Altri familiari in loco e l’Esercito respinge i permessi 104. Interviene il TAR “Assistenza esclusiva non è più prevista”
Un Caporal Maggiore dell’Esercito Italiano ha impugnato il provvedimento con cui il Ministero della Difesa le ha rigettato l’istanza per chiedere il riconoscimento dei permessi mensili di cui all’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, chiedendone l’annullamento. In particolare, la ricorrente ha esposto:
– di aver presentato in data 20 febbraio 2018 l’istanza di cui sopra per assolvere alla necessaria assistenza della propria nonna, riconosciuta affetta da grave handicap;
– di avere espressamente rappresentato – a tali fini – di essere l’unico referente familiare “atto a poter assistere il proprio congiunto” e che “alcun altro parente o affine beneficiava o intendeva usufruire dei permessi ex L. 104/92”, premurandosi, peraltro, di allegare una dichiarazione della nonna di richiesta di essere assistita dalla predetta e una dichiarazione di rinuncia da parte degli altri prossimi congiunti “al riconoscimento dei benefici”;
– di avere ricevuto in data 11 aprile 2018 una nota dell’Ufficio Personale SME di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, individuati nella presenza di altri familiari “residenti in località vicinore non oggettivamente impossibilitati a fornire la dovuta assistenza”;
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Il T.A.R. Lazio ha accolto il ricorso, sottolineando che l’Amministrazione ha adottato il provvedimento impugnato sulla base delle ragioni di seguito indicate:
– “la presenza di altri familiari (2 figli e 1 nipote) non oggettivamente impossibilitati a fornire la dovuta assistenza, residenti in località vicinore, sebbene impegnati per motivi lavorativi, di salute e personali, fa venir meno i presupposti per l’accoglimento dell’istanza” di concessione dei permessi retribuiti ex lege n. 104 del 1992, “non sussistendo essenzialità della presenza del militare per assicurare l’assistenza al portatore di handicap”;
– la sussistenza degli obblighi del combinati disposto di cui agli artt. 433, 451 e 443 del c.c. a carico del nucleo familiare “proporzionalmente al grado di parentela”;
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– “le conseguenze fortemente penalizzanti per l’amministrazione che comporta ogni concessione operata in tal senso”, a livello di impiego in operazioni in ambito internazionale o in attività addestrative propedeutiche alle stesse e di obbligo a prestare lavoro notturno.
Orbene, secondo il T.A.R. Lazio tali ragioni sono inidonee a supportare la decisione adottata. Come noto – sottolineano il Collegio – l’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 non richiede più l’esclusività dell’assistenza, bensì si limita a richiedere che il beneficio in trattazione non sia stato già riconosciuto ad altro lavoratore per prestare assistenza alla persona portatrice di handicap.
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In linea con quanto rilevato dal Consiglio di Stato, il Tar Lazio sottolinea che le criticità organizzative opposte dall’Amministrazione risultano astrattamente desunte da previsioni normative, tanto che un’eventuale condivisione di esse varrebbe a legittimare un eventuale diniego dell’Amministrazione in relazione ad ogni domanda presentata dal dipendente, ossia si palesano inequivocabilmente generiche poiché avulse da una concreta ed effettiva valutazione delle peculiarità del caso. Tali criticità si riducono, in definitiva, ad una mera formula di stile, inidonea – in quanto tale – a offrire una valida rappresentazione dell’effettiva sussistenza di ragioni di interesse pubblico ostative alla concessione dei permessi mensili richiesti.