CORRUZIONE ED INFORMAZIONI RISERVATE DAI SERVIZI: IL GENERALE ESPOSITO PUNTO DI PARTENZA DELLA FILIERA
Nell’ambito dell’inchiesta Double face che ha portato ai domiciliari l’ex presidente di Sicindustria Antonio Calogero Montante, sono indagati e agli arresti domiciliari anche il colonnello dei Carabinieri Giuseppe D’Agata, ex capocentro della Dia di Palermo tornato all’Arma dopo un periodo nei servizi segreti, Diego Di Simone, ex sostituto commissario della squadra mobile di Palermo, Marco De Angelis, sostituto commissario prima alla questura di Palermo poi alla prefettura di Milano, Ettore Orfanello, ex comandante del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza a Palermo, e Massimo Romano che gestisce la catena Mizzica – Carrefour Sicilia, con oltre 80 punti vendita nella regione. Il sesto provvedimento riguarda Giuseppe Graceffa, vice sovrintendente della Polizia in servizio a Palermo, sospeso dal servizio per un anno.
Con diversi ruoli, secondo l’accusa, gli indagati avrebbero fatto parte di una rete ”protettiva” di spionaggio a favore di Montante. Massimo Romano venne indagato per corruzione nell’ambito di una verifica fiscale, andata a buon fine per l’imprenditore, e con lui nell’inchiesta finì anche il maggiore Orfanello. Romano era nel team della legalità di Sicindustria ed è stato presidente Confidi dei Caltanissetta. Tutti gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e di accesso abusivo a sistema informatico.
In totale sono 22 le persone finite sotto inchiesta. Un elenco nel quale figurano nomi eccellenti: tra gli indagati ci sono l’ex presidente del Senato Renato Schifani, l’ex generale Arturo Esposito, ex direttore del servizio segreto civile (Aisi), Andrea Cavacece, capo reparto dell’Aisi, Andrea Grassi, ex dirigente della prima divisione del Servizio centrale operativo della polizia, Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di finanza di Caltanissetta e poi capocentro della Dia nissena, e Mario Sanfilippo, ex ufficiale della polizia tributaria di Caltanissetta.
L’ex capo dell’Aisi viene definito nell’ordinanza come il «punto di partenza della filiera» che ha informato il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, all’epoca dei fatti all’Aisi, di essere indagato da parte della Dda di Caltanissetta. Il documento dà conto di «consolidati rapporti» tra Montante e Esposito, così come anche con il predecessore di Esposito all’Aisi, il generale Giorgio Piccirillo. D’Agata e Montante sono stati, secondo il gip, destinatari di notizie riservate acquisite dall’Aisi per ostacolare le indagini.
Nelle conversazioni telefoniche intercettate tra D’Agata e la moglie Rosaria Battiato non si nomina direttamente il generale, ma lo si indica come «iddru» (lui, in dialetto siciliano) o «il numero uno della ditta». Si riporta inoltre che Esposito il 21 gennaio 2016 era stato a Palermo «per attingere con ragionevole certezza ulteriori informazioni in merito alle indagini in corso sul D’Agata».
Che poi il colonnello fosse indagato, il generale non lo ha riferito direttamente a D’Agata, ma gli ha fatto avere la notizia attraverso «un tortuoso giro». Rosaria Battiato, in una telefonata, sostiene che il generale si stesse dando da fare in favore del marito «per evitare che questi “accappottasse!” e, di conseguenza, facesse “accappottare” anche lui».
«No, picchì – dice la donna – iddru dici si chistu accapottta mi fa accappottare a mia». L’ordinanza evidenzia anche come D’Anna sia transitato dai carabinieri all’Aisi proprio attraverso la raccomandazione di Montante.
Il generale, spiega il gip, era prontamente ragguagliato da tutto ciò che veniva detto dall’ex dirigente dello Sco, Andrea Grassi al capo di reparto del’Aisi Andrea Cavacece in merito alle indagini su Montante e si è attivato «in maniera costante e nel corso del tempo, per porre in essere condotte per ostacolarle anche in funzione dei propri interessi».
Ma come faceva il generale Esposito a conoscere l’andamento delle indagini a Caltanissetta? Per capirlo serve fare un passo indietro. La squadra mobile nissena è obbligata a comunicare allo Sco di Roma (il Servizio centrale operativo della polizia) eventuali indagini di criminalità organizzata. Succede anche per quella che riguarda Montante, inizialmente indagato per concorso esterno alla mafia, visti i suoi rapporti con Paolo e Vincenzo Arnone, boss di Serradifalco, suo paese di origine. Ma quelle informazioni sarebbero state girate ai servizi segreti da un dirigente dello Sco, Andrea Grassi (indagato in questa inchiesta). Circostanza che si sarebbe verificata in almeno due casi: la prima volta, a febbraio del 2015, a ricevere la comunicazione segreta è Andrea Cavacece (capo del contro spionaggio dell’Aisi), che poi l’avrebbe passata a D’Agata e quindi a Montante. Nel secondo caso, a dicembre del 2015, quando la Dda di Caltanissetta comunica le perquisizioni, la notizia arriva direttamente al generale Esposito, che per prima cosa prova ad approfondire la vicenda, sfruttando i buoni rapporti di uno dei suoi uomini con l’ex questore di Caltanissetta, Bruno Megale. Dall’incontro tra i due, avvenuto il 25 gennaio del 2016, i vertici dell’Aisi ne escono più confusi che persuasi. Il questore Megale, annotano gli inquirenti, dà prova di correttezza e respinge al mittente la richiesta di informazioni. Ma quella mancata rassicurazione fa scattare l’allarme rosso.