Audio whatsapp contro gli ufficiali, virale nelle chat dei carabinieri. Maresciallo punito, TAR accoglie ricorso: “diffusione non imputabile a lui”
Un maresciallo dei carabinieri ha impugnato il provvedimento emesso dal Comandante del III Reggimento dei Carabinieri Lombardia, con il quale gli è stata inflitta la sanzione disciplinare della consegna di cinque giorni per un illecito così descritto: “mediante l’utilizzo della piattaforma di messaggistica denominata WhatsApp, registrava un file audio, successivamente diffuso su scala nazionale, nel quale esprimeva giudizi sfavorevoli e gravemente lesivi della dignità degli Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, con l’aggravante del grado rivestito”. All’interessato è stata quindi contestata la violazione di una serie di norme contenute nel d.P.R. n. 90 del 2010 (artt. 751, primo comma, lett. a; 732, commi 1,2, 3, lett. a e 5;713, secondo comma) che impongono agli appartenenti alle forze armate di tenere sempre comportamenti consoni al ruolo e di astenersi dal formulare apprezzamenti e giudizi gravemente lesivi della dignità personale di altro militare o di altri militari considerati come categoria.
Il ricorrente ha impugnato altresì la decisione assunta dal Comandante della I Brigata Mobile dei Carabinieri che ha respinto il suo ricorso gerarchico proposto avverso il suddetto provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare.
Il Maresciallo ha quindi proposto ricorso al T.A.R. Lombardia.
Il ricorrente sostiene in particolare che, contrariamente da quanto ritenuto dall’Amministrazione intimata, il messaggio che costituisce oggetto della condotta sanzionata non avrebbe avuto diffusione nazionale, avendo egli provveduto ad inoltrarlo in un gruppo privato di WhatsApp, formato da soggetti determinati (i partecipanti ad un corso di Allievi Maresciallo tenutosi alla fine degli anni 90) i quali avrebbero dovuto astenersi dal divulgarlo a terzi.
L’Amministrazione intimata – secondo il T.A.R. – ha individuato il disvalore della condotta tenuta dal ricorrente, non tanto nel giudizio da egli formulato (che per quanto espresso in modo colorito, costituisce pur sempre espressione del libero pensiero), ma nel fatto questo giudizio abbia avuto diffusione a livello nazionale ed abbia perciò gettato ampio discredito sulla categoria degli Ufficiali dell’Arma dei carabinieri.
A questo proposito va però rilevato – sottolinea il T.A.R. – che, come correttamente osserva la parte interessata, la diffusione a livello nazionale del messaggio non è avvenuta per sua volontà: tale messaggio è infatti contenuto in un file audio che il ricorrente ha inoltrato in gruppo WhatsApp che, seppur numeroso, era formato da soggetti determinati. Non si può pertanto ritenere – secondo il T.A.R. – che il ricorrente abbia inteso dare diffusione nazionale al suo messaggio.
Né si può ritenere che la circolazione di tale messaggio al di fuori della stretta cerchia degli originari destinatari sia in qualche modo a lui imputabile, atteso che la diffusione è con tutta probabilità avvenuta proprio a causa del comportamento tenuto da uno dei destinatari che (volontariamente o inconsapevolmente) lo ha inoltrato ad altre persone innescando così un meccanismo che esula dalla sfera di controllo dell’autore. L’autore del messaggio indirizzato ad uno o più soggetti determinati non può essere ritenuto responsabile dell’uso che di esso ne fanno i destinatari.
Si deve pertanto ritenere – -conclude il T.A.R. che l’Amministrazione sia incorsa nel vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, non essendo possibile imputare al ricorrente la responsabilità della diffusione a livello nazionale del messaggio WhatsApp da egli prodotto.
Il T.A.R. Lombardia ha quindi accolto il ricorso, annullando gli atti impugnati e condannando l’Amministrazione resistente al rimborso delle spese di giudizio liquidate in euro 4.000.