Condannato finanziere che minacciò la vigilessa: “Fai la brava o parlo con il tuo comandante”
(di Avv. Umberto Lanzo) – La Corte di Cassazione ha posto fine alla vicenda giudiziaria che ha visto protagonista un finanziere di 44 anni, condannato in via definitiva a 6 mesi di reclusione per aver minacciato una vigilessa durante un normale controllo stradale.
Il controllo stradale e le minacce
I fatti risalgono a diversi mesi fa, quando la donna, un sottufficiale della polizia municipale in servizio a Nardò, fermò il militare poiché l’autovelox aveva rilevato un eccesso di velocità. Stando alla ricostruzione, l’uomo si rifiutò di consegnare i documenti e pronunciò frasi intimidatorie: “I documenti non te li do, dai fai la brava” e “Io quando fermo i colleghi non mi comporto così, comunque avrò modo di parlare con il vostro comandante”.
La simulazione del malore
Un atteggiamento ritenuto una vera e propria minaccia a pubblico ufficiale, anche perché – come dichiarato dalla vigilessa – il finanziere avrebbe poi simulato un malore nel tentativo di evitare la multa, costringendo inutilmente l’intervento di un’ambulanza.
Il processo e le condanne
Ne seguì un processo culminato nei giorni scorsi con la sentenza definitiva della Cassazione, che ha dichiarato “inammissibile il ricorso” presentato dalla difesa del militare, confermando così la condanna a 6 mesi comminata nei precedenti gradi di giudizio.
La sentenza definitiva
Nelle motivazioni, la Suprema Corte ha spiegato che le parole pronunciate dall’uomo avevano un intento chiaramente intimidatorio e minatorio, volto a condizionare l’operato della vigilessa durante l’esercizio delle sue funzioni.
“L’evocazione da parte dell’imputato del ricorso al comandante del Corpo di appartenenza del pubblico ufficiale operante – si legge nella sentenza – non potesse avere altro significato che quello di paventargli dei problemi sul lavoro”.
Per i giudici, insomma, l’atteggiamento tenuto era “diretto a condizionarne l’operato”, tant’è che l’uomo, di fronte all'”intransigenza” della vigilessa, finse persino un malore pur di evitare la multa.
A nulla sono valsi i tentativi della difesa di sminuire le frasi intimidatorie, bollandole come scherzose o confidenziali. La Corte ha sottolineato come si sia trattato di “un comportamento inaccettabile da parte di un appartenente alle forze dell’ordine”, condannando il militare anche a pagare 3mila euro alla Cassa delle Ammende e a rifondere le spese legali sostenute dalla donna, costituitasi parte civile.
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