Guardia di Finanza

DARE IL GIUSTO RICONOSCIMENTO AL LAVORO DEL FINANZIERE. LA DIFESA DELLE RETRIBUZIONI E DELLE PENSIONI.

Pubblichiamo di seguito un documento del Co.Ce.R. della Guardia di Finanza che descrive il lavoro svolto e le difficoltà incontrate dai delegati dell’XI mandato.

Questo documento nasce dall’opportunità di informare il personale della Guardia di Finanza in ordine alle dinamiche che hanno portato al rinnovo, parziale, del contratto di lavoro relativo al triennio 2016-2018. L’occasione appare nondimeno opportuna per offrire una sintesi delle linee seguite nel corso di questo mandanto dalla Rappresentanza Militare della Guardia di Finanza nel suo complesso (Cocer, Coir e Cobar), al fine di tutelare la posizione retributiva e previdenziale dei rappresentati, dei quali il rinnovo contrattuale in questione è l’ultimo dei passaggi. La strategia degli Organismi di rappresentanza ha dovuto necessariamente adattarsi alla grave crisi che ha colpito il nostro Paese nel corso di questi anni e, quindi, è stata connotata da profili di profonda novità rispetto ad un passato nel quale il fisiologico fluire dei percorsi di carriera e della concertazione – il rinnovo biennale del contratto di lavoro consentiva, di fatto, un confronto ininterrotto con il Governo – permettevano ordinariamente la rivalutazione periodica delle retribuzioni e la garanzia dei trattamenti pensionistici.

Difficilissimo è stato il quadro di partenza con il quale l’XI mandato della Rappresentanza militare ha dovuto, invece, confrontarsi nell’anno 2012:

  • blocco della dinamica delle carriere;
  • blocco del rinnovo dei contratti di lavoro – peraltro non più biennali ma triennali;
  • blocco dei meccanismi di rivalutazione delle retribuzioni del personale non contrattualizzato;
  • blocco del turn over.
  • avvio dell’iter per l’adozione di riforme comportanti gravi penalizzazioni sul piano previdenziale (legge Fornero).

La priorità non era più quindi chiedere miglioramenti della posizione retributiva e previdenziale, bensì rimettere in moto gli ordinari processi di evoluzione delle retribuzioni, delle carriere e delle pensioni, evitando, nel contempo, l’adozione di nuove ed ulteriori misure penalizzanti. Il tutto nella prospettiva, non certo trascurabile, di garantire la funzionalità delle Amministrazioni, chiamate a fronteggiare fenomeni complessi – quali il terrorismo internazionale, i flussi migratori, le calamità naturali – che hanno richiesto un maggiore impegno rispetto all’ordinario. L’azione della Rappresentanza, inoltre, era resa difficile dalla chiusura delle previste sedi di confronto con il Governo, a cominciare dal tavolo presso il Dipartimento della Funzione Pubblica. Si è quindi dovuta immaginare una nuova strategia di relazioni con la Parte pubblica, al di fuori dei percorsi già conosciuti, che individuasse, con un ordine di priorità, le questioni da affrontare e risolvere, secondo un’impostazione realistica, mirante al conseguimento di concreti risultati compatibili con il quadro di finanza pubblica. In questa prospettiva si è, in primo luogo, riusciti – con iniziative incisive e non previste dalle normali relazioni, attesa l’avvenuta chiusura delle sedi preposte per legge al confronto – a congelare per il Comparto l’applicazione della “legge Fornero”, cosa che avrebbe determinato un consistente allungamento dell’età pensionabile, con pesanti riflessi sul personale e sull’efficienza dei servizi erogati ai cittadini. In particolare, la prospettiva era quella di andare in congedo non prima di 59 anni se non a fronte di forti penalizzazioni per ogni anno di uscita anticipata rispetto alla predetta età pensionabile.

