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Carabinieri Forestali, ex obiettori di coscienza e riformati alla leva ora in posizioni di rilievo nell’Arma?

L’integrazione del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri continua a sollevare domande e dubbi. Circolano voci, ovviamente non confermate, ma insistenti sui social, che pongono interrogativi sulla coerenza tra il passato di alcuni funzionari e il loro ruolo attuale. In particolare, si fanno strada rumors riguardanti ex appartenenti al Corpo Forestale dello Stato, ora integrati nell’Arma dei Carabinieri in seguito alla riforma del 2016.

Voci insistenti: quando il passato incontra il presente

Tra questi, un post sui social di Assomil, l’Associazione Sindacale Militari, che seppur dello scorso gennaio, lascia accesi i riflettori su una situazione che, se confermata, avrebbe del paradossale.

Immaginate un obiettore di coscienza che oggi comanda reparti armati, o un ex riformato alla leva che ora riveste gradi di prestigio in una forza armata. Fantasia? Non secondo Assomil, che nel post ha sollevato il velo su queste presunte incongruenze, puntando il dito in particolare verso ex appartenenti al Corpo Forestale dello Stato, ora integrati nell’Arma dei Carabinieri.

Dall’obiezione di coscienza al comando: un paradosso moderno

L’obiezione di coscienza, riconosciuta in Italia nel 1972 grazie alle pressioni dell’opinione pubblica e dei movimenti pacifisti, rappresenta un classico caso di conflitto tra gli obblighi imposti dallo Stato e i principi morali individuali. Questa normativa permise a molti giovani di optare per un servizio civile alternativo, rifiutando l’uso delle armi per motivi etici, religiosi o ideologici. L’obiezione di coscienza aveva creato un ponte tra doveri civili e principi morali, offrendo il servizio civile come alternativa. Oggi, paradossalmente, chi ha attraversato quel ponte potrebbe trovarsi dall’altra parte della barricata.

Assomil: militarizzazione coatta e scenari inquietanti

“La verità emerge sempre”, tuona Assomil nel suo post, denunciando quelle che definisce “menzogne” propinate durante la controversa militarizzazione del Corpo Forestale. L’associazione sindacale evoca scenari da “regimi totalitari”, parlando di una “militarizzazione coatta” che avrebbe portato a situazioni al limite del credibile.

E’ davvero possibile che durante il processo di militarizzazione, alcune tematiche delicate riguardanti il background del personale in transito non siano state affrontate in modo esaustivo? La possibilità che, tra le migliaia di ex forestali, vi siano figure che in passato non possedevano i requisiti di idoneità richiesti da una Forza Armata o che avevano optato per l’obiezione di coscienza durante il periodo della leva obbligatoria è altamente probabile nonché evidentemente legittimo se la legge non aveva previsto di salvaguardare le volontà originariamente espresse dai forestali.

Questioni di idoneità

Ma cosa succederebbe se queste voci trovassero conferma? Come reagirebbero i militari di carriera nel vedere al comando chi un tempo rifiutò (per legittime ragioni) la divisa? E in caso di crisi, sarebbero queste figure all’altezza di guidare operazioni delicate? Allo stesso modo, potrebbe un ex riformato alla leva per inidoneità essere la figura più adatta per ruoli operativi di primo piano?

Dettagli amministrativi vs. questioni sostanziali: le priorità dell’Arma in discussione

L’Arma dei Carabinieri sembra muoversi con zelo certosino su dettagli come il trasferimento d’autorità di chi presti servizio nella sede d’arruolamento, mentre potrebbe aver sorvolato su questioni ben più sostanziali: come è possibile che l’istituzione che veglia sulla sicurezza nazionale abbia potuto trascurare, nella fusione con il Corpo Forestale, l’eventuale presenza di ex obiettori di coscienza o riformati alla leva tra i suoi nuovi ranghi? E soprattutto ne abbia salvaguardato le originarie e preminenti volontà accentuando il conflitto interiore di chi aveva in passato obiettato l’ingresso nelle Forze Armate.

Oppure durante il transito, l’Arma ha mai considerato che chi un tempo fu giudicato inadatto alla leva oggi si potrebbe ritrovare a fronteggiare le stesse sfide fisiche che ne causarono l’esclusione, ma questa volta con le stellette sulle spalle e probabilmente in alcuni casi, la responsabilità di più carabinieri.

In attesa del verdetto: la Corte Europea e il futuro dell’integrazione

Il dibattito si infiamma, mentre si attende il verdetto della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulla vicenda della militarizzazione del Corpo Forestale. Assomil non usa mezzi termini: “Chiamassero quegli ‘ufficiali’ che hanno svenduto la pelle altrui per carriere sin troppo semplici”, si legge nel post, che evoca anche possibili indennizzi per chi ha “lottato sino all’ultimo per combattere la violenza subita”.

Etica e pratica: le implicazioni per la sicurezza nazionale

In un’epoca in cui si discute di possibili chiamate alle armi in caso di emergenza, queste presunte contraddizioni assumono un peso ancora maggiore. Come conciliare il sacro dovere della difesa della Patria, sancito dalla Costituzione, con un passato di obiezione o inidoneità?

La vicenda va ben oltre le mura delle caserme, toccando temi etici e pratici. Può un sistema basato sulla disciplina e la gerarchia avere al suo vertice figure con un passato così distante dalle forze armate? E soprattutto, quale messaggio si invia a chi ha sempre creduto nei valori militari?

Mentre il Ministero della Difesa tace, l’opinione pubblica e i carabinieri si interrogano. Una cosa è certa: in un momento storico delicato come quello attuale, la credibilità e la coerenza delle forze armate non sono mai state così importanti.

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