Capitano dei carabinieri punito per una discussione su Facebook, il TAR comportamento grave e scortese
Il ricorrente, Capitano dell’Arma dei Carabinieri che riveste la posizione di Comandante della Compagnia Carabinieri in una cittadina emiliana ha chiesto l’annullamento della decisione con il quale il Comando Legione Carabinieri “Emilia Romagna” ha respinto il ricorso gerarchico avverso il provvedimento con il quale il Comando Provinciale CC. di Modena gli aveva comminato la sanzione disciplinare di un giorno di consegna e avverso il successivo provvedimento recante la convalida di detta sanzione.
LA TESI DEL RICORRENTE
A dire del ricorrente, il suo intervento sulla piattaforma social “facebook” è stato completamente decontestualizzato dall’Amministrazione procedente, non avendo essa in alcun modo considerato l’intento goliardico e la concretezza delle risposte che vengono rilasciate sui social, la cui caratteristica è quella di consentire di esprimere un concetto o una opinione nelle modalità dirette ed immediate tipiche delle comunicazioni telematiche. Il ricorrente – contrariamente a quanto erroneamente ritiene l’Amministrazione – non ha certamente inteso offendere alcuno con il proprio intervento su “facebook”, posto che l’unica frase che gli viene contestata in sede disciplinare, pur essendo effettivamente passibile di diverse interpretazioni e di diversi significati, in realtà, anche a seguito delle giustificazioni prodotte dal ricorrente e in relazione ai messaggi pervenutigli dalla persona interessata, presunta offesa, è stata chiaramente delimitata e meglio individuata nel senso di escluderne il carattere offensivo, in quanto effettuata con spirito goliardico.
LA DECISIONE DEL TAR
Il Collegio ritiene che il provvedimento impugnato sia congruamente motivato, in quanto l’Amministrazione Militare ha correttamente estrinsecato le ragioni sulla base delle quali il ricorrente è stato sottoposto a procedimento disciplinare e gli è stata irrogata la sanzione disciplinare.
Il comportamento contestato all’Ufficiale dei Carabinieri quale disciplinarmente rilevante, trae origine da un dialogo telematico avvenuto tra questi e un’altra persona utente del social network “facebook”; dialogo in cui quest’ultima ha criticato, peraltro con ragione ed esprimendosi in termini e modi civili ed educati, alcune immagini divulgate sul sito “facebook” dall’odierno ricorrente. Una di tali fotografie ritraeva il medesimo – Comandante della Compagnia Carabinieri di una cittadina emiliana e riconoscibile come tale nelle immagini – mentre era insieme ad altri colleghi della stessa Compagnia CC. in abiti borghesi, senza indossare il Dispositivo di Protezione Individuale (mascherina a coprire naso e bocca) e senza nemmeno rispettare il distanziamento sociale disposto ex lege, visto che tale episodio è avvenuto in pieno periodo di espansione dell’epidemia da COVID-19 in Italia e dopo l’entrata in vigore della relativa normativa emergenziale. A tale giusta critica rivoltagli dall’utente del social network rispondeva l’odierno ricorrente sempre sul suo sito “facebook” con la frase: –“Cara signora le suggerisco di scaricare l’app. – vedi che ortaggio sei -; la troverà forse più interessante dei miei post ma certamente più confacente alle sue capacità intellettive”.
I giudici hanno ritenuto che tale fatto, dovendo lo stesso necessariamente essere valutato e contestualizzato nel ben più ampio, grave e luttuoso ambito del periodo di emergenza sanitaria e sociale vissuto dal Paese a causa del diffondersi dell’epidemia da COVID – 19, denota quanto meno un comportamento del ricorrente gravemente negligente, superficiale e oggettivamente scortese nei confronti di un’utente “facebook”, che, oltretutto, con piena ragione, ne aveva criticato la condotta in quanto tenuta in palese violazione della normativa emergenziale entrata in vigore a seguito del diffondersi dell’epidemia da COVID 19. Tale comportamento, in quanto riferito al Comandante di Compagnia Carabinieri di una città dell’Emilia – Romagna, riconoscibile come tale nelle immagini dal medesimo “postate” sul suo profilo “facebook”, risulta ancor più grave in quanto posto in essere da un Ufficiale dei Carabinieri che, in via dello status ricoperto, per primo avrebbe dovuto dare l’esempio alla cittadinanza di rispettare la suddetta normativa emergenziale.
Il comportamento tenuto dal ricorrente nell’occasione risulta pertanto – concludono i giudici – oggettivamente non consono al suo status di appartenente all’Arma, risultando altresì pregiudizievole sia per il prestigio personale dello stesso Ufficiale sia per il prestigio dell’Arma dei Carabinieri.