Carabiniere rimpatriato dal Kosovo per una macchina sporca, il Tar annulla il provvedimento
Una storia a dir poco assurda quella che vede protagonista un militare dell’Arma dei Carabinieri, responsabile della seconda squadra carabinieri e polizia militare internazionale Kfor in Kosovo.
Il carabiniere altamente specializzato per le sue mansioni, è stato rimpatriato con oltre due mesi di anticipo, a causa di alcuni addebiti che, in realtà, non riguardavano lui ma altre persone mai tirate in causa.
A renderlo noto è la segreteria nazionale del Nuovo Sindacato Carabinieri (NSC).
Il militare è stato rimpatriato dal Reggimento di MSU di Pristina, nonostante da questo reggimento dipendesse solo dal punto di vista amministrativo e non gerarchico, per un motivo decisamente assurdo: un mezzo “sporco” e mancanza di ordine di servizio al seguito della pattuglia.
Il rimpatrio è avvenuto a soli 4 giorni dalla notifica, senza che il carabiniere potesse quantomeno provare a difendersi. Nel mentre, il comando internazionale da cui dipendeva gerarchicamente, ne elogiava il lavoro svolto all’estero, lavoro che da quel momento sarebbe stato svolto da personale in sostituzione senza le necessarie competenze.
Una vicenda decisamente contorta che è stata però ristabilita dinanzi al Tar, grazie all’eccellente difesa dell’avvocato Danilo Argeri che ha ottenuto l’annullamento del provvedimento e la corresponsione dell’indennità di missione non percepite dal militare nei due mesi in cui non ha potuto svolgere servizio. Tra l’altro, l’avvocato Argeri nelle memorie depositate in sede di udienza, ha fatto presente come il provvedimento di rimpatrio fosse illegittimo, poiché emesso da un comando che non aveva il controllo gerarchico sul militare.
Tutte tesi accolte dal Tribunale Amministrativo che ha liquidato anche le spese legali, nella misura di 4mila euro, in favore del militare.
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