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CASO CUCCHI TRENTA: “VI ASSICURO CHE PAGHERANNO”. GIOVANARDI, CHIEDERE SCUSA? SI ALLE GUARDIE PENITENZIARIE ASSOLTE

“Caso Cucchi, sorella e parenti sono i benvenuti al Viminale”. E’ quanto ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, commentando la clamorosa svolta al processo per la morte di Stefano Cucchi. “Eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa – ha aggiunto Salvini – devono essere puniti con la massima severità, ma questo non può mettere in discussione la professionalità e l’eroismo quotidiano di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi delle forze dell’ordine”.

“Quanto accaduto a Stefano Cucchi era inaccettabile allora e lo è ancor di più oggi, che sono emersi nuovi elementi scioccanti”. Ha commentato, invece, il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta. “Mi auguro – ha aggiunto l’esponente del Governo – che la giustizia faccia al più presto il suo corso e definisca le singole responsabilità. Chi si è macchiato di questo reato pagherà, ve lo assicuro. Lo voglio io, lo vuole questo governo e lo vuole tutta l’Arma dei Carabinieri, che merita rispetto. Ho la massima fiducia verso il Comando Generale e sono vicino alla famiglia di Stefano, ai suoi amici e ai suoi cari. Abbraccio tutti – ha concluso Trenta – con grande affetto”.

Ora, dopo che un carabiniere ha accusato due suoi colleghi del pestaggio, Giovanardi ha commentato così: «Vedremo nel corso del processo se le botte dei carabinieri sono state causa della morte». Lui di certo non ha mostrato l’intenzione di chiedere perdono a nessuno: «Non mi vergogno di nulla, le perizie hanno sempre escluso la morte per percosse, prendetevela con loro». Anzi, poi ha incalzato: «Bisogna chiedere scusa alle guardie penitenziarie assolte dopo 6 anni di calvario. Dissi che le guardie carcerarie erano vittime come Cucchi». Quindi le solite tesi sugli stupefacenti: «Tutte le perizie dicono che la prima causa di morte di Cucchi è stata la droga. Volevano intitolargli una strada, ma non è un benemerito del Paese. Prima di condannare i carabinieri facciamo finire i processi, poi eventualmente paghino…».

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