La seconda questione affrontata con decisione e portata a conclusione positiva, dopo un serrato confronto con il Governo, è stato lo sblocco degli effetti economici delle carriere (promozioni e assegni di funzione). Il blocco delle carriere, come affermato per primi dalla Rappresentanza della Guardia di Finanza in Parlamento e successivamente comprovato dai dati ufficiali, penalizzava in modo particolare il personale del Comparto rispetto a tutto il resto del pubblico impiego, in ragione della specifica articolazione dei percorsi professionali degli appartenenti alle Forze di Polizia e alle Forze Armate. La terza priorità affrontata è stata quella relativa al blocco contrattuale. Al riguardo, è stato possibile ottenere un bonus di 80 euro mensili, non tassati e non sottoposti a prelievo contributivo (e pertanto non pensionabili) per tutto il personale del Comparto per gli anni 2016 e 2017. Tale misura aveva un valore del tutto eccezionale e transitorio e, pertanto, non poteva diventare strutturale. Del resto una misura avente carattere permanente, che avesse determinato uno sgravio contributivo e un’area di detassazione per una sola categoria di personale avrebbe potuto incorrere nel rischio di una declaratoria di incostituzionalità, in contrasto con il principio della capacità contributiva sancito dall’art. 53 della Costituzione. Inoltre, l’emolumento in parola, essendo del tutto neutro rispetto alla costruzione del montante contributivo, se da un lato produceva effetti positivi nell’immediato, andando ad aumentare il reddito disponibile, dall’altro avrebbe finito per danneggiare, nel lungo periodo, il personale, riducendo il futuro reddito da pensione.

La misura in questione, trovava fondamento giuridico nella specificità del personale del Comparto, e mirava a compensare il gravoso impegno sostenuto al fine di garantire la sicurezza interna ed esterna del Paese nell’arco di tempo considerato. In altri termini, il bonus ha costituito lo strumento attraverso il quale è stato possibile tutelare le retribuzioni del personale del Comparto nel biennio 2016- 2017, pur in costanza del blocco del rinnovo dei contratti di lavoro del pubblico impiego: una sorta di anticipo del rinnovo contrattuale da sommare alla già prevista vacanza contrattuale. Nel contempo si è sviluppato l’iter del disegno di legge delega di riforma della Pubblica Amministrazione (c.d. legge Madia), al cui interno erano state previste misure di riorganizzazione della struttura e dei compiti delle Forze di Polizia, nonchè la possibilità di procedere al riordino delle carriere, peraltro secondo un iter, atteso il carattere normativo e non concertativo del provvedimento, che non contemplava il formale coinvolgimento delle Organizzazioni Sindacali e delle Rappresentanze Militari. Nonostante quest’ultimo profilo, la Rappresentanza della Guardia di Finanza si è costantemente confrontata con il Comando Generale, nell’ambito dell’iter in questione, tantoche le linee scaturenti da questo confronto hanno finito per connotare il profilo del provvedimento.

In tale contesto, l’azione della Rappresentanza della Guardia di Finanza si è mossa secondo le seguenti impostazioni:


  • aumentare le possibilità di carriera del personale;
  • riconoscere sul piano giuridico la dignità del lavoro svolto attraverso l’elevazione dell’inquadramento giuridico della varie categorie, anche al fine di un corretto inquadramento comparativo rispetto al resto del pubblico impiego e con conseguente, necessaria, valorizzazione dei titoli di studio;
  • fare sì che parte dei risparmi attesi dalla riforma fossero ricondotti a favore del personale mediante un finanziamento aggiuntivo del riordino;
  • tutelare l’integrità del Corpo (evitando ipotesi che ne portassero allo scioglimento come avvenuto per il Corpo Forestale dello Stato);

Al riguardo, la Rappresentanza della Guardia di Finanza ha rifiutato:

  • nettamente la prima ipotesi di riordino che prevedeva un finanziamento insufficiente, consistente nelle risorse ordinariamente stanziate dalla legge n. 350 del 2003 (119 milioni su base annua), cui si sarebbero aggiunti altri 30 milioni circa in ragione dei risparmi di spesa ottenuti con la rimodulazione delle organizzazioni a seguito della riforma, il tutto per un totale di 150 milioni circa;

Altresì, rifiutava categoricamente un riordino, come sostenuto inizialmente anche da alcune Rappresentanze Militari, che prevedesse promozioni generalizzate, ma senza contenuto economico e la corresponsione di un concreto incremento retributivo solo ai gradi apicali. Successivamente, il Governo accoglieva l’impostazione sostenuta dalla Rappresentanza della Guardia di Finanza volta a:

  • strutturare, rendendole definitive e pensionabili, le risorse corrisposte in via temporanea con il “bonus 80 euro”, arrivando a uno stanziamento complessivo a regime di 970 milioni di euro;
  • redistribuire tali risorse secondo una nuova scala parametrale, in modo da attribuire a tutti gli appartenenti al Comparto i benefici economici derivanti dal riordino;
  • prevedere misure di detassazione che consentissero di tutelare maggiormente i redditi più bassi (non superiori a 28000 euro annui);
  • elevare l’inquadramento giuridico di tutto il personale, in modo da rendere equiordinata la posizione del personale del Comparto rispetto al resto del pubblico impiego, con conseguente, necessaria, valorizzazione dei titoli di studio;
  • prevedere nuove opportunità di carriera per tutte le categorie di personale. In definitiva, al termine dell’iter è stato approvato un testo di riordino, che riguarda oltre 400.000 addetti, appartenenti alle varie Amministrazioni, che svolgono funzioni diverse, con differenti inquadramenti di base, con diversi gradi di attuazione del precedente riordino (la Polizia di Stato aveva un netto ritardo nell’indizione dei concorsi interni per la copertura dei posti di Ispettore e Sovrintendente rispetto alla Guardia di Finanza e all’Arma dei Carabinieri) ecc.

