Difesa europea, la sfida è partita: quali ostacoli superare e come finanziarla
L’invasione russa dell’Ucraina ha riacceso il dibattito sulla creazione di una difesa europea comune. Ma come finanziarla? Attualmente le spese per la difesa sono a carico dei bilanci nazionali, tramite le tasse e il debito pubblico emesso dagli Stati. Per rendere stabile una difesa europea, anche il suo finanziamento dovrebbe avvenire a livello centrale, tramite il bilancio UE.
Si discute di nuove “risorse proprie” europee per finanziare la difesa comune, che non andrebbero a gravare sui contribuenti nazionali. Tra le ipotesi, la tassa sulle transazioni finanziarie, sulle multinazionali digitali, sulle emissioni inquinanti, sulle importazioni extra-UE senza standard green e sulla plastica monouso. Inoltre, l’armonizzazione fiscale in Europa potrebbe generare 259 miliardi in più all’anno secondo la Commissione UE.
Per la fase di avvio, diversi modelli sono possibili. Ad esempio, si potrebbe mettere in comune il 20% dei bilanci nazionali per la difesa, come fatto per creare la BCE. Oppure prevedere, come proposto da Draghi, di concentrare a livello UE il 25% della spesa militare complessiva. Il precedente del Fondo Juncker, con contributi nazionali scorporati dal deficit, è un’altra opzione praticabile.
Anche emettere debito comune UE per finanziare progetti militari europei congiunti, sul modello del Next Generation EU, è una strada percorribile. La combinazione più efficace potrebbe essere: messa in comune di quota spesa nazionale, golden rule europea, e debito UE per una percentuale concordata.
L’importante, più che le risorse (l’Europa spende già 1,5% PIL, più della Russia), è coordinare e unificare. Spendere insieme e creare un’industria della difesa europea, per superare inefficienze e sprechi. La strada non è facile, ma è necessaria.
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