Assistente polizia penitenziaria suicida: “Sono vittima di bullismo. Ce l’hanno con me, mi dicono che sono gay”
Un agente di polizia penitenziaria di 56 anni, si è tolto la vita nella sua automobile, davanti casa, a Bitritto. “Sono vittima di bullismo” aveva detto pochi giorni fa ad un amico. Accanto al suo corpo, trovato dai carabinieri che hanno notato la macchina ferma per strada, è stato trovato un biglietto.
Agente polizia penitenziaria suicida
I carabinieri hanno notato una macchina ferma in mezzo alla strada e al suo interno hanno trovato il corpo del 56enne accasciato sul volante, in una pozza di sangue. I militari hanno avvisato gli anziani genitori del poliziotto, che era in servizio nel carcere di Turi. L’uomo, nei giorni scorsi, aveva chiesto un periodo di aspettativa per accudire la madre malata.
Nonostante questo, era riuscito a farsi ridare l’arma di ordinanza, custodita nell’armeria del penitenziario, che ha usato per togliersi la vita nella notte tra il 17 e il 18 febbraio. Secondo quanto hanno raccontato alcuni amici, l’uomo manifestava una forte insofferenza per il comportamento dei alcuni colleghi, che lo prendevano in giro per il suo aspetto fisico, per il fatto che non era sposato o fidanzato e per il fatto che viveva insieme ai genitori.null
“Ce l’hanno con me, pensano che sono malato, mi dicono che sono gay” aveva raccontato qualche giorno fa ad un amico, confessando anche di essere convinto di essere seguito. Il suo malessere era molto pesante e spesso si trasformava in manie di persecuzione. Nessuno, però, aveva immaginato potesse arrivare a compiere un gesto così estremo. I sindacati della polizia penitenziaria, Osapp e Sappe, hanno posto l’attenzione sulla difficile situazione in cui lavorano gli agenti, esprimendo il loro cordoglio.null
“Si tratta del secondo suicidio nella polizia penitenziaria da inizio 2021. Nel 2020 sono stati sei i poliziotti che si sono tolti la vita, nel 2019 erano stati 11. Servono soluzioni concrete per contrastare il disagio lavorativo” ha dichiarato Donato Capece del Sappe. “Chiediamo ai vertici dell’amministrazione penitenziaria di interrogarsi sulle condizioni lavorative della polizia penitenziaria, le pressioni psico-fisiche, dovute alle condizioni logistiche e al difficile compito istituzionale, incidono in maniera pesante sulla vita lavorativa e familiare” ha aggiunto Ruggero Damato dell’Osapp.