E’ evidente che, data la complessità della materia e del contesto di riferimento, sussistono sicuramente possibili profili di miglioramento del testo normativo, che potranno essere adottati tramite i già previsti decreti correttivi.

  1. LA TORNATA CONTRATTUALE.

2.1 L’avvio della procedura negoziale e il confronto all’interno della Rappresentanza della Guardia di Finanza. Con sentenza n. 178 del 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del protrarsi del blocco contrattuale del pubblico impiego. Tale decisione giurisdizionale ha dato decisivo impulso alle procedure di rinnovo dei contratti dei lavoratori pubblici. In questo contesto deve essere letta la prima convocazione delle Rappresentanze del Comparto presso il Dipartimento della Funzione Pubblica avvenuta il 25 luglio 2017, nel cui ambito veniva preannunciato l’avvio della procedura. Seguiva una nuova convocazione il 22 dicembre 2017, nel cui contesto la parte pubblica preannunciava l’imminente avvio della fase negoziale con l’impiego delle risorse già concordate tra il Governo e i sindacati confederali del pubblico impiego, finalizzate ad ottenere un aumento medio, calcolato su tutta la platea dei pubblici dipendenti, di 85 euro lordi.

In tale contesto la Rappresentanza della Guardia di Finanza:

  • pur riconoscendo la valenza degli interlocutori, dichiarava di non sentirsi vincolata da un accordo che non l’aveva vista parte attiva;
  • stigmatizzava la mancata convocazione da parte del Governo in sede di presentazione del disegno di legge di bilancio, così come previsto dall’art. 8 bis del d.lgs. n. 195/1995;
  • richiedeva con forza l’appostamento di ulteriori risorse finanziare, attesa la non idoneità di quelle stanziate per fronteggiare gli innumerevoli problemi sul tappeto atteso il prolungarsi del blocco contrattuale.

Nelle more delle convocazioni, il Cocer dava corso alla consultazione dei COIR e dei COBAR, al termine dei quali si conveniva su una serie di punti, tra i quali i più rilevanti erano:

  • insufficienza dell’aumento di 85 euro medi lordi concertato dai sindacati confederali e dal Governo senza consultare le rappresentanze del comparto sicurezza e difesa;
  • necessità di destinare le poche risorse disponibili sul trattamento retributivo fisso – a partire dalle posizioni di base – al fine di recuperare quanto più possibile il potere d’acquisto eroso dal blocco;
  • esigenza di trovare ulteriori risorse per dare concretezza alla fino ad allora svuotata “specificità” e finanziare la retribuzione accessoria;
  • necessità di compensare la funzione di polizia economico-finanziaria ed il c.d. “cambio turno”;
  • adeguare la misura del lavoro straordinario senza erodere le risorse contrattuali;
  • dare concretezza al ruolo negoziale della Rappresentanza Militare alla luce delle nuove disposizioni in materia di specificità del Comparto.

2.2 Lo stanziamento di ulteriori risorse a favore del personale del Comparto. Nelle more, con emendamento alla legge di Bilancio per il 2018, il Parlamento stanziava ulteriori risorse, rispetto a quelle già appostate per il rinnovo contrattuale, a favore del personale del Comparto, in forza della sua specificità. La norma prevedeva l’emanazione di un successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per la ripartizione delle risorse fra il personale delle diverse Amministrazioni interessate (compresi i Vigili del Fuoco) e vincolava l’impiego delle stesse alle seguenti finalità:

  • pagamento del lavoro straordinario;
  • Fondo Efficienza per i Servizi Istituzionali (FESI);
  • Area negoziale della dirigenza. Lo stanziamento assentito è di 50 milioni di euro per il 2018, 100 mln. per il 2019 e 150 mln. per il 2020 e per i successivi esercizi.

2.3 Lo sviluppo delle trattative. L’attività negoziale è ripresa il l’11 gennaio e si è conclusa il 25 gennaio u.s., con la sottoscrizione di un accordo sulla parte economica fissa e continuativa e su alcuni limitati aspetti della retribuzione accessoria e dei profili normativi. Ulteriori questioni di carattere normativo e/o relativi al trattamento accessorio dovranno invece essere risolte in una seconda sessione negoziale, da chiudere entro il prossimo 31.12.2018. La sottoscrizione, decisione difficile, discende esclusivamente dall’esigenza di rendere effettivi ed immediati gli incrementi della retribuzione fissa, lasciando impregiudicata la ricerca di necessari miglioramenti per quella accessoria. A disposizione per il rinnovo contrattuale vi erano risorse atte a garantire un incremento delle retribuzioni del 3,48%, in linea con quanto concordato tra Governo e sindacati del pubblico impiego. Peraltro, essendo le retribuzioni del Comparto mediamente più alte di quelle del restante pubblico impiego, si è pervenuti a definire un incremento medio, lordo dipendente di 105 euro, in luogo degli 85 previsti come media generale del pubblico impiego.

La delegazione della Guardia di Finanza ha lavorato affinché, in linea con quanto concordato negli incontri con COIR e COBAR:

  • la maggioranza delle risorse stanziate per il rinnovo fosse destinata al trattamento fisso e continuativo, in modo da raggiungere tutto il personale (la scelta dell’accessorio avrebbe inevitabilmente finito per non portare benefici omogenei a tutto il personale);
  • le risorse aggiuntive del dpcm, relative alla specificità, fossero rese disponibili sul tavolo della concertazione e non impiegate con un provvedimento autonomo e completamente slegato dalle esigenze e dalle logiche contrattuali. In particolare, è stato richiesto di convogliare tutte le risorse della specificità sul FESI, evitando il finanziamento dello straordinario, che invece deve essere supportato da risorse messe direttamente a bilancio delle Amministrazioni per il pagamento di tale genere di lavoro. Tale scelta ha altresì consentito, attraverso l’impiego di diversi criteri di contabilizzazione, anche di limitare l’impatto della copertura da dare alla rivalutazione del costo dello straordinario in conseguenza del rinnovo contrattuale, liberando così un budget aggiuntivo, circa 15 milioni di euro, da destinare al finanziamento dell’accessorio;
  • nell’impiego delle risorse da destinare alla parte fissa e continuativa della retribuzione, fosse impiegato un mix equilibrato fra parametri e indennità mensile pensionabile (IMP), al fine di privilegiare le retribuzioni più basse;
  • data la totale inadeguatezza delle risorse disponibili anche per rivalutare la retribuzione accessoria, tale questione fosse rimandata ad una successiva sessione negoziale, da sviluppare con il Governo che scaturirà dalle prossime elezioni politiche, il quale, eventualmente, sarà in grado di assumere quei provvedimenti – non più assumibili dal Governo e dalle Camere in scadenza – necessari a finanziare tali voci. Nella parte finale della trattativa, poi, la Rappresentanza della Guardia di Finanza ha posto, quale questione pregiudiziale alla firma del contratto, la valorizzazione del ruolo della Rappresentanza Militare alla luce della norma sulla specificità. Tale sottolineatura risultava particolarmente necessaria – oltre che per l’impostazione da sempre seguita dagli Organi della Guardia di Finanza, sostenitori di una concertazione di Amministrazione finalizzata all’individuazione di profili da remunerare per l’incremento dell’efficienza dei servizi (c.d. secondo livello) – attesa la dinamica assunta dalla tornata contrattuale, che stava decentrando sul tavolo di confronto fra singole Amministrazioni e Rappresentanza, relativo alla definizione dei criteri di ripartizione del FESI, una parte importante di risorse. L’accogliemento della richiesta del Cocer GdF, condivisa e sostenuta anche dal Cocer Carabinieri, dal Cocer Esercito e dalle Organizzazioni sindacali, ha consentito di respingere una spinta contraria che si era invece manifestata sul tavolo della concertazione e quindi di pervenire ad un effettivo miglioramento della posizione negoziale.

Sulla base di quanto precede si è giunti a sottoscrivere l’ipotesi di accordo. A fronte delle richieste avanzate, infatti, la parte pubblica concordava nel:

  • destinare l’87,52% delle risorse stanziate per il rinnovo contrattuale al trattamento fisso e continuativo, ottimizzando il ricorso ai parametri e all’indennità mensile pensionabile, in modo da tutelare i redditi più bassi. Il restante 12,48% viene invece destinato al finanziamento del FESI e della parte normativa;
  • prevedere che l’indennità di vacanza contrattuale, sin qui corrisposta, si sommasse agli importi derivanti dal rinnovo senza essere dallo stesso riassorbita, come di norma sarebbe dovuto avvenire (si determinava per questa via un ulteriore incremento di 10 euro lordi mensili pro capite);
  • limitare l’impatto della rivalutazione del costo del lavoro straordinario, liberando risorse da destinare al finanziamento dell’accessorio;
  • porre sul tavolo contrattuale la gestione delle risorse della specificità, concordando di destinarle esclusivamente al finanziamento del FESI e dell’area negoziale della dirigenza, evitando di impiegarle per il finanziamento del lavoro straordinario;
  • rinviare la definizione complessiva della parte relativa al trattamento accessorio e agli aspetti normativi del contratto ad una seconda sessione da definire entro il 31.12.2018;
  • rafforzare il ruolo negoziale della Rappresentanza Militare per quel che riguarda la procedura di ripartizione del FESI.

I termini del contratto sottoscritto. L’accordo prevede dal gennaio 2018 la destinazione del dell’87,52% delle risorse al trattamento fisso. Il bilanciamento tra l’incremento della retrubuzione parametrale e dell’Indennità Mensile Pensionabile ha consentito di ridurre il divario tra le diverse posizioni reddituali. La restante quota di risorse del 12,48% è stata in parte utilizzata per adeguare la misura del lavoro straordinario ed in parte è destinata al trattamento accessorio (se la coda contrattuale non sarà chiusa entro l’anno tutte le risorse andranno sul F.E.S.I.). In questo senso è utile rappresentare che la rivalutazione della misura del lavoro straordinario è stata finanziata solo in minima parte (per 1/3) dalle risorse contrattuali. Per quanto invece attiene agli arretrati relativi agli anni 2016 e 2017 l’accordo prevede la corresponsione di una misura una tantum che varia da 500 a 600 euro lordi. Come accennato in precedenza la parte normativa potrà essere oggetto di una prossima sessione negoziale da chiudere entro il 31.12.2018; nell’immediato l’accordo sottoscritto prevede anche aspetti di natura normativa, tra i quali si segnalano:

  • la possibilità di godere del periodo di congedo parentale sino a 6 anni di vita del bambino, in luogo degli attuali 3;
  • la risoluzione dell’annosa problematica relativa alla difformità di applicazione del c.d. “trascinamento” nell’ambito del comparto sicurezza e difesa, che produceva un’irragionevole penalizzazione per il personale della Guardia di Finanza;
  • aumento dell’importo (sino a 5000,00 Euro) concedibile a titolo di anticipo per spese legali al personale sottoposto a procedimenti penali per fatti inerenti il servizio;
  • possibilità di fruizione della licenza ordinaria non fruita entro un anno e sei mesi dall’anno di maturazione. 8 In complesso, il rinnovo contrattuale determina gli aumenti di cui alla successiva tabella che si sommano a quelli determinati dal riordino che hanno rivalutato la scala parametrale per un importo complessivo che varia da circa 160 Euro a circa 260 Euro lordi, introducendo, altresì, la già richiamata agevolazione fiscale per i redditi fino a 28.000 euro.

 

CONCLUSIONI. Tutelare stipendi e pensioni in assenza del previsto sistema di relazioni sindacali fissato dal d.lgs. n. 195/1995, perché sospeso unilaterlmente dalla Parte governativa, questa è la sfida che i delegati della Rappresentanza dell’XI mandato e le Organizzazioni Sindacali del Comparto hanno dovuto affrontare. Come accennato in premessa si è dovuto ricorrere a una strategia flessibile, che ha fatto perno sull’impegno di molteplici strumenti (rafforzamento delle richieste direttamente indirizzate agli Organismi parlamentari e ai loro componenti, ricorsi giudiziari, confronti diretti con il Governo al di fuori delle sedi all’uopo previste, stretta interlocuzione con le Amministrazioni, selezione delle priorità da perseguire). In questo contesto, un fondamentale ruolo ha avuto il costante confronto fra l’Amministrazione della Guardia di Finanza e gli Organi della rappresentanza, confronto che ha visto la formulazione di proposte che poi hanno spesso preso corpo nei provvedimenti, normativi e di concertazione, nella prospettiva di assicurare la migliore tutela possibile ai diritti e agli interessi del personale. Se, da un lato, si può certamente affermare che il lavoro svolto ha profondamente cambiato la situazione iniziale di completo blocco di tutti gli istituti e meccanismi di valorizzazione delle persone, delle carriere, delle retribuzioni e del trattamento pensionistico, dall’altro non può non rilevarsi come i risultati conseguiti abbiano solo parzialmente apportato sollievo al grave stato di difficoltà ed incertezza in cui versano il personale e le loro famiglie.

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