucchi ad Aldrovandi, per non parlare di chissà quanti immigrati senza documenti e tossicodipendenti pestati a sangue e morti ‘per cause naturali’ nelle patrie galere e donne da loro stuprate nelle caserme o nei Centri di Identificazione ed Espulsione”.Il periodico (che ha anche un pagina social), che era stato oscurato dalla polizia postale, ha ripreso a pubblicare a pieno regime. Per questo il Coordinamento per l’Indipendenza Sindacale delle Forze di Polizia (Coisp) ha chiesto, con una nota del segretario nazionale Domenico Pianese, di “chiudere il portale, identificare e perseguire subito questi criminali”, perché non bisogna sottovalutare “i rischi per la vita dei colleghi”. Pianese ritiene che i contenuti non possono essere considerati “bravata” o “farneticazione di qualche sciroccato”.
Il portale si presenta come un vero e proprio schedario che si propone di individuare, identificare e rintracciare uomini e donne in divisa per “mettere alla gogna gli agenti che imperversano contro le masse popolari”. Tra gli “sbirri che difendono i fasci”, questo si legge on line, vengono indicati poliziotti con nome e cognome, alla ricerca di ulteriori informazioni su di loro. L’obiettivo è chiaro: si chiede a chiunque abbia notizie sulla vita privata, sui luoghi che frequenta e persino sull’indirizzo privato dell’abitazione di indicare informazioni utili ad identificare l’obiettivo. Nella schermata si legge infatti di indicare “Corpo, unità, grado” del poliziotto, ed ancora la “zona operativa di competenza” e persino “l’abitazione in cui risiede attualmente”. Tra gli «sbirri» finiti all’indice c’è l’ex dirigente della Digos di Napoli Antonio Sbordone. Con tanto di foto pubblicata, compare anche un altro poliziotto della Digos.
E’ stato versato troppo sangue da appartenenti alle Forze dell’ordine “per prendere alla leggera fenomeni striscianti come questo: ci aspettiamo il massimo impegno e la massima attenzione contro questa vergognosa e criminale attività. Perché gli sforzi in difesa dell’incolumità dei poliziotti e delle loro famiglie non possono che essere pari ai sacrifici che essi compiono ogni giorno per il Paese”, ha concluso preoccupato Domenico Pianese.
In effetti, le accuse che il Portale porta contro gli agenti sono piuttosto dure. L’obiettivo che si pongono i redattori di carc.it sarebbe quello di “lottare contro gli abusi e torture da parte delle forze dell’ordine”. Una delle insinuazioni più pesanti è contenuta è quella con cui si dice che “il reato di tortura è inesistente nel codice penale italiano: altrimenti come facevano a coprirsi le spalle nel torturare ad esempio i compagni delle BR negli anni ’70?”.
Il riferimento alle Brigate Rosse è piuttosto evidente e preoccupante, ma sulle torture ci sarebbe una “ricca” documentazione nel libro “Il Proletariato non si è pentito” di Adriana Chiaia, spiegano i comunisti. I redattori di carc.it hanno anche sostenuto che le forze dell’ordine si sarebbero rese responsabili di “sequestri di persona svolti dalla CIA e dai servizi segreti italiani nel nostro paese”. Citano ad esempio il caso dell’Imam di Milano Abu Omar – nel quadro della “lotta al terrorismo islamico”, con annesse torture svolte poi in “paesi accondiscendenti” per estorcere informazioni. “Le carceri segrete della CIA in Europa” di Giulietto Chiesa fornirebbe “una ricca documentazione in merito”.
“Caccia allo sbirro” è un portale nato nel 2009 come blog. Ora è stato reimpostato su una piattaforma interattiva attraverso il sistema di copertura «Tor». L’home page si apre con un annuncio. «La polizia politica basa la sua forza anche sul fatto che i suoi agenti, infiltrati, spie e collaboratori non sono conosciuti alle masse popolari». Roba da Brigate Rosse. Quattro redattori nel 2013 furono assolti per insufficienza di prove al tribunale di Bologna: il Portale, anche allora, conteneva foto di poliziotti in servizio a Bologna, Milano, Bergamo e Napoli. (TISCALI NOTIZIE)