Arrestati sei agenti della penitenziaria: torture ai detenuti, colpivano i pedofili
TORINO – Sono accusati di ripetuti atti di violenza e tortura nei confronti dei detenuti i sei agenti della polizia penitenziaria in servizio al carcere Lorusso e Cutugno di Torino che sono stati arrestati stamattina e ora sono ai domiciliari.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata eseguita dagli stessi colleghi del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria. Calci, pugni, minacce, ma anche umiliazioni e vessazioni: sono le violenze che i 6 agenti, in gran parte giovani, avrebbero commesso ai danni di alcuni detenuti, in particolare quelli che si trovano in carcere perché accusati di aver commesso reati sessuali o nei confronti di minori. Per tutti l’accusa è di tortura. Le vittime sarebbero almeno cinque, gli episodi contestati commessi tra l’aprile 2017 e il novembre 2018.
Secondo il racconto fatto dai detenuti agli investigatori, i poliziotti avrebbero colpito i detenuti dopo aver indossato guanti per non lasciare traccia dei colpi e in posti, come lo stomaco, dove i lividi non sono visibili. Le violenze sarebbero avvenute in stanze, corridoi, sulle scale o nei passaggi tra una sezione e l’altra, e comunque sempre lontano dalle videocamere di sorveglianza. Difficilmente i detenuti, dopo le presunte violenze, andavano dal medico del penitenziario per farsi medicare e anche quando questo accadeva le lesioni, secondo il loro racconto, venivano dalle vittime giustificate con finte cadute.
Le indagini sono state condotte dai pm Paolo Borgna, Enrica Gabetta e Francesco Saverio Pelosi. A far scattare l’inchiesta è stata una segnalazione di Monica Gallo, garante dei detenuti del Comune di Torino, che era venuta a conoscenza di uno di quegli episodi in occasione di un colloquio in carcere.
Il reato contestato alle sei guardie è il 613 bis che “punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale”.
L’attività d’indagine, che riguarda non solo le persone oggi sottoposte a misura cautelare, ma anche altri indagati a piede libero, è ancora in corso per accertare eventuali responsabilità penali di altri soggetti e scoprire eventuali altri episodi analoghi, oltre a quelli finora denunciati. E per questo, essendoci il rischio di inquinamento delle prove, sono state applicate le misure cautelari.
La ricostruzione dei fatti contestati agli agenti narra una lunga serie di episodi. Si racconta di detenuti presi a schiaffi e sputi, malmenati, denudati e insultati. “Impiccati”, avevano detto a uno. E poi minacce: “Sarà dura stare qui per te”. E veniva intimato anche di non rivolgersi in infermeria o di raccontare comunque un’altra versione dei fatti. A un detenuto avevano tolto il materasso e per giorni era stato anche costretto a dormire sulla rete di metallo.
In particolare gli agenti si erano accaniti su alcuni detenuti. Uno che era stato costretto, mentre gli consegnavano una lettera della fidanzata, a ripetere “Sono un pezzo di merda”. E aveva dovuto farlo anche mentre lo umiliavano facendolo restare in corridoio fermo con la faccia contro il muro. Lo avevano sottoposto a perquisizioni continue anche nella cella, che sistematicamente gli mettevano a soqquadro.
“Nei casi come questo di Torino non resta che augurarsi che si faccia al più presto chiarezza su quanto avvenuto” dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. “Quello che è certo – dice la rappresentante dell’associazione che si batte per i diritti dei detenuti – è che avevamo più volte segnalato negli scorsi mesi come il clima all’interno delle carceri stesse andando peggiorando. Come cattivi maestri al potere stessero esacerbando il linguaggio, rendendo comprensivo, se non addirittura benevolo, quell’uso e abuso di una violenza “illegale”, “arbitraria” e “rapsodica”, con il rischio che questa possa venire percepita come parte della pena stessa, nella certezza interiore dell’impunità”.
“Uno Stato civile punisce gli errori ma che la parola di un detenuto valga gli arresti di un poliziotto mi fa girare le palle terribilmente. Quindi la mia massima solidarietà a quei sei padri di famiglia” di Torino. Lo dichiara il leader della Lega Matteo Salvini. “Non so se è scattata un’epidemia in qualche tribunale: o si stanno scoprendo come pericolosi torturatori le donne e gli uomini in divisa o c’è qualcuno che si fida degli spacciatori e non dei poliziotti – aggiunge – Nel caso di Torino la mia massima solidarità ad agenti agli arresti, non c’è un referto medico o una denuncia ma la parola di qualche ex detenuto, contro quella di sei poliziotti”.
“Questi arresti, sulla base delle dichiarazioni di qualche detenuto – attacca il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci – dimostrano il grave stato di disorganizzazione e l’assenza di qualsiasi capacità gestionale da parte degli attuali organi centrali dell’amministrazione penitenziaria, che non è in grado di prendere atto dello stato di abbandono e delle continue frustrazioni, offese e aggressioni subite ogni giorno dalle donne e dagli uomini della polizia penitenziaria. Non possiamo negare d’altra parte il timore rispetto al richiamato reato di tortura, di recente introduzione, di un ‘effetto a catena’ che investa ogni criticità riguardo alle condizioni della popolazione detenuta italiana a differenza del persistente disinteresse per l’effettiva vivibilità lavorativa delle carceri per il personale di polizia penitenziaria”. “Indispensabile”, per Beneduci è “l’avvicendamento urgentissimo dell’attuale Capo del Dap, Francesco Basentini”, e che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede “assuma in prima persona al di là delle facili comunicazioni l’onere di una riorganizzazione integrale del sistema penitenziario oggi quanto mai inefficiente e dispendioso per la collettività anche in termini di sicurezza ed i cui disagi e le cui mancanze sono pagati principalmente sulla pelle dei 38mila poliziotti penitenziari italiani”.
Di Federica Cravero per Repubblica.it