Capitano dei Carabinieri condannato per “rivelazione di segreti d’ufficio” impugna la promozione al grado di Maggiore. Consiglio di Stato condanna l’Arma
Oggi il team legale di Infodifesa riporta una sentenza riguardante un capitano dell’Arma dei Carabinieri, condannato a 2 mesi e 20 giorni di reclusione per il reato di “rivelazione di segreti d’ufficio” dalla Corte di Appello nel 2013.
Il Procedimento disciplinare
Il capitano fu sottoposto nel 2014 a procedimento disciplinare, conclusosi con l’irrogazione della sanzione di corpo della consegna di rigore per due giorni. Con determinazione del 27 agosto 2015 il ricorrente è stato incluso nell’elenco degli Ufficiali promossi al grado di Maggiore.
Ha quindi impugnato dinanzi al T.A.R. quest’ultimo provvedimento nella parte in cui non ha disposto la decorrenza retroattiva all’1.9.2012.
La sentenza del TAR
L’adito T.A.R. ha rigettato il ricorso non ritenendo applicabile il disposto del comma 2 dell’art. 1085 del D.Lgs. n. 66 del 2010, che prevede la promozione del militare nei cui confronti il procedimento disciplinare si sia concluso in senso favorevole, con l’anzianità che sarebbe spettata se la promozione avesse avuto luogo a suo tempo.
Il ricorso al Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha sottolineato che ai sensi del comma 2 dell’art. 1085 del D.Lgs. n. 66 del 2010 per ottenere la retrodatazione dell’anzianità per la promozione al venir meno della causa impeditiva della sottoposizione a giudizio disciplinare – che il procedimento disciplinare si sia “concluso in senso favorevole”.
La tesi sostenuta dall’amministrazione appellata e recepita nella sentenza gravata è che quest’ultima condizione debba essere intesa in senso assoluto, come necessità che il procedimento disciplinare si sia concluso senza la comminazione di alcuna sanzione.
Il capitano sostiene, al contrario, che tale condizione debba essere letta e interpretata in stretta correlazione con il comma 2 dell’art. 1051 del D.Lgs. n. 66 del 2010, che prevede la temporanea esclusione dalle procedure di avanzamento solo nel caso di sottoposizione a procedimento disciplinare da cui può derivare una sanzione di stato. In sostanza, secondo l’appellante, il procedimento disciplinare dovrebbe considerarsi concluso in senso favorevole, ai fini della retrodatazione dell’anzianità della successiva promozione, anche nell’ipotesi in esame, in cui il procedimento disciplinare abbia dato luogo a una sanzione di natura diversa e più lieve di quella di stato.
Il Consiglio di Stato ha affermato che la tesi dell’appellante è fondata per ragioni inerenti alla ratio delle disposizioni in esame e di coerenza sistematiche.
Invero la ratio delle disposizioni in questione è, da un lato, quella di sospendere il procedimento di avanzamento nelle more di un procedimento disciplinare che potrebbe “sfociare” in una (più grave) sanzione di stato (art. 1051 comma 2) e, dall’altro, porre una norma di favor per il militare, che riapra con effetto di retrodatazione la valutazione di avanzamento al termine del procedimento disciplinare qualora tale sanzione non venga comminata, al fine di elidere gli effetti negativi della sospensione (art. 1085, comma 2).
Non vi è ragione per non applicare il combinato disposto di tali disposizioni qualora venga comminata una sanzione di specie diversa (e meno grave), come una sanzione di corpo.
Qualora infatti il procedimento disciplinare fosse stato correttamente instaurato sin dall’inizio, con una imputazione comportante una sanzione di corpo, la sospensione del procedimento di promozione non avrebbe potuto avere luogo e l’effetto sospensivo non si sarebbe prodotto ab origine, per cui il soggetto interessato non avrebbe avuto bisogno di alcuna retrodatazione, potendo conseguire immediatamente la promozione anche in costanza di procedimento disciplinare.
E’ evidente, quindi, come l’inziale imputazione fatta dall’Amministrazione in sede di procedimento disciplinare, che ha instaurato il procedimento ai fini di una sanzione di stato, in luogo della sanzione di corpo poi in concreto comminata, non possa andare a detrimento dell’interessato, impedendogli di conseguire la promozione con l’anzianità che gli sarebbe spettata qualora l’imputazione fosse stata sin dall’inizio corretta, cioè calibrata con riferimento alla previsione di comminare una sanzione di corpo e non di stato.
In conclusione, pertanto, l’indicata norma che prevede la retrodatazione deve essere applicata anche nel caso in cui la procedura di avanzamento sia stata sospesa per la pendenza di un procedimento disciplinare da cui in potenza poteva “derivare una sanzione di stato”, ma che in concreto si sia tradotto nella comminazione di una più lieve sanzione di corpo, dovendosi anche in questo caso considerare il procedimento “concluso in senso favorevole” ai fini dell’applicazione della norma in esame.
Il Consiglio di stato ha quindi accolto il ricorso condannando l’Amministrazione appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, quantificate in euro 5.000,00
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