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Dalle Auto ai Carri Armati: anche l’Italia si prepara alla riconversione Industriale

Un piano per il futuro dell’industria italiana

La crisi geopolitica e le difficoltà dell’industria automobilistica potrebbero trasformare l’auto in un cingolato. Il governo italiano sta valutando un piano per facilitare la conversione di una parte delle aziende del settore automobilistico verso la produzione di componentistica bellica. Un progetto promosso dalla premier Giorgia Meloni, che coinvolge i ministri dell’Economia, delle Imprese e della Difesa. Si tratta di un cambiamento epocale dal punto di vista economico e industriale, una trasformazione già discussa in passato, ma che ora sembra subire una forte accelerazione.

Nei colloqui riservati a Palazzo Chigi, il tema è stato affrontato anche in relazione al caso Stellantis, colosso dell’automotive sempre più sbilanciato su strategie globali che rischiano di penalizzare l’Italia. Il governo parte dalla constatazione che l’auto “non fa più status”, le vendite calano e le aziende italiane, spesso legate a forniture per l’industria tedesca, si trovano in sofferenza. Nel medio periodo, il rischio è un serio problema occupazionale.

La riconversione: un percorso graduale

L’esecutivo immagina un processo di riconversione industriale con un orizzonte di dieci anni. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha già avviato studi sul tema, consapevole però dei limiti di bilancio: un aumento dell’investimento italiano nella difesa fino al 2,5% del PIL potrebbe avere un impatto rilevante sul debito pubblico.

Si tratta di un passaggio delicato anche sotto il profilo culturale. L’Italia non ha una forte tradizione industriale nel settore della difesa, a differenza di paesi come la Germania. Tuttavia, il contesto internazionale sta cambiando e il governo si trova di fronte alla necessità di prendere decisioni strategiche per non perdere la filiera produttiva.

Il modello tedesco e l’espansione del comparto bellico

La Germania ha già avviato un processo di riconversione industriale, con un piano da 200 miliardi di euro destinato alla difesa. Il colosso tedesco Rheinmetall, ad esempio, ha annunciato la trasformazione delle fabbriche di Berlino e Neuss in poli ibridi per la produzione militare. Oltre alla produzione di munizioni, il gruppo sta spostando risorse dallo sviluppo di componentistica per auto alla meccanica militare.

Un caso simile riguarda Knds Deutschland, che ha acquisito uno stabilimento ferroviario a Görlitz, di proprietà Alstom, per convertirlo alla produzione di veicoli corazzati come i Leopard II e i semoventi Rch155. Anche l’industria britannica sta seguendo la stessa strada, con una crescente importazione di tecnologie militari dall’Ucraina, soprattutto nel settore dei droni.

L’industria italiana tra sfide e opportunità

In Italia, la trasformazione è già in atto. La joint venture tra Leonardo e Rheinmetall per la produzione di mezzi corazzati rappresenta un primo segnale. Anche Iveco Defense sta potenziando le sue attività nel comparto bellico. Secondo fonti industriali, persino Ferrari starebbe valutando collaborazioni con aziende del settore militare.

Un rapporto del Senato italiano evidenzia come ogni euro investito nel settore della difesa generi 1,6 euro di valore aggiunto, il 71% in più rispetto alla media nazionale. Questo dimostra che una riconversione mirata potrebbe avere ricadute positive sull’economia.

Le incognite politiche e il ruolo dell’Europa

La premier Meloni è consapevole delle implicazioni politiche di questa trasformazione. L’assenza di una “cultura della difesa”, più volte citata dal ministro Guido Crosetto, potrebbe rendere difficile l’accettazione di un piano di riconversione industriale orientato alla difesa. Tuttavia, il mutamento degli equilibri geopolitici impone scelte strategiche.

L’Europa della Difesa è ancora un progetto in evoluzione. Il Fondo Europeo per la Difesa (EDF), nato per rafforzare l’industria bellica continentale, dispone di risorse limitate: tra il 2021 e il 2027, il budget è di 8,3 miliardi di euro, di cui solo 2,7 miliardi destinati alla ricerca.

In un contesto in cui la Germania accelera e gli Stati Uniti potrebbero ridimensionare il loro impegno nella NATO, l’Italia deve decidere se seguire il trend della riconversione industriale o rischiare di restare indietro.

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