ARRESTATI 5 AGENTI DELLA POLIZIA PENITENZIARIA DOPO LA FUGA DEL “MACELLAIO” DEI CASALESI
Le indagini sull’evasione di Alessandro Menditti, il boss del clan Belforte di Marcianise, hanno dato un’accelerazione a provvedimenti che stanno eseguendo in tutta Italia i carabinieri del Nucleo Investigativo di Frosinone, nelle province di Latina, Napoli, Terni, Avellino, Pistoia ed Isernia.
Si tratta di ordinanza di Custodia Cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Frosinone per i reati di concorso in corruzione di P.U. (319 e 321 C.P.) nei confronti di 13 persone (13 misure cautelari di cui 4 in carcere, 1 agli arresti domiciliari e 8 obblighi di dimora nel Comune di attuale domicilio).
Il provvedimento scaturisce da attività di indagine condotta dal citato Nucleo e riferita a più episodi di corruzione, commessi da un Assistente della Polizia Penitenziaria (colpito da misura cautelare arresti domiciliari) in servizio presso Casa Circondariale, di Frosonone, finalizzati all’introduzione fraudolenta di oggetti e droga all’interno delle celle dei detenuti.
A rivelare i dettagli dell’operazione è un articolo della Redazione di Cronache della Campania. “Un piano che prevedeva la fuga oltre che di Menditti anche di Ilirjan Boce, 44 anni albanese condannato per droga e associazione a delinquere 傶no al 2026. Ma questo ultimo è stato sfortunato: nel tentativo di evadere è caduto a terra da dieci metri riportando gravi ferite e fratture, venendo successivamente acciuffato e poi ricoverato a Roma. Un’azione sincronizzata con i complici che all’esterno attendevano il via libera nel cuore della notte. Ovviamente il ritrovamento di due cellulari tenuti da uno dei fuggitivi è la conferma che l’ok all’azione è arrivato dall’interno, proprio dai due compagni di cella e con una semplice telefonata o sms, questo saranno le indagini ad accertarlo. Un piano definito da mesi e studiato in ogni particolare
Innanzitutto i due detenuti hanno prima effettuato nelle settimane scorse un buco alla parete, coperta poi dal televisore che avevano nella cella. A questo punto il contatto con lesterno è diventato fondamentale, perché una parte del piano prevedeva il supporto logistico dei complici. E così si è dato il via alla fuga sabato mattina.
Mentre i due detenuti spostavano la televisione e uscendo dal buco si calavano dal terrazzino esterno con delle lenzuola, fuori contemporaneamente agivano i complici. Con scale molto lunghe, del modello di quelle usate dai vigili del fuoco, sono saliti sul muro di cinta del carcere per poi calarle all’interno del penitenziario in attesa dell’arrivo dei due.
Qualcosa però è andato storto perché mentre Menditti è riuscito a calarsi dal terrazzino, l’albanese è precipitato a terra. Menditti non si è fermato lasciando il compagno di cella a terra ferito, e, dopo aver percorso uno spazio esterno correndo velocemente, si è diretto sul punto dove c’era la scala calata dai complici. È salito sul muro di cinta e poi sceso con la stessa scala, ritrovata successivamente, e si è così dileguato, mentre il compagno di fuga è stato bloccato. Ora è caccia all’uomo in tutta Italia, ma di certo se fossero stati installati impianti anti-intrusione e anti scavalcamento, dei sensori, forse il piano sarebbe fallito sul nascere. Ora invece è caccia all’evaso.”