Cacciati dalla Libia: Piantedosi e delegazione Ue respinti dal governo di Haftar. ‘Persona non grata’
Diplomazia a pezzi sul tarmac di Bengasi
Un incidente diplomatico senza precedenti ha scosso la missione europea in Libia. Il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi, atterrato martedì all’aeroporto Benina di Bengasi insieme agli omologhi di Grecia e Malta e al Commissario Ue per l’Immigrazione Magnus Brunner, è stato clamorosamente respinto dalle autorità locali.
Secondo quanto reso noto dal governo orientale della Libia, guidato da Osama Saad Hammad e sotto l’influenza del generale Khalifa Haftar, i quattro sono stati dichiarati “persona non grata” e invitati a lasciare immediatamente il Paese. Un atto formale e durissimo, che suona come uno schiaffo in pieno volto all’Unione Europea.
La nota incendiaria di Bengasi: accuse di violazione della sovranità
Il comunicato ufficiale, diffuso in arabo e inglese, non lascia spazio a interpretazioni. Il testo parla di una “flagrante violazione delle norme diplomatiche” e accusa la delegazione europea di ignorarne le leggi e le procedure d’ingresso. Un linguaggio insolitamente duro in ambito diplomatico, che riflette un clima di fortissima tensione.
«La visita programmata […] è stata interrotta al momento dell’arrivo. I quattro sono stati informati dell’ordine di lasciare il territorio seduta stante», si legge nella dichiarazione.
«Il governo libico ribadisce l’appello urgente […] a rispettare e osservare la sovranità libica», conclude la nota.
Secondo fonti di Bengasi, l’episodio sarebbe legato a presunte irregolarità nel coordinamento diplomatico, che hanno urtato la sensibilità del fragile equilibrio tra le due Libie — quella di Tripoli e quella, appunto, della Cirenaica.
Missione interrotta: da Tripoli a un ritorno improvviso
Piantedosi e colleghi erano giunti in Cirenaica da Tripoli, dove avevano incontrato il governo di unità nazionale guidato da Abdul Hamid Mohammed Dbeibah. La tappa a Bengasi, prevista per discutere con i rappresentanti del governo parallelo di Haftar, avrebbe dovuto concentrarsi — come di consueto — su temi legati all’immigrazione clandestina, una priorità per Roma e Bruxelles.
Ma qualcosa è andato storto. E malgrado le autorità italiane abbiano finora preferito il silenzio, da fonti governative è trapelata una spiegazione: si sarebbe trattato di una “incomprensione protocollare non gestita dalla rappresentanza italiana”. Una svista, insomma, attribuita alla delegazione Ue e che non riguarderebbe direttamente l’Italia.
Roma cerca di contenere la crisi: Tajani aspetta chiarimenti
A caldo, il Viminale non ha rilasciato commenti ufficiali, ma ha confermato che il ministro è rientrato precipitosamente in volo verso Roma.
Nel frattempo, il ministro degli Esteri Antonio Tajani si è detto in attesa di parlare con Piantedosi «per comprendere nel dettaglio l’accaduto». Una telefonata che potrebbe chiarire i contorni di un incidente tanto inaspettato quanto imbarazzante per la diplomazia europea.
Le conseguenze: diplomazia ferita, immigrazione a rischio
L’episodio rischia di compromettere anni di delicati accordi bilaterali tra l’Italia e le varie fazioni libiche, in particolare sul tema della gestione dei flussi migratori. Accordi che, pur duramente criticati dalle ONG per le violazioni dei diritti umani, hanno rappresentato finora uno dei pilastri della strategia italiana per il controllo dei confini nel Mediterraneo.
Inoltre, l’uso della formula “persona non grata” nei confronti di funzionari europei è un precedente pesante, che complica i rapporti diplomatici tra UE e Libia orientale, proprio mentre l’Europa cerca disperatamente un partner affidabile nel Nord Africa per fronteggiare le nuove ondate migratorie.
Diplomazia europea in scacco
In una regione dove gli equilibri si spostano in un soffio, la giornata di Bengasi ricorda che la diplomazia non perdona leggerezze. E che ogni passo falso può essere letto come un affronto politico, anche quando — come in questo caso — si tratta forse soltanto di una “banale incomprensione protocollare”.
Ma nel gioco duro dei rapporti con la Libia, anche un errore burocratico può trasformarsi in una crisi internazionale. E oggi, l’Europa — e l’Italia — incassano l’umiliazione di un benservito plateale.
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