Diritti sindacali, legge alla Camera criticata dal Delegato Cocer Interforze . Girolamo Foti: “E’ improponibile, sembra la rinascita dei sindacati corporativi di ventennale memoria. Militari calpestati”
ROMA. I diritti dei sindacati militari al centro. La proposta di legge passata alla Camera dei deputati ha alzato un vero e proprio polverone, rispetto a cui il delegato Cocer, Girolamo Foti, ha preso posizione.
“Nell’aprile dello scorso anno, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 120/2018, ha finalmente cancellato l’anacronistico divieto di sindacalizzazione delle Forze Armate – si legge nel documento -. Ciò significa che i militari hanno vissuto, per settant’anni, in una condizione di incostituzionalità di fatto. Un riconoscimento epocale che, di fatti, ci mette in linea, in materia di diritti sindacali, con tutti i colleghi europei, sta per diventare una legge discordante con i principi costituzionali e democratici del cittadino ‘lavoratore’. I limiti consentiti nell’esercizio dei diritti sindacali dei militari dovrebbe essere il divieto di sciopero e la trattazione di argomenti di servizio attinenti all’operatività dei militari. A Roma sono andati oltre, entrando nell’organizzazione dei sindacali dal punto di vista amministrativo, imponendo limitazioni al numero degli iscritti. Praticamente basta un semplice provvedimento di stato per rimuovere un dirigente sindacale, Una legge orribilmente antidemocratica, a tutela dei diritti delle lavoratrici e lavoratori dei Militari, che in alcuni passaggi sembrano similari, se non simili, alla confederazione dei sindacati fascisti e corporativi del 1926. Sono fortemente preoccupato, non solo per il futuro delle lavoratrici e dei lavoratori militari, ma per il pericoloso precedente storico. Se la proposta dovesse trasformarsi in legge, verrebbe calpestata la nostra carta dei diritti. Non si può accettare che la competenza sulle controversie in materia di comportamento antisindacale sia stata devoluta al giudice amministrativo e non al naturale giudice del lavoro”.
Foti si sofferma sull’improponibilità di una legge secondo cui l’amministrazione controlla l’intera organizzazione del Sindacato: “Leggiamo che vengono posti incredibilmente limiti anche alla democratica scelta dei militari iscritti, i quali non potranno scegliere liberamente i propri rappresentanti. Un modello di Sindacato che ricorda quelli dell’epoca ventennale memoria, altro che legge epocale in tempi di democrazia moderna. Continua. Il Senato ponga rimedio a questo scempio e non macchi la legislatura con un’onta che ricadrebbe su tutta la comunità militare sia nazionale che europea”. I riferimenti che fa il delegato Cocer sono chiari: “La storia ci insegna che, nel 1926, fu costituita la ‘Confederazione generale fascista dell’industria italiana’ ai sensi della legge 3 aprile 1926, n. 563. Aveva sede in Roma e inquadrava, sotto di sé, le Federazioni nazionali di categoria, le quali rappresentavano i datori di lavoro e dei lavoratori di un ciascun settore (industrie estrattive, fibre tessili, legno, ecc.). Sul territorio si articolava in unioni provinciali. Nel 1934 fu denominata ‘Confederazione fascista degli industriali’. Con questa legge del 1926 venne, tra l’altro, realizzata l’istituzionalizzazione dei sindacati fascisti e legalizzato il loro monopolio per la rappresentanza dei lavoratori. Ciò andava a significare che le Corporazioni divennero organi controllati dall’amministrazione statale, con ‘funzioni di conciliazione, di coordinamento ed organizzazione della produzione e di riconciliazione attraverso i tribunali del lavoro in caso di controversie tra il datore e il lavoratore’. Dunque, leggendo il testo sulla legge dei sindacati militari, ci vengono in mente gli spettri del fascismo e delle sue corporazioni”.
Il delegato Foti chiosa: “Prendo le dovute distanze da certi delegati che, approfittando del momento, cercano di farsi promotori dell’attuale organismo di rappresentanza militare, spacciandolo per migliore di quello dei sindacati. E’ tutto falso, oltre ad essere una evidente opera di sciacallaggio. Ci vuole un reale sostegno alla legge sindacale per migliorarla, non per denigrarla. Farò tutto il possibile per convincere la politica a rivedere alcuni passaggi della legge sul sindacato corporativo dei Militari. La nostra amarezza più profonda è rivolta a coloro i quali hanno scritto il testo dimostrando una certa superficialità e leggerezza nei riguardi della nostra Costituzione e della storia della Repubblica italiana. Sono pronto a scrivere una lettera al Presidente della Repubblica, garante della nostra Costituzione. Tutti noi abbiamo l’obbligo morale di metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere le promesse di libertà e democrazia scritte nella nostra Costituzione, il loro senso di responsabilità. L’art. 52, a proposito delle forze armate, riporta ‘l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica’. Dietro a ogni articolo di questa costituzione, ci sono dei caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, defunti hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Mi sento calpestato nella dignità non solo da servitore dello stato ma soprattutto da cittadino della Repubblica italiana. Bastavano delle piccole limitazioni legittime come ‘il divieto di scioperare e il trattare argomenti attinenti al servizio, per il resto si poteva estendere a tutti i militari una legge equa a quella dei colleghi della Polizia di Stato in tema di diritti sindacali. Mi rivolgo a tutti i Senatori della Repubblica italiana: rivedete questa legge improponibile”.
Il delegato Cocer conclude offrendo nuovi spunti di riflessione: “Sono venuto a conoscenza di una lettera di biasimo nei riguardi di un sindacalista militare (dirigente regionale), che aveva espresso il desidero di parlare in privato per esprimere le sue idee sulla legge sindacale dei militari con una deputata della IV Commissione Difesa alla Camera in visita in una caserma militare. Un’ulteriore faccenda poco chiara che calpesta la dignità di coloro che si impegnano per i propri colleghi sottoposti ad una visione culturale obsoleta”.