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AGENTI IN FILA PER CHIEDERE RACCOMANDAZIONI A COSENTINO: “DEVE FARE IL CONCORSO DA MARESCIALLO NELL’ESERCITO”.

(di Claudio Pappaianni) – Cosentino, nonostante abbia perso le
sue cariche istituzionali, gode ancora di potere forte. Tale che, anche
all’interno del carcere, per il tramite del cognato, riesce a far sentire la
sua influenza”.

Lo scrive il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Napoli nella nuova ordinanza di arresto per Nicola Cosentino,
l’ex sottosegretario all’economia del Governo Berlusconi già in carcere da un anno per gli affari di famiglia e i suoi
rapporti con la camorra dei Casalesi. Relazioni che lui respinge con
determinazione e che dovrebbe ribadire domani, in aula a Santa Maria Capua
Vetere, dove si celebra il processo su camorra, politica e rifiuti. Erano i
tempi in cui Nick ‘O Mericano era l’uomo forte del partito di Berlusconi. Un
potere, stando a quest’ultima inchiesta della DDD della Procura di Napoli
guidata dal Procuratore AggiuntoGiuseppe Borrelli, che non sembra del tutto svanito.
All’alba di questa mattina i Carabinieri del Reparto
Operativo di Caserta
 hanno
bussato alla porta di Giuseppe Esposito, fratello della moglie di
Cosentino, vero e proprio alter ego dell’ex parlamentare stando alle
ricostruzioni dei PM D’Alterio e Vanorio. Risulta essere un comandato alla
Regione Campania, Esposito, per lavorare negli uffici del capogruppo vicario di
Forza Italia, Pasquale Giacobbe. Di fatto, era impegnato costantemente a
soddisfare le esigenze di suo cognato finito in carcere il 3 aprile di un anno
fa e mai più rimesso in libertà.
Con la complicità di alcuni agenti di
Polizia Penitenziaria del carcere di Secondigliano, a Napoli, Esposito faceva
recapitare cibo, abiti, altro materiale. Un mese fa, nella cella di Cosentino
era stata trovato un Ipod, uno strumento che non poteva stare lì. Di qui, il
trasferimento immediato nel carcere di Terni dove questa mattina gli è stato
notificato il nuovo ordine di arresto.

Ma il cognato tuttofare di Cosentino non si preoccupava solo del suo look o di
fargli mangiare insalata di mare e culatello, mozzarella e frutta fresca, e il
Roccobabbà, il delizioso dolce prodotto in una pasticceria di Casal di Principe
tanto caro anche al boss Antonio Iovane.

In carcere Cosentino fa arrivare anche
carne di prima scelta per una festa che si celebra agli inizi di agosto 2014.
Non solo: grazie a Esposito – questa è la convinzione degli investigatori – Cosentino comunicava con
l’esterno
. Forse, gestiva anche le vicende politiche della sua
fazione, dei cosiddetti “cosentiniani” che oggi quasi in blocco si stanno
allontanando da Forza Italia. In un’intercettazione ambientale, è proprio
Esposito a riferire al figlio del parlamentare che ‘O Mericano “stava un poco
arrabbiato… nel senso che le notizie che tutto il gruppo, pure Forza Campania è
scomparsa…”. Anche se, poi, lo stesso aggiunge: “Dice, non voglio sapere più
niente”.
Esposito è finito pure lui in carcere.
Per sua sorella Marisa, moglie di Cosentino, è scattato l’obbligo di dimora nel
comune di Caserta, dove vive coi suoi due figli. Non potrà, almeno per il
momento, recarsi a Terni dove è detenuto il marito. Anche lei, come suo
fratello e il marito, è accusata di concorso in corruzione di pubblico
ufficiale. Si preoccupa del cibo per suo marito e, in una intercettazione,
chiede a suo fratello che ha appena incontrato Umberto Vitale, l’agente
corrotto arrestato con lui questa stamattina, “gliel’hai data… la mazzetta che
ti ho dato?”. Una domanda che infastidisce Giuseppe Esposito che a telefono usa
sempre messaggi in codice.
“Abbiamo il porco tra le mani”.
I rapporti tra il gruppo di agenti e
Cosentino sarebbe nato ai tempi della prima detenzione, scattata all’indomani
della mancata ricandidatura di Cosentino alle Politiche del 2013. Secondo le
testimonianze, a presentare Vitale a Esposito sarebbe stato il sindaco sospeso
di Orta di Atella, Angelo Brancaccio, finito un mese fa in carcere pure lui per
una storia di assunzioni clientelari, voto di scambio, fondi neri e rifiuti.
Sempre con lo zampino del clan dei Casalesi. Quando Cosentino torna in libertà,
i telefoni degli agenti sono sotto intercettazione.
I loro dialoghi raccontano di
telefonate e incontri con l’ex deputato, di appuntamenti presso la segreteria
di Cosentino ancora attiva, nonostante lui si dica lontano dalla politica
attiva, e dove “”c’è una fila esagerata”. Ognuno degli agenti ha la sua
richiesta. C’è chi vuole far lavorare la moglie, chi il figlio, chi ha il
nipote che “deve fare il concorso da maresciallo nell’Esercito”.
Ma, dopo l’anticipazione del sito
dell’Espresso
 di
una nuova tegola giudiziaria che sta per abbattersi su Nicola Cosentino, il
gruppo non riesce più a entrare in contatto col politico. Le intercettazioni
raccontano il loro scoramento, fino al giorno del nuovo arresto. Quando, dopo
poche ore, è chiaro che Cosentino tornerà a Secondigliano, il grupo esulta:
“ora abbiamo il porco tra le mani”. I contatti riprendono, frenetici. Lo
scambio di buste e fogli, da e per il carcere, avviene in un’area di servizio a
Succivo, sempre nel napoletano, prevalentemente tra Esposito e Vitale. Sarà lui
il destinatario della non meglio precisata “mazzetta” di cui parla al telefono
Marisa Esposito, moglie di Nicola Cosentino. A lui andranno due biglietti per
la finale di Coppa Italia di un anno fa tra a Roma, tra Napoli e Fiorentina,
consegnati da una consigliera regionale, Luciana Scalzi, ex segretaria di Denis
Verdini imposta in Campania proprio da Cosentino. Infine, la moglie
dell’agente, Consiglia Capasso, troverà un lavoro in una
cooperativa sociale gestita da Maurizio Zippo, “persona politicamente legata al
Cosentino”.
Il postino di Provenzano. Poco prima dell’arresto di anno fa, gli
agenti coinvolti nella nuova indagine su Nicola Cosentino si affannano a
metterlo in contatto con una persona. È un uomo che era stato recluso con lui
durante il primo periodo di detenzione. Si tratta di Giuseppe Lo Bue, uno dei
pochi fedelissimi di Bernardo Provenzano durante la sua latitanza. Imparentato
con il boss, incontrava sua moglie, Saveria Benedetta Palazzolo, che gli
consegnava pacchi per suo marito. Scarcerato il 22 marzo 2014, Lo Bue non torna
a Corleone, dove pure avrebbe dovuto dimorare per quattro anni. Chiede di
rimanere in provincia di Caserta. A fare cosa, non è chiaro. Quel che è certo,
è che viene rispedito poco dopo in Sicilia, proprio mentre la “cricca” degli
agenti che vuole rendere un favore a Cosentino prova in qualche modo a metterli
in contatto. Invano. Lo comunicano via sms all’ex politico: “Giuseppe è a casa
sua”.